sabato 30 dicembre 2006

Viva la libertà

...Lo sanno a memoria il diritto divino e scordano sempre il perdono.
(Fabrizio De Andrè, da Il testamento di Tito, in La buona novella, 1970)

Il presidente della "più grande democrazia del mondo" George Walker Bush, lo stesso che chiude praticamenti tutti i suoi discorsi con quel rassicurante e sentito "God bless America" (con il sottoscritto che non riesce a non pensare sistematicamente allo struggente e beffardo finale de Il cacciatore - Michael Cimino, 1978), sostiene come la morte per impiccagione di Saddam Hussein sia "un tappa fondamentale per il ripristino dello stato di diritto e della democrazia in Iraq".
Io penso a tutti quelli (e ne sono tanti, anche di molto vicini) pronti ad alzare le braccia al cielo che neanche dopo un oro olimpico sentendo placata la sete di vendetta piuttosto che di vittoria.
Odio con odio morte con morte, ogni volta, ogni cazzo di volta, credo davvero che non riusciremo più a venirne fuori. Intendo vivi.

giovedì 28 dicembre 2006

Latitanza

Eccoci qui, come ogni anno inevitabilmente tutti più buoni.
Pescara non dona collegamenti all'etere come la calda capitale e così, su due piedi piuttosto che su due mani, suppongo che il gap tecnologico in casa mia rimarrà tale nonostante le avvertenze della signorina nella London Underground ("Mind the gap, please").
Don Gino e la Signora Marfisia sprizzano felicità e robusta costituzione da tutte le brocche, ed è proprio merito loro, delle brocche colorate di rosso dico, se la mia prosa risulta ancor più farraginosa del solito in questa mattina di falangi ghiacciate.
Comunqe buone feste a tutti, a chi crede che davvero una vergine partorì in una grotta il salvatore degli uomini, un tipo carino con gli occhi azzurri, fisico asciutto e la barba alla Cirello e a chi se ne sbatte ma non per questo squarta e uccide. Alla fine per terra o in cielo saremo tutti uguali, "in posizione orizzontale, possibilmente freddi." (El Indio, in Per qualche dollaro in più - Sergio Leone, 1966).
Ci vediamo quando posso. Senza applausi o fischi.

venerdì 22 dicembre 2006

Una vignetta di Bucchi

Un uomo è seduto al bancone in legno di un bar, presumibilmente poco prima dell’orario di chiusura. Lo vediamo di spalle con una giacca grigio scuro lisa dalla stanchezza e un cappello a larghe tese leggermente alzato sugli occhi fissi nello specchio di fronte. Potrebbe sembrare il detective Sam Spade di Humphrey Bogart (Il mistero del falco - John Huston, 1941), un poliziotto dai modi spicci che chiude una giornata di merda con il calore di un bourbon per prepararsi allo sbraitare di una donna qualunque che lo attende in casa. Dall’altra parte, sulla destra, c’è il barista in giacca bianca, mani nascoste nel lavandino e tanta voglia del letto di casa. Il juke-box non si vede ma con tutta probabilità deve star suonando Caravan, con Duke Ellington al piano, Frank B. Foster al sassofono e Elle Fitzgerald a ustionare il tutto con la voce:

- Anche lei vuole abbattere tutte le tirannie?
- No, un Martini.

giovedì 21 dicembre 2006

Blowing in the Wind

Il blog è bello perchè è vario, dice un famoso proverbio zen.
Il fido campione d'inverno Montelli, titolare del temutissimo blog Novanta Minuti... mi segnala che Flavia Vento, proprio lei, la mente che tutti vorremmo avere, gestisce a sua volta una pagina di considerazioni personali.
Qui di seguito riporto uno dei post dell'ex ragazza sotto vetro e una tipica risposta di uno dei suoi lettori.
Se il vostro spirito comico-masochista avesse bisogno di ulteriori stimoli o se solo voleste alzare il livello della vostra autostima, fate un salto qui e visitatelo con maggior attenzione, sarete soddisfatti in entrambi i casi:

prostitute
ieri stavo guidando la macchina per tornare a casa e ho visto un viso stupendo, due occhi innocenti,capelli biondi e occhi verdi..avra' avuto 16 anni e stava sulla strada..mi sono sentita male per lei..e mi sono detta :siamo a roma, la citta' del vaticano,dove quasi tutti sono cattolici,e nessuno fa niente..............ma che ipocrisia..leviamo queste poverine dalla strada..ma tanto anche i poliziotti sono corrotti.............
Scritto da flaviavento 10:45 - Permalink


Flavia cara, mi stupisci ogni giorno che passa..non sapevo fossi tanto intelligente da aver preso la patente!
Sei un mito, se vuoi possiamo risolvere la situazione sulle strade di Roma..io, te e i Power Ranger
Gionatan martedì, 03 ottobre 06 22:24

mercoledì 20 dicembre 2006

Il canto dell'incipit

Sei lì che giri in libreria con l’intenzione di farti catturare dalle parole che comprerai in futuro perché adesso di soldi da spendere neanche a parlarne. Poi succede che una copertina anonima, verde pisello, poggiata ai piedi dello scaffale gonfio di pubblicazioni economiche e per nulla avvenenti, riesca a mettersi in evidenza. Cerchi di lasciare le mani in tasca ma ti accorgi come già stiano contando gli spicci rimasti dal resto del rum della sera prima, gli occhi provano a spostarsi sull’ultimo libro della Tamaro (un po’ come quando, nel culmine dell’atto sessuale, ti ritrovi a pensare alla vecchia rugosa del primo piano per distrarti e di riflesso prolungare il piacere di quella magia) ma non lo trovi, allora capisci che l'epilogo di questa microstoria sta arrivando e senza accorgertene stai già sfogliando le prime pagine e assaporando le prime righe. Quattro euro e venti, Il Corsaro di via Macerata (quartiere Pigneto) regala queste e altre perle, e ancora una volta - ma questa, forse, è un'altra storia - mi trovo ad inveire contro la maledetta cartapiù de La Feltrinelli.

Chandler fa apparire Marlowe nel mondo così, con la leggerezza di quel fazzolettino assortito. Potevo uscirne senza?:

Erano pressappoco le undici del mattino, mezzo ottobre, sole velato, e una minaccia di pioggia torrenziale sospesa nella limpidezza eccessiva là sulle colline. Portavo un completo blu polvere, con camicia blu scuro, cravatta e fazzolettino assortiti, scarpe nere e calzini di lana neri con un disegno a orologini blu scuro. Ero corretto, lindo, ben sbarbato e sobrio, e me ne sbattevo che lo si vedesse. Dalla testa ai piedi ero il figurino del privato elegante. Avevo appuntamento con quattro milioni di dollari.

(Il grande sonno - Raymond Chandler, 1939)

martedì 19 dicembre 2006

L'ancora nei pantaloni

Dalle mie parti, i superstiziosi ti proibiscono di utilizzare una candela per accendere la sigaretta: “No, fermo, non lo sai che muore un marinaio?”
Io superstizioso non sono (e tanto meno fumatore di tabacco assoluto), succede però che sigaretta o non sigaretta, candela o non candela, i marinai muoiano davvero. E quando accade mi sembra sempre che se ne vada un pezzo di sogno.
Allora inizio già ad immaginare l’emozione che coccolerà l’omaggio di tutti gli uomini di mare che potevano essere inghiottiti al posto di Remo, col silenzio nascosto dalle sirene ululanti portate a spasso da tonnellate di lamiere. In fila e poi in cerchio intorno al luogo della tragedia, perché le morti in mare non hanno altro nome, sono tragedie anche e soprattutto nel senso teatrale del termine, perché sottendono un viaggio, una spedizione in-consapevole verso la catastrofe chiarificatrice e liberatrice.
Maria Cristina era una vongolara in legno, lunga dodici metri e pesante oltre dieci tonnellate, non è servito, il mare se l’è portata con sé in meno di un minuto, in un'alba autunnale qualunque, con l'acqua calma e il buio a sovrastarla.
“Se avesse potuto scegliere sarebbe voluto morire così”, o forse non sarebbe voluto morire affatto aggiungo io, perché quando uno ama non ha alcuna voglia di allontanarsi dal suo amore.
Io di riflesso penso ai piedi d’amianto e alle gambe da calciatore mancato di Don Peppino, che ora, mentre scrivo, dopo aver tirato su le reti dal profondo e il sole dall’orizzonte, starà vendendo il suo pescato sulla spiaggia di Francavilla sotto l’occhio vigile del gabbiano monogamba.

lunedì 18 dicembre 2006

Sono nato troppo tardi

Gli occhi bassi, semi chiusi a guardare le bocca carnosa sussurrante nel microfono, la voce calda e morbida come un paio di mani delicate su di un collo stanco, il pollice destro gigantesco ad abbracciare quasi tutto il manico della chitarra quasi a confessare di poter fare a meno del basso, i baffi da giovane adulto a contornare il labbro superiore, la giacca furba, improbabile come al solito, il pantalone nero con ancora le pieghe della stiratura e il colletto bianco, enorme che neanche quelli di un Sandro Ciotti d'annata.
E in tutto ciò io vorrei sapere chi diavolo sono e cosa fanno adesso quelle dieci persone che lo ascoltavano, sedutegli di fronte, a gambe incrociate come boy scout intimiditi, a Stoccolma, quel 24 maggio 1967.

Vi servono solo 3 minuti e 28 secondi. Fatevi un regalo, cliccate qui e godetevelo tutto.

IL VENTO PIANGE MARY

Dopo tutto i pupazzi sono nelle loro scatole *
e i clowns sono tutti andati a letto
Puoi sentire la felicità barcollante sulla strada
Orme vestite di rosso
Ed il vento sussurra Mary
Una scopa raccoglie via desolatamente i pezzi rotti
della vita di ieri
Da qualche parte una regina sta piangendo
Da qualche parte un re non ha moglie
Ed il vento, lui piange Mary
I semafori diventeranno blu domani
e splende il loro vuoto giù lungo il mio letto
La piccola isola si lascia trascinare dalla corrente
Perché la vita che un tempo vi era lì, è morta
Ed il vento urla Mary
Potrà mai il vento
ricordare i nomi sussurrati nel passato?
E con la sua stampella, la sua tarda età, e la sua saggezza
Lui sussurra "No, questo sarà l'ultimo"
Ed il vento piange Mary


*Jack in the box è un gioco per bambini fatto come una scatola
con dentro un pupazzo che una molla fa scattare fuori appena
la si apre. ( n.d.t.)

domenica 17 dicembre 2006

La prigrizia del Disk Jockey

Se si escludono un paio di feste e alcune deliranti situazioni casalinghe, posso dire di non aver mai fatto il dj. Ma poi cosa vuol dire fare il dj? Mettere musica e basta (e allora chiunque armeggia con i cd e un raggio laser nei paraggi può essere denominato tale) oppure mixare, girare potenziometri, abbassare leve e accendere interruttori, tenere le cuffie tra orecchio e spalla, accettare qualsiasi richiesta della platea ("Tra cinque minuti la metto") senza poi “suonarla”, ammiccare alla barista pettoruta per una birra?
Serata finita come da reiterato rituale alle 6 di mattina, nella sempre più trepidante attesa che l’alba torni ad alzarsi prima di tutti. Non mi stancherò mai di cantare E la luna bussò, ma c’è davvero tanto bisogno di metterla ogni volta, di consumare sempre le stesse solite usurate tracce per di più nella medesima scaletta? Porca troia, posso essere d’accordo sul fatto che Alberto Camerini abbia scritto solo Rock’n’Roll Robot, ma Loredana Bertè ha scritto solo quella canzone? Rino Gaetano solo Gianna e Berta filava? I Sex Pistols solo Anarchy in the UK? Iggy Pop solo Lust for Life? I Rolling Stones solo Start me up? Beck solo Loser? I Pink Floyd solo Another Brick in the Wall? Prince solo Kiss? I Clash solo Should I stay or should I go?
Potrei continuare da qui all'infinito senza siepi ad occludere lo sguardo. Perché la gente si accontenta, perché il rischio di omologazione è sempre così attualmente subdolo?
Mi son svegliato con questa amarezza nel piloro, allora metto su i Grateful Dead, Dark Star mi cullerà sulle sue dolci strascinate corde.

sabato 16 dicembre 2006

Cappelli e finestre

Tra il 1784 e il 1811 il governo inglese impose una tassa sulla vendita dei cappelli. La progressione andava da 3 penny (per cappelli che costavano meno di 4 scellini) a 2 scellini (per cappelli che costavano più di 12 scellini). I fornitori di cappelli erano tenuti ad acquistare una licenza (2 sterline a Londra, 5 scellini fuori) ed esporre un cartello che recitava Commerciante in Cappelli al Dettaglio.
Per la corretta applicazione dell'imposta vennero stampati dei bolli da incollare alla fodera di ciascun copricapo. L'evasione della Tassa sui Cappelli, da parte del rivenditore o di chi li indossava, era sanzionabile con una multa, mentre la falsificazione dei bolli divenne punibile con la morte. Per non si sa quale ragione la tassa si applicava solo ai cappelli da uomo.
Fra le tasse analoghe dell'epoca si ricordano: la Tassa sui Guanti (1785-94), la Tassa sugli Almanacchi (1711-1834), l'Imposta sui Dadi (1711-1862), la Tassa sulla Cipria per Capelli (1786-1869), la Tassa sul Profumo (1786-1800) e la Tassa sulla Carta da Parati (1712-1836).
In questo marasma di imposte assurde, la più nota resta probabilmente la Tassa sulle Finestre, introdotta per la prima volta nel 1697 per rimpiazzare le entrate perse con la limatura delle monete. Con l'andare del tempo la tassa finì per privare i residenti (in particolare quelli delle aree più disagiate) della luce del sole e divenne sempre più impopolare. Fu definitivamente abolita nel 1851.

mercoledì 13 dicembre 2006

Venezia è bella ma non ci vivrei

Di guardia alla R26, oltre ad osservare, riflettere e dedurre come il Signor Sonquì della Settimana Enigmistica, ho il tempo di condurre le mie personalissime indagini di mercato corredate da percentuali, diagrammi di flusso e istogrammi. Quella di oggi si riferisce alle frasi fatte che il tipico visitatore del motorshow (specie da studiare con attenzione in tutte le sue multiformi varianti) rivolge alle simpatiche fanciulle dello stand Renault (ormai a livelli di sicurezza nettamente al di sopra degli standard mondiali, la mia presenza è vitale come il cacio per i maccheroni), che inevitabilmente, sorridono e incassano con la nausea nello stomaco:

- Ragazza seduta in macchina, lato passeggero, ciondolo che penzola proprio lì in mezzo: “Dove mi porti/dove ti porto/andiamo a bere qualcosa/ti offro un aperitivo/andiamo a vedere la mia collezione di farfalle (sigh)?”
- Ragazza di colore nero seduta in una Clio nera, culo verso le stelle, a baciare le scapole: “Una pantera nella pantera!”
- Ragazza in piedi, sportello aperto, gambe chilometriche in vista: “Posso farti una foto?”
- Ragazza in piedi, sportello aperto e la logica di calze nere: “Ma se compro la macchina ci sei anche tu in omaggio?
- Ragazza seduta in macchina, gonnellino birichino. Qui siamo all’offesa…: “Sei davvero un bell’accessorio!”
- Ragazza seduta in macchina con le gambe accavallate verso l’esterno dell’abitacolo, tacchi da 15 in evidenza: “La Megane fa schifo ma tu sei stupenda!”
- Ragazza in piedi con il gomito sul tetto della macchina chiusa, camicetta blu Renault sbottonata al punto giusto: “Posso farti il baciamano?”
- Ragazza in piedi, chinata nell’abitacolo a parlare con una collega: “Che carrozzeria!”

Ora, ma davvero non c'è di meglio da dire? Che so, entri, ti siedi e inizi a fissare il volante come per spogliarlo, osservi le finiture del cruscotto, giochi con il cambio, sposti freneticamente i satelliti delle frecce, accarezzi il tessuto dei sedili, apri tutti gli scompartimenti loffi possibili, scopri la mancanza dell'accendisigari, avanzi e retrocedi con il sedile a ritmo forsennato, poi alzi lo sguardo e così di getto spari: anche tu qui?

Nottata mancata

Sono a pezzi. Nei programmi c'era la notte bianca fino all'orario lavorativo ma svariate vicissitudini indicibili su queste righe hanno invertito improvvisamente la rotta. Ve ne parlerò personalmente.
Allora mi appresto alle ormai classiche 2 ore di sonno, non so quanto durerò nè se il sor Vichi, collega del padiglione 21, arriverà mai al lavoro (a causa delle vicissitudini di cui sopra...), cercherò di sognare una scusa plausibile da comunicare al boss, il signor Fabio "siate dissuasivi" Baldacci.
Sono in fase tutt'altro che creativa ma voglio comunque dirvi che oggi ho inserito le cuffie - con volume a palla - verso le trombe di Eustachio ascoltando nell'ordine Me and Bobby McGee (nella versione di Joan Baez) e The House of the Rising Sun (Animals) quando d'improvviso la moquette si è tramutata in deserto e le macchine in coppie di corpi copulanti che neanche quelle di Zabriskie Point (Michelangelo Antonioni, 1970): per 10 minuti sono stato da Dio. Uno qualunque.

martedì 12 dicembre 2006

La cravatta

Ebbene sì, anche il vostro bloggaro preferito ha dovuto cedere per esigenze di copione lavorativo a questa triste importanza che il vivere contemporaneo associa all'apparenza: lunedi 11 dicembre 2006, come faceva notare il solito calabrotto di turno (...), per la prima volta ho imprigionato il mio collo intorno ad una cravatta. Niente di eccezionale devo confessare, solo maggiore difficoltà nel grattarsi le parti sottostanti quella seta nazista ed impietosa. Affascinante comunque, non l'ho mai negato. Però indossata da altri.
Il fatto che il cappio sia accompagnato alla sua sinistra da una targhetta di nome security fa diventare il boia più autoritario di un arbitro in mala fede: ulteriore motivo per alimentare il fastidio. Conosco Selma, viva visione dalla Bosnia, gambe dorate e occhi incantati, e allora penso subito ai facili innamoramenti giornalieri del neo vecchio Montelli (in bocca al lupo a tutti per la serata che mi appresto a vivere) ma la magia del corpo si rivela - inevitabilmente mi verrebbe da dire - direttamente proporzionale all'immobilità stantia del cerebro, a metà tra la capacità di calcolo di un ferro da stiro e quella di ragionamento di un comodino laccato di bianco. Fa niente mi dico, in questi momenti contano altre cose. O forse no.
La sveglia suonerà alle 05:36, l'autobus numero 28 mi aspetterà in Via Indipendenza alle 06:25. Almeno così dicono i cartelli gialli con la scritta nera.

lunedì 11 dicembre 2006

I tronchi di Dylan

Forse si tratta esclusivamente di deformazione professionale, ma l'ultimo numero de L'Europeo (n°6, 2006 anno V) è di quelli da conservare in libreria. Mancano straordinari procacciatori di emozioni come i Grateful Dead, gli Who e i Genesis, ma la storia del rock per immagini - dal 1956 al 2006 - che rivive in queste pagine in scale di grigio, è da brividi come neanche una toccata e fuga di Bach:
c'è Jimmy Page che tracanna Jack Daniel's poco prima di entrare in scena, David Bowie e Paul Simonon (il basso dei Clash per chi ne fosse all'oscuro) a brandire birra con pelle tirata da chissà quale sostanza, "Slowhand" Clapton che ammira nonna Rose di fronte al camino di casa, il passo da papera (il leggendario duck walk) di Chuck Berry con l'inseparabile Gibson tra le mani, le lunghe accoccolate dita di Keith Richards ad imboccare morbidamente il figlio Marlon nella villa a Villefranche-sur-Mer, Patti Smith a quattro zampe tra fili elettrici e mani adoranti, la sigaretta e le scarpe senza fine di Tom Waits, la valigia ad accogliere le terga e la faccia puffosa di Janis in un aereoporto qualunque, Hendrix che trapassa con lo sguardo un ufficiale di polizia. E poi decine di altre visioni impressionate dalla luce come la mia preferita, quella di cui vorrei avere la paternità del suo essere immortale: il do di Bob Dylan seduto su di una panchina nel suo rifugio di Byrdcliffe, vicino Woodstock, tra cortecce e tronchi accatastati, erbacce spontanee e jeans attillati, occhiali tondi e scarpe allacciate.
E con lo sguardo ammirato del pargolo Jesse, in maglietta bianca, dita intrecciate e piedi nudi sulla terra umida.

domenica 10 dicembre 2006

Una lucida follia

"Figura retorica consistente nell'accostare, nella stessa locuzione, parole che esprimono concetti contrari."
Questo è Napoli, un meraviglioso gargantuesco ossimoro.

giovedì 7 dicembre 2006

Dal San Paolo al Dall'Ara

Fedelissimi, a breve partirò per la città che vide le gesta di Diego Armando. L'unico ricordo che ho del Pibe de Oro in carne ed ossa, risale ad un Pescara-Napoli di qualche hanno fa, in piedi nella gloriosa curva nord dello Stadio Adriatico di Viale Pepe. Finì zero a zero con la mano de dios annullata dal numero otto della compagine biancazzurra, al secolo Franco Marchegiani, avvistato l'ultima volta nel 2002 mentre scorrazzava in sella al suo bianco Scarabeo Aprilia 50 all'angolo tra Via Chieti e Corso Vittorio Emanuele II.
Domenica mattina invece sarò all'ombra del Dall'Ara, teatro di un memorabile concerto di Vasco subito dopo la morte di Massimo Riva, con grande merito a La Signora, ostinato centravanti, che riuscì a barattare il nostro biglietto "spalti" con uno "prato", più caro al botteghino di 10000 lire.
Per tre giorni dimenticatemi, anzi, tenetemi in caldo. Con tutta probabilità continuerò ad allietare un po' di minuti della vostra giornata quando ne avrete voglia da sotto le due torri.

Non ci avevo mai pensato, allora sono andato a controllare, scoreggia (o scorreggia) è un vocabolo della lingua italiana: "Emissione rumorosa dei gas intestinali dall'ano" (dal Devoto-Oli).
Da questa definizione quantomeno imprecisa potrebbero partire fior di disquisizioni, lo so. Voi iniziate, quando posso interverrò da par mio.

Francesismi

Fa veramente tenerezza ascoltare Sergio Leone parlare in lingua francese, tenerezza che si trasforma in dolcezza e rispetto, sesso e sogno, eccitazione e tachicardia quando a farlo sono le labbra del mio ideale di donna, in assoluto: “Double C” direbbe Flavio Tranquillo, io invece mi ostino a chiamare le cose col loro nome, Claudia Cardinale. La superiorità. Molti di voi sanno quanto mi dia fastidio il francese sulla bocca della maggior parte delle persone, ma qui è diverso, e attenzione, tutto ciò esula dalla bellezza oggettiva della donna stessa, con Monica Bellucci non provo la stessa emozione, anzi, preferisco stia zitta. Penso sia d’accordo anche Vincent Cassel, se solo potesse dirlo in pubblico.
I western di Sergio Leone (documentario di Philip Priestley), visto ieri sera per la seconda volta con la consueta pelle d’oca. Se solo amate un pochino il dispositivo cinematografico, vi prego, provvedete.
Aneddoti, ricordi e rughe. E poi le musiche (“la voce narrante dei miei film”) del compagno di scuola Morricone, quelle arie che ti alzano qualche metro da terra, le note che accompagnano il magistrale piano-sequenza di presentazione di Jill McBain (CC per l’appunto) in C’era una volta il west, dallo spettacolare viso a far capolino dal vagone fino al totale sulla ferrovia in costruzione. La musica non finisce, si torna in studio dove il panciuto barbone Sergio non si fa alcun problema di pudore né riverenza, ancora con quel francese presuntuoso da carezze:
“John Ford aveva iniziato un percorso, io credo di averlo portato a termine”.
Titoli di coda. O giù il sipario, se preferite.

mercoledì 6 dicembre 2006

Settantotto banane

Sembra scritto ieri, con il computer e relativo correttore elettronico sotto i polsi, il condizionatore sparato a palla, non importa se sul freddo o sul caldo, basta che crei un microclima opposto a quello esterno, le sirene che trapassano i vetri al contrario di quel diavolo di moscone che non capirò mai come non riesca a vedere il vetro stesso, il cellulare spento e il telefono che squilla con melodie polifoniche e di riflesso insopportabili, il motore dell’ascensore a scandire le ore e i minuti della mattina, un cd jazz a sussurrare senza fruscii dalle venti casse del super impianto dato in omaggio con l’acquisto di un tostapane multifunzione, le antenne a sovrappopolare i tetti ustionati dall’amianto, la spia rossa del lettore dvd ancora accesa dalla sera precedente. Si, pareva di leggere Foster Wallace immerso in tutte le diavolerie tecnologiche che accompagnano con punte di malcelato nervosismo il nostro vivere contemporaneo. Allora sono andato a ricontrollare: avevo visto bene, questo qui ha buttato giù ‘sta roba nel 1948.
Sto parlando ancora di Salinger e dei suoi racconti, siamo nell’eccellenza:

- Signorina Carpenter. La prego. Conosco i miei doveri, - disse il giovanotto. – Tu devi solo tenere gli occhi bene aperti per il caso che passi qualche pescebanana. Questo è il giorno ideale per i pescibanana.
- Non ne vedo neanche uno.
- E’ comprensibile. Hanno delle abitudini molto singolari. Molto, ma molto singolari.
Continuò ad avanzare spingendo il materassino. L’acqua non gli arrivava al petto.
- E’ una vita molto tragica, la loro, poveretti, - disse. – Lo sai cosa fanno, Sybil?
Sybil scosse il capo.
- Vedi, nuotano dentro una grotta dove c’è un mucchio di banane. Sembrano dei pesci qualunque, quando vanno dentro. Ma una volta che sono entrati, si comportano come dei maialini. Ti dico, so da fonte sicura di certi pescibanana che dopo essersi infilati in una grotta bananifera, sono arrivati a mangiare la bellezza di settantotto banane -. Avvicinò di mezzo metro all’orizzonte il materassino e la sua passeggera. – Naturalmente, dopo una scorpacciata simile sono così grassi che non possono più venir fuori dalla grotta. Non passano dalla porta.
- Non troppo lontano, - disse Sybil. – E poi, cosa fanno?
- Cosa fanno chi?
- I pescibanana.
- Oh, vuoi dire dopo che hanno mangiato tante banane che non possono più uscire dalla grotta bananifera?
- Si, - disse Sybil.
- Ecco, mi rincresce molto di dovertelo dire, Sybil. Muoiono.
- Perché? – chiese Sybil.
- Ecco, gli viene la bananite. E’ una malattia terribile.
- C’è un’onda che sta arrivando, - disse Sybil nervosamente.

E poi non se voi l’abbiate mai fatto, ma io e altri bimbi/e spesso ci mettiamo a stilare classifiche in perenne aggiornamento su quali siano i titoli che ci fanno alzare in volo. Beh, questo si è inserito prepotentemente nei primi dieci posti della mia personalissima "titoloteca": Un giorno ideale per i pescibanana.

martedì 5 dicembre 2006

Il restauro olivastro

Effettivamente l’autunno riesce a dare pennellate pastellose che neanche Schiele dopo una pera di morfina. I rami apparentemente secchi, le olive mimetizzate meglio di Dutch nella giungla del Centro America (Predator – John McTiernan, 1987), tappeti di foglie paracadutiste, tutte le tonalità possibili del verde, compresa quella delle reti stese ad abbracciare tronchi rugosi, appena infastiditi dalla mia tenuta rosso acceso, cimelio dell’adolescenza vissuta da calciatore sul campo terroso dell’antistadio.
La radio in filodiffusione del vicino di contrada Beniamino (Cosimo, Ilario, Marfisia, è per certi versi curioso come ai lavori di una volta si associno con gigantesche venature nostalgiche i nomi di un tempo: ma che bisogno abbiamo dei vari Kevin, Natascia, Jessica, piuttosto che Dylan o Micheal?) solitamente accompagna il fruscio del vento con amenità in stile Laura Pausini o Gigi D’Alessio, ma domenica, il giorno ufficiale del raccolto, i transistor decidono di omaggiare i giovani intellettualoidi poco distanti fin dalle sette del mattino. Allora si comincia con Fellini Circus di Nino Rota, seguito (e qui le olive cadevano da sole) da War Pigs dei Black Sabbath decisi a far proseguire sulla loro ala – volete vedere che Beniamino legge ‘sto Blog - la sigla di Gigi La Trottola (ebbene sì) che crossa al centro per l’incornata imperiosa del Cervo a primavera del vietnamita Cocciante.
Per buoni 30 minuti tutte e dieci le estremità delle dita rischiano seriamente l’ipotermia prima dell’arrivo imperioso del dottor Sole che lenisce e sorride, scalda e rinnova.

Per i distratti copio e incollo i dati che il fattore ha provveduto ad inserire nel post precedente:
“Mi sento in dovere, a questo punto, di ufficializzare i dati di questa raccolta.

Olive raccolte: 460 kg.

Olive molite: 240 kg.

Olio prodotto: 41 kg (50 litri circa).

Acidità: 0,4 gradi.


Quantità scarsa ma ottima qualità, la migliore da quando facciamo le olive in contrada Santo Scalone.
Per chi non lo sapesse, un olio può essere considerato extravergine solo sotto 1 grado di acidità quindi ci siamo alla grande.”

Per dovere di cronaca ma soprattutto per farvi rosicare, comunico a tutti che il Signor Cosimo Padova e la sua lingua cinquecentesca godono di ottima salute. La formazione tipo (Il fattore Altamura, l’elaiotecnico ligure Gallit e l’operaio terriero Cirello) ha portato a casa il seguente risultato: due fritti di calamari, una zuppa di pesce (con orate), 1,5 litri di Primitivo per la cifra di 15 euro. Totali s’intende.
I discorsi sostenuti all’interno dell’osteria meriterebbero un saggio di Eco, allora vi rimando ad altri appuntamenti. Anzi, ci vediamo lì. Se la luce è accesa, Cosimo brilla con lei.

giovedì 30 novembre 2006

Osteria Padova

Tra poche ore un treno mi porterà tra le olive di Ostuni, tra reti e rastrelli, guanti e cappelli, vino e fornelli. Proprio nel centro della città bianca c'è un altro motivo per farvi muovere le chiappe e portarle fin qui: Cosimo Padova, titolare dell'omonima osteria di cui vedete un tipico utente alla vostra destra. Dovrei impiegare molto più tempo e molte più righe per descrivervi il sig. Padova, correndo il rischio di tediarvi non poco. Allora lascio che lo faccia lui per me, con questa chicca regalataci la scorsa estate:

"Io un pezzetto di carne lo getto, un pezzetto di pane no. Non so perchè."
(Cosimo Padova - Ostuni, 22 agosto 2006)

mercoledì 29 novembre 2006

Voleva fare la modella

L’ho incontrata qualche tempo fa a casa di mio zio Ilario “Charles Bronson” Mason (se solo suonasse l’armonica a bocca...) nel nord-est produttivo, timida al punto da scivolare sulla melma della sua stalla nel tentativo di fuggire dai miei occhi. Poi ha iniziato a fidarsi, grugnendo grugnendo è gradualmente uscita dal salotto per tornare in giardino sfornando pose da consumata modella: il naso sempre a puntare il cielo e le orecchie la terra, gli occhi languidi, concentrati e minuscoli come Gigi La Trottola quando faceva il serio. La scollatura procace, pronta a mostrarsi senza volgarità gratuita, e i piedi, mio perenne feticcio, a sorreggerla con ingeneroso squilibrio.
Vi dico tutto ciò perché mia madre salirà l’Adriatico a breve per tornare carica di congelatori gremiti con tutta probabilità anche della sua carne.
Io attendo la mia modella preferita con trepidità assordante. Intanto lavo la teglia e pelo le patate. Preparo il rosmarino e accendo il forno.

martedì 28 novembre 2006

Franco Zurzolo

Oggi vado un po’ di fretta, l’otturatore mi attende. Allora fluttuando rapidamente nell’etere condivido con voi la mia canzone culto di questi giorni. Si chiama ‘Na storia ‘e fumm’, di Franco Zurzolo, misconosciuto cantore napoletano. C’è molta amarezza in quella voce e quelle corde ma anche tanta voglia di qualcosa. Ognuno ne tragga l’opportuno dalle sue sinapsi.

Per scaricarla, ci vuole un attimo, cliccate qui

Per il testo invece, vi aiuto io:

Avevo fatto na’ storia e’ fumm
tutt’ ‘ntrunato facette a’ sgummata
mentre Totore aumm aumm
n’atu cannone aveva appicciato

Ma all’improvviso aret a nu’ TIR
spont’ a’ paletta cu tre o quatt’ sbirr’
stuta sta canna dicette a Totore
c’hann’ sgamato
hann ‘ntiso ll’addore

O’ poliziotto chiede e’ documenti
je lle rispondo: “cioè, nunn e’ tengo”
lui mi domanda cos’è quest’odore
je a’ copp’a’ mano:
“so’ e’ scarpe e’ Totore!”

Aro’ sta’ o’ fumm
iss alluccaje
‘ncopp o’ Vesuvio io gli indicai
Ma dette n’uocchio sott’o’ siggiulino
steva llà sotto ‘nzieme e’ cartine.

Capo, cioè, simmo bravi guagliun’
je nun me faccio, iss nun fuma
Ma mi risposero tutti in coro: “Bravi guagliun’?!?!
uaglio’ tu stai fore!!!

Nun m’a’ dimentico cchiù chella vota
mo’ ca so’ asciuto a poggioreale
praticamente cioè stong’ a rota
e chiedo e’ sord’ ‘ncopp’a’ tangenziale!


GRAZIEAGLISCUGNIZZIANTOIOLEPACO

lunedì 27 novembre 2006

Canzoni sotto pelle

Io personalmente le associo ad una macchina ed un percorso. Parlo di canzoni, di quelle che raffreddano la pelle lasciandola bollente, quelle che canti a squarciagola o che ascolti in quel silenzio spensierato e condiviso, quello che c'è solo tra persone che si conoscono, che si amano e si capiscono. Niente a che vedere con le non parole frutto dell'imbarazzo, qui si tratta della consapevolezza dell'istinto. Mi vengono in mente ritorni da pranzi di paese, vino rosso, sorrisi e prezzi irrisori o giornate di mare tutto di sabbia ingranellato. La condizione metereologica è più o meno sempre la stessa: nuvole rade o inesistenti, sole a metà del suo tragitto verso il tramonto, con i raggi che tagliano l'aria con un angolo di circa 35 gradi rispetto alla superficie, abbastanza dolci da lasciarti osservare la palla arancione con gli occhi a mezz'asta senza fastidi. Insomma per intenderci, la condizione ideale per un sabbione da tibie gonfie e piedi rossi, o per un racchettone da vesciche sul palmo della mano con l'acqua che ti guarda da sotto.
Senza pensarci su troppo come al solito, ecco alcune combinazioni, evitando classifiche di sorta perchè lo spirito è sempre lo stesso. Libero. E Leggero.

Daewoo Lanos rossa - Da Scilla a Villa San Giovanni: Cirano, Francesco Guccini
Y10 bianca - Dalla Torre di Cerrano a Pescara: E la luna bussò, Loredana Bertè
Nissan Micra grigia - Da Pescara a Falconara Marittima: Gloria, Patti Smith
Fiat Seicento blu - Da Pineto a Pescara: Everything in its right place, Radiohead
Nissan Micra grigia - Da Pescara verso Ostuni: Thunder Road, Bruce Springsteen
Honda Civic nera - Da Letto Manoppello a Pescara: Che ironia, Vasco Rossi
Opel Astra Station bianca - Da Siviglia a Milano: Lei è bella dentro, Elio e le storie tese
Nissan Micra grigia - Da Ostuni a Pescara: Billy 4, Bob Dylan

Ecco i brividi. Lo sapevo. Oca oca oca.

domenica 26 novembre 2006

Arriverà mai il conto?

Non che voglia dare sempre la colpa a lui, il cavaliere rialzato, però mi piace rendere edotto chi fa finta di non esserlo. E poi è domenica, c'è il sole, sto andando a comprare le tagliatelle. Tutto troppo bello, ho bisogno di un po' di sana inquietudine.


Bugie sulla loggia massonica deviata P2 (falsa testimonianza)
La Corte d’appello di Venezia, nel 1990, dichiara Berlusconi colpevole di aver giurato il falso davanti al Tribunale di Verona a proposito della sua iscrizione alla P2, ma il reato è coperto dall’amnistia del 1989. Interrogato sotto giuramento Berlusconi aveva detto: «Non ricordo la data esatta della mia iscrizione alla P2, ricordo comunque che è di poco anteriore allo scandalo […]. Non ho mai pagato una quota di iscrizione, né mai mi è stata richiesta». Berlusconi però si era iscritto alla P2 nel 1978 (lo scandalo è del 1981) e aveva pagato la sua quota. Così i giudici della Corte d’appello di Venezia scrivono: «Ritiene il Collegio che le dichiarazioni dell’imputato non rispondano a verità […], smentite dalle risultanze della commissione Anselmi e dalle stesse dichiarazioni rese del prevenuto avanti al giudice istruttore di Milano, e mai contestate […]. Ne consegue quindi che il Berlusconi ha dichiarato il falso», rilasciato «dichiarazioni menzognere» e «compiutamente realizzato gli estremi obiettivi e subiettivi del delitto di falsa testimonianza». Ma «il reato va dichiarato estinto per intervenuta amnistia».

Tangenti alla Guardia di Finanza (corruzione)
I grado: condanna a 2 anni e 9 mesi per tutte e quattro le tangenti contestate (niente attenuanti generiche).
Appello: prescrizione per tre tangenti (ottenuta solo grazie alle attenuanti generiche questa volta concesse), assoluzione con formula dubitativa (comma II art. 530 c.p.p.) per la quarta. Nelle motivazioni si legge: «Il giudizio di colpevolezza dell’imputato poggia su molteplici elementi indiziari, certi, univoci, precisi e concordanti, per ciò dotati di rilevante forza persuasiva, tali da assumere valenza probatoria».
Cassazione: assoluzione. La motivazione contiene due riferimenti alla classica insufficienza di prove. La Cassazione non può entrare dichiaratamente nel merito, né dunque annullare la sentenza precedente con formula dubitativa: deve emettere un verdetto secco (conferma oppure annulla). Ma nella motivazione i giudici della VI sezione penale citano esplicitamente all’«articolo 530 cpv»: dove «cpv» significa «capoverso», cioè comma 2 («prova contraddittoria o insufficiente»). A 12 righe dalla fine, a scanso di equivoci, i supremi giudici hanno voluto essere ancora più chiari. Si legge infatti: «Tenuto conto di quanto già osservato sulla insufficienza probatoria, nei confronti di Berlusconi, del materiale indiziario utilizzato dalla Corte d’appello...».
Sono stati invece definitivamente condannati per corruzione della Guardia di Finanza i coimputati di Berlusconi, alti dirigenti della Fininvest: la sentenza ha cioè in sostanza accertato che tali dirigenti, dipendenti di Berlusconi, con i soldi di Berlusconi e a vantaggio di Berlusconi, hanno corrotto la Guardia di Finanza. Sfidando il ridicolo, la sera stessa Berlusconi è andato in televisione a vantarsi di una tale assoluzione, che ha preteso lo avesse ripagato della “brutta figura” a suo dire ingiustamente patita al momento della notifica dell’avvio delle indagini sul suo conto, consegnatagli nel pieno dello svolgimento di una riunione del G7 in Italia.

All Iberian 1 (finanziamento illecito ai partiti)
I grado: condanna a 2 anni e 4 mesi per i 21 miliardi di lire (circa 11 milioni di euro) versati estero su estero, tramite il conto All Iberian, a Bettino Craxi.
Appello: il reato cade in prescrizione, ma c’è: «per nessuno degli imputati emerge dagli atti l’evidenza dell’innocenza».
Cassazione: prescrizione confermata, con condanna al pagamento delle spese processuali. Nella sentenza definitiva tra l’altro si legge: «Le operazioni societarie e finanziarie prodromiche ai finanziamenti estero su estero dal conto intestato alla All Iberian al conto di transito Northern Holding [Craxi] furono realizzate in Italia dai vertici del gruppo Fininvest spa, con il rilevante concorso di Berlusconi quale proprietario e presidente. […] Non emerge negli atti processuali l’estraneità dell’imputato».

All Iberian 2 (falso in bilancio)
Processo sospeso in attesa che sulla legittimità delle nuove norme in materia di reati societari approvate dal governo Berlusconi si pronuncino la Corte di giustizia europea e la Corte costituzionale italiana. Se le eccezioni sollevate da vari tribunali verranno respinte, il reato sarà dichiarato prescritto.
Medusa Cinema (falso in bilancio)
I grado: condanna a 1 anno e 4 mesi (10 miliardi di fondi neri che, grazie alla compravendita, vengono accantonati su una serie di libretti al portatore di Silvio Berlusconi).
Appello: assoluzione con formula dubitativa (comma 2 art. 530). Berlusconi, secondo il collegio è così ricco che potrebbe anche non essersi reso conto di come, nel corso della compravendita, il suo collaboratore Carlo Bernasconi (condannato) gli abbia versato 10 miliardi di lire (circa 5 milioni di euro) in nero. Scrivono i giudici: «La molteplicità dei libretti riconducibili alla famiglia Berlusconi e le notorie rilevanti dimensioni del patrimonio di Berlusconi postulano l’impossibilità di conoscenza sia dell’incremento sia soprattutto dell’origine dello stesso».
Cassazione: sentenza d’appello confermata.

Terreni di Macherio (appropriazione indebita, frode fiscale, falso in bilancio)
I grado: assoluzione dall’appropriazione indebita e dalla frode fiscale (per 4.4 miliardi di lire, pari a circa 2.3 milioni di euro, pagati in nero all’ex proprietario dei terreni che circondano la villa di Macherio, dove vivono la moglie Veronica e i tre figli di secondo letto), prescrizione per i falsi in bilancio di due società ai quali «indubbiamente ha concorso Berlusconi».
Appello: confermata l’assoluzione dalle prime due accuse. Assoluzione anche dal primo dei due falsi in bilancio, mentre il secondo rimane ma è coperto da amnistia.
Cassazione: in corso.

Caso Lentini (falso in bilancio)
I grado: il reato (10 miliardi di lire, pari a circa 5 milioni di euro, versati in nero al Torino Calcio in occasione dell’acquisto del giocatore Luigi Lentini) è stato dichiarato prescritto grazie alla nuova legge sul falso in bilancio approvata dopo la vittoria elettorale di Berlusconi.
Appello: in corso.

Consolidato gruppo Fininvest (falso in bilancio)
Il gip Fabio Paparella ha dichiarato prescritti, sulla base della nuova legge sul falso in bilancio, i 1500 miliardi di lire (circa 770 milioni di euro) di presunti fondi neri accantonati dal gruppo Berlusconi su 64 società off-shore della galassia All Iberian («comparto B della Fininvest). Il pm Francesco Greco ha presentato ricorso in Cassazione perché la mancata fissazione dell’udienza preliminare gli ha impedito di sollevare un’eccezione d’incostituzionalità e di incompatibilità con le direttive comunitarie delle nuove norme sui reati societari e con il trattato dell’Ocse.

Lodo Mondadori (corruzione giudiziaria)
Grazie alla concessione delle attenuanti generiche il reato - che in primo grado ha portato alla condanna di Cesare Previti - è stato dichiarato prescritto dalla Corte d’Appello di Milano e dalla Corte di Cassazione. Nelle motivazioni della Cassazione, tra l’altro, si legge: «il rilievo dato [per concedere le attenuanti generiche] alle attuali condizioni di vita sociale ed individuale del soggetto [Berlusconi è diventato presidente del Consiglio], valutato dalla Corte come decisivo, non appare per nulla incongruo…».

Sme-Ariosto (corruzione giudiziaria)
A causa dei continui «impedimenti istituzionali» sollevati da Berlusconi e dei conseguenti rinvii delle udienze, la posizione del premier è stata stralciata dal processo principale. Ed è stato creato un processo parallelo, che però Berlusconi ha sospeso fino al termine del suo incarico (o sine die, in caso di rielezione o di nomina ad altra carica istituzionale) facendo approvare a tempo di record il “Lodo Maccanico” (una legge che sospende i processi a carico delle cinque più alte cariche dello Stato per l’intera durata del loro mandato, e anche in caso di mandati successivi), proprio alla vigilia della requisitoria, delle arringhe e della sentenza, e a 40 mesi dall’inizio del dibattimento.

Sme-Ariosto (falso in bilancio)
In seguito all’entrata in vigore delle nuove norme sul diritto societario approvate dopo la vittoria elettorale di Berlusconi, questo capo d’imputazione contestato a Berlusconi per il denaro versato - secondo l’accusa - ad alcuni giudici, è stato stralciato. Il processo è fermo in attesa che la Corte di giustizia europea si pronunci sulla conformità tra le nuove regole e le normative comunitarie. Ma, anche in caso di risposta positiva per i giudici, resterà bloccato per il “Lodo Maccanico”. Come tutti gli altri procedimenti ancora in corso a carico di Silvio Berlusconi.

Diritti televisivi (falso in bilancio e frode fiscale)
Indagini preliminari in corso alla Procura di Milano (pm Alfredo Robledo e Fabio De Pasquale), a carico di numerosi manager del gruppo, più il presidente di Mediaset Fedele Confalonieri e il titolare Silvio Berlusconi, il quale - secondo l’ipotesi accusatoria - avrebbe continuato anche dopo l’ingresso in politica nel ’94 ad esercitare di fatto il ruolo di dominus dell’azienda. Oggetto dell’indagine: una serie di operazioni finanziarie di acquisto di diritti cinematografici e televisivi da majors americane, con vorticosi passaggi fra una società estera e l’altra del gruppo Berlusconi, con il risultato di far lievitare artificiosamente il prezzo dei beni compravenduti e beneficiare di sconti fiscali previsti dalla legge Tremonti, approvata dal primo governo dello stesso Berlusconi per detassare gli utili reinvestiti dalle imprese. Un presunto falso in bilancio che i magistrati valutano in circa 180 milioni di euro, avvenuto nel 1994.

Telecinco (violazione delle leggi antitrust e frode fiscale in Spagna)
Il giudice anticorruzione di Madrid Baltasár Garzón Real, dopo aver chiesto nel 2001 al governo italiano di processare Berlusconi o, in alternativa, di privarlo dell’immunità in modo di poterlo giudicare in Spagna, non ha ancora ricevuto risposta. Per questo il procuratore anticorruzione Carlo Castresana, nel maggio 2002, ha pregato Garzón di rivolgersi di nuovo alle autorità italiane. Berlusconi in Spagna è accusato - insieme a Marcello Dell’Utri e ad altri dirigenti del gruppo Fininvest - di aver posseduto, grazie a una serie di prestanomi e di operazioni finanziarie illecite, il controllo pressoché totalitario dell’emittente Telecinco eccedenti rispetto ai limiti dell’antitrust spagnola, negli anni in cui il tetto massimo era del 25 per cento delle quote azionarie.

Mafia (concorso esterno in associazione mafiosa e riciclaggio di denaro sporco)
Indagini archiviate a Palermo su richiesta della Procura per scadenza dei termini massimi concessi per indagare.
Bombe del 1992 e del 1993 (concorso in strage)
Le inchieste delle Procure di Firenze e Caltanissetta sui presunti «mandanti a volto coperto» delle stragi del 1992 (Falcone e Borsellino) e del 1993 (Milano, Firenze e Roma) sono state archiviate per scadenza dei termini d’indagine. A Firenze, il 14 novembre 1998, il gip Giuseppe Soresina ha però rilevato come Berlusconi e Dell’Utri abbiano «intrattenuto rapporti non meramente episodici con i soggetti criminali cui è riferibile il programma stragista realizzato». Cioè con il clan corleonese che da vent’anni guida Cosa Nostra, con centinaia di omicidi e una mezza dozzina di stragi. Aggiunge il giudice fiorentino che esiste «una obiettiva convergenza degli interessi politici di Cosa Nostra rispetto ad alcune qualificate linee programmatiche della nuova formazione [Forza Italia]: articolo 41 bis, legislazione sui collaboratori di giustizia, recupero del garantismo processuale asseritamente trascurato dalla legislazione dei primi anni 90». Poi aggiunge che, nel corso delle indagini, addirittura «l’ipotesi iniziale [di un coinvolgimento di Berlusconi e dell’Utri nelle stragi] ha mantenuto e semmai incrementato la sua plausibilità». Ma purtroppo è scaduto «il termine massimo delle indagini preliminari» prima di poter raccogliere ulteriori elementi.
Il gip di Caltanissetta Giovanni Battista Tona ha scritto: «Gli atti del fascicolo hanno ampiamente dimostrato la sussistenza di varie possibilità di contatto tra uomini appartenenti a Cosa Nostra ed esponenti e gruppi societari controllati in vario modo dagli odierni indagati [Berlusconi e Dell’Utri]. Ciò di per sé legittima l’ipotesi che, in considerazione del prestigio di Berlusconi e Dell’Utri, essi possano essere stati individuati dagli uomini dell’organizzazione quali eventuali nuovi interlocutori». Ma «la friabilità del quadro indiziario impone l’archiviazione».
C’è, infine, la sentenza della Corte di Assise di Appello di Caltanissetta, che il 23 giugno 2001 ha condannato 37 boss mafiosi per la strage di Capaci: nel capitolo intitolato esplicitamente «I contatti tra Salvatore Riina e gli on. Dell’Utri e Berlusconi», si legge che è provato che la mafia intrecciò con i due «un rapporto fruttuoso quanto meno sotto il profilo economico». Talmente fruttuoso che poi, nel 1992, «il progetto politico di Cosa Nostra sul versante istituzionale mirava a realizzare nuovi equilibri e nuove alleanze con nuovi referenti della politica e dell’economia». Cioè a «indurre nella trattativa lo Stato ovvero a consentire un ricambio politico che, attraverso nuovi rapporti, assicurasse come nel passato le complicità di cui Cosa Nostra aveva beneficiato».

NOTE ESPLICATIVE TECNICO-GIURIDICHE E COMPORTAMENTO DELL'IMPUTATO BERLUSCONI
Secondo il diritto italiano, un imputato prosciolto per amnistia o per prescrizione del reato ha il diritto di rifiutare il proscioglimento e di pretendere il processo, per veder affermata la propria innocenza in giudizio. Naturalmente, in questo caso può essere condannato qualora il giudizio provi invece la sua colpevolezza. In nessuno dei casi in cui è stato prosciolto per amnistia o per prescrizione del reato Berlusconi ha chiesto di essere giudicato.
Al contrario, tutte le tecniche giudiziarie sono state messe in atto per ottenere, attraverso il massimo prolungamento possibile dei processi, che i termini di prescrizione fossero raggiunti, in modo che i processi non avessero più luogo.
Berlusconi stesso ha dichiarato di avere speso, per il pagamento dei suoi avvocati nei suoi processi penali, una somma pari a circa 250 milioni di euro.
Alcuni di questi avvocati sono stati anche eletti in Parlamento nelle file del partito di Berlusconi, dove si sono attivati per ottenere leggi (modifica delle disposizioni sul falso in bilancio, modifica della normativa sulle rogatorie internazionali, “lodo Maccanico”, legge “Cirami”, ecc.) che sono valse direttamente al loro cliente i proscioglimenti di cui si è detto. Il principale avvocato difensore di Berlusconi nei suoi processi penali è stato eletto addirittura presidente della Commissione Giustizia della Camera dei Deputati.


CONSIDERAZIONI
Controllo dei media e vicende giudiziarie di Berlusconi
Non si creda che la maggior parte degli italiani sia consapevole di quanto sopra illustrato. Come è noto, l'ex capo del governo italiano controlla direttamente, essendone il proprietario, le tre televisioni private del gruppo Mediaset, e, tramite la sua maggioranza parlamentare, vigilava sulle tre reti pubbliche della Rai. L’informazione politica della quarta televisione privata (La 7, non di proprietà di Berlusconi) è affidata quotidianamente a Giuliano Ferrara, ex-ministro del Primo governo Berlusconi e direttore del “Foglio”, quotidiano di proprietà della moglie di Berlusconi.
È certo che la grande maggioranza degli italiani ignora, per esempio, che il loro ex premier, chiamato a testimoniare, ha deciso di avvalersi della facoltà di non rispondere in un processo di mafia (poteva farlo in quanto, come detto, in precedenza vi era stato coinvolto come indagato).
Ricordiamo inoltre che Vittorio Mangano fu fatto assumere da Dell’Utri come fattore (stalliere) nella villa di Silvio Berlusconi ad Arcore: Vittorio Mangano (condannato in seguito per traffico di droga) fu indicato sia da Buscetta che da Contorno come "uomo d'onore" appartenente a Cosa Nostra.
Il risultato è che quasi metà del paese è davvero convinta che i guai giudiziari di Berlusconi siano causati da una persecuzione ad opera di magistrati tutti “comunisti”. La tesi è risibile, e tale non può che apparire all’estero, tanto più che i fatti di cui Berlusconi è accusato risalgono quasi tutti a un periodo precedente all’inizio della sua attività politica; ma, ripetuta come una tesi seria e rispettabile per un decennio e più volte al giorno da televisioni e giornali e ribattuta quotidianamente da tutti gli esponenti dell’attuale maggioranza parlamentare, è inevitabile che essa finisca per sembrare plausibile a buona parte dell’opinione pubblica, e non solo a quella più svantaggiata. Del resto è ben difficile, per la maggior parte dell’opinione pubblica, posta di fronte alle contrapposte dichiarazioni degli avvocati espresse per lo più in gergo legale, raramente tradotte come dovrebbero esserlo da giornalisti intimiditi, comprendere, per esempio, la differenza che intercorre fra un imputato “assolto” e uno “prosciolto”.
Il risultato è che gli argini sono abbattuti, e sono (erano) in corso manovre tendenti a cambiare la legge sull’ordinamento giudiziario, per portare la magistratura italiana sotto il controllo del potere esecutivo (direttamente i magistrati della pubblica accusa, indirettamente, attraverso un controllo ministeriale sulla formazione e sulle carriere, i magistrati giudicanti).

sabato 25 novembre 2006

Auguri deejay

LA GRANDE OPERA ALCHEMICA

L'alchimia, antica dottrina esoterica, attraverso le Tre Opere trasformava il piombo in oro, ricavando la pietra filosofale, o elisir di lunga vita.

NIGREDO - Opera al Nero
ALBEDO - Opera al Bianco
RUBEDO - Opera al Rosso

venerdì 24 novembre 2006

"Ma che è morto sul serio?" (Conte Lello Mascetti)

PHILIPPE NOIRET (1930 - 2006)

Chissà per quale motivo, a me ha sempre ricordato un basset-hound dei cartoni animati: con le estremità esterne degli occhi in perenne tentativo di riunione con quelle della bocca, la testa incassata nelle spalle, tesa in avanti come a scrutare perennemente l'orizzonte, lo sguardo sicuro, bambino, sornione, disincantato e dolce, zuccheroso che neanche un mont-blanc appena fatto da un pasticceria di Lille. Troppe emozioni hanno accompagnato quella postura da nonno saggio, ma non ho dubbi su come ricordarlo. In punta di morte (subito dopo aver detto ai compagni di zingarate: "Levatevi dai coglioni che devo morire"), un attimo prima di spirare, a colloquio con il prete giunto al suo capezzale come da triste protocollo contemporaneo:

Giorgio Perozzi: "Sbidiguda veniale con la supercazzola sprematurata."
Prete: "Come figliolo?"
GP: "Confesso come fosse antani con scappellamento a destra"
Prete: "Quante volte?"
GP: "Fifty fifty, come fosse mea culpa."

(Amici Miei - Mario Monicelli, 1975)

giovedì 23 novembre 2006

Leggere e sfogliare

Da qualche tempo ho deciso di non comprare più libri fino a che non avrò letto tutti gli esuli che riposano con frequenti mugugni nel ripiano sottostante a quello dei cd. Come saranno stati così a lungo senza vedere la luce dei miei occhi e toccare il sudore dei miei polpastrelli?
Seduto sul letto ho accarezzato tutti i loro dorsi nell'infruttuosa attesa di sentire un sospiro più deciso degli altri. I libri sono così, meglio di noi umani. C'è sempre un enorme rispetto, quasi un pudore fanciullesco. E' difficile che si scannino tra loro.
Allora mi sono fatto coraggio e dalle carezze sono passato agli abbracci. Uno in particolare ha risposto con maggior calore: più piccolo degli altri, bianco, riservato, essenziale come un piatto di spaghetti pomodoro e basilico, morbidamente stretto tra la magnificenza cartonata di James Ellroy (Dalia Nera) e l'epicità di Cormac McCarthy, palesatà sin dal titolo (Oltre il confine).
Apro sfoglio tocco assaporo. Sì, mi farò leggere da lui:

Nell'albergo c'erano novantasette agenti pubblicitari di New York e tenevano le linee interurbane talmente monopolizzate che la ragazza del 507 dovette attendere la sua chiamata da mezzogiorno fin quasi le due e mezzo. Ma non rimase con le mani in mano. Lesse in una rivista femminile un articolo intitolato 'Il sesso: paradiso...o inferno'. Lavò il pettine e la spazzola. Tolse la macchia dalla gonna del tailleur nocciola. Spostò il bottone sulla camicetta di Saks. Strappò due peli da poco spuntati sulla superficie del neo. Quando finalmente la centralinista fece il numero della sua stanza, se ne stava seduta nel vano della finestra e aveva quasi finito di laccarsi le unghie della mano sinistra.
Era il tipo di ragazza che non pianta le cose a metà - qualsiasi cosa - per un campanello. Non cambiò espressione, come se quel telefono fosse abituata a sentirlo suonare ininterrottamente fin dalla pubertà.


(Nove racconti - Jerome David Salinger, 1948)

mercoledì 22 novembre 2006

Già una settimana

Chiudo il trittico maschilista: dopo il calcio e la cucina, ecco la donna.
In condizioni semi disastrose nel “ramo sentimentale” (copyright Jack Lemmon, L’appartamento – Billy Wilder, 1960), faccio appello alle signorine di sesso femminile desiderose di passare ore di puro intrattenimento nei locali siti in Via Bartolomeo Colleoni n°2 scala B interno 24, prima stanza a destra.
Le attività ludiche saranno studiate e decise insieme all’interessata al momento della candidatura (specificare la posizione: gèisha).
Sperando di non sembrare troppo allusivo ricordo ai gentili lettori, ma a questo punto soprattutto alle lettrici, che il signor Colleoni fu un valoroso capitano di ventura del XV secolo che, secondo alcuni autori, era affetto dalla patologia nota come poliorchidismo, ossia la presenza di un testicolo soprannumerario.

Questa era la mia scurrile prosa da Bruto, per la poesia da Braccio di Ferro (mamma mia...) , oltre che ad uno dei coinquilini conosciuto come la “perfetta debordante miscellanea interregionale” vi lascio a chi ne sa più di me:

I'm walkin' down that long, lonesome road, babe
Where I'm bound, I can't tell
But goodbye's too good a word, gal
So I'll just say fare thee well
I ain't sayin' you treated me unkind
You could have done better but I don't mind
You just kinda wasted my precious time
But don't think twice, it's all right.


(Don’t Think Twice it’s All Right, in The Freewheelin - Bob Dylan, 1963)

martedì 21 novembre 2006

"Dirsi addio è un po' come morire" (Raymond Chandler)

Robert Altman (Kansa City 1925- Los Angeles 2006)

(2006) Radio America
(2003) The Company
(2001) Gosford Park
(2000) Il dottor T e le donne
(1999) La fortuna di Cookie
(1998) Conflitto di interessi
(1996) Kansas City
(1994) Prêt-à-Porter
(1993) America oggi
(1992) I protagonisti
(1990) Vincent & Theo
(1987) Aria
(1987) Terapia di gruppo
(1987) Non giocate con il cactus
(1985) Follia d'amore
(1983) Streamers
(1982) Jimmy Dean, Jimmy Dean
(1980) Popeye - Braccio di ferro
(1979) Una coppia perfetta
(1979) Quintet
(1978) Un matrimonio
(1977) Tre donne
(1976) Buffalo Bill e gli indiani: ovvero la lezione di storia di Toro Seduto
(1975) Nashville
(1974) California poker
(1974) Gang
(1973) Il lungo addio
(1972) Images
(1971) I compari
(1970) Anche gli uccelli uccidono
(1970) Mash
(1969) Quel freddo giorno nel parco
(1968) Conto alla rovescia
(1957) La storia di James Dean

Spaghetti "alla checca"

1) Staccate un congruo numero di foglie di basilico, sciaquatele sotto acqua corrente e lasciatele asciugare su di un panno pulito.
2) Tagliate a cubetti un paio di pomodori freschi.
3) Sbucciate con cura due spicchi d'aglio.
4) Prendete una padella, d'alluminio se possibile, e versateci dentro tutti gli ingredienti preparati (basilico, pomodoro a pezzetti, aglio).
5) Bagnate il tutto con abbondante olio extra vergine di oliva.
6) Salate e pepate quanto basta, e se gradite, aggiungete un pizzico di peperoncino fresco.
7) Mischiate con cura la fantasia di colori ottenuta e lasciate riposare qualche minuto.
8) Scolate la pasta al dente (cotta in acqua bollente salata naturalmente) e versatela nella padella.
9) Munitevi di forchetta e cucchiaio da portata e iniziate a girare fino a che la pasta non vi sembri ben amalgamata con il condimento.
10) Impiattate e strafogatevi.

NOTE
1) Congruo vuol dire (dal Devoto-Oli): "Proporzionato, rispondente a determinate esigenze, opportuno". In altri termini: come se piovesse.
2) Da preferire quelli di tipologia "Eugenia", che grazie alla loro polpa farinosa e succosa si legano molto bene con l'olio.
3) Potete anche sminuzzarne uno e lasciare intero l'altro, dipende dal vostro amore per l'aglio stesso.
Mi permetto d'influenzare la vostra scelta dicendovi che l'aglio era cibo e medicamento per Babilonesi, Egizi, Ebrei, Arabi. Presso gli antichi Egizi era considerato sacro e gli schiavi che costruivano le Piramidi ne ricevevano uno spicchio al giorno.
Maometto ne raccomandava il consumo e Ippocrate lo prescriveva per la profilassi delle malattie infettive e nella cura della lebbra e delle malattie intestinali. Dioscoride e Plinio lo raccomandavano come diuretico, tonico, efficace per il mal di denti, l'asma le emorroidi e per l'apparato respiratorio e la tubercolosi polmonare. I Romani ne facevano grande uso e lo consideravano un simbolo delle virtù militari per le sue proprietà igieniche e fortificanti. Durante il Medioevo fu usato anche contro la sordità, la febbre e il male ai reni e la sua azione antisettica si rivelò efficace per un gran numero di mali, tra cui la peste e il colera. Secondo la tradizione, durante la grande epidemia di peste nell'Europa del XIV secolo, solo i consumatori abituali di aglio sfuggirono al contagio.
4) Quelle in Teflon lasciamole a chi non sa che il politetrafluoroetilene (PTFE) - il Teflon per l'appunto - è stato dichiarato nocivo per la salute, per la precisione cancerogeno, dall'Agenzia per la protezione ambientale statunitense (Epa) che ha chiesto ai produttori di acido perfluoroctanoico (Pfoa) - sostanza utilizzata nella fabbricazione di utensili da cucina antiaderenti e di prodotti come il Teflon - di ridurne del 95% entro il 2010 emissioni e livelli, e di procedere alla loro eliminazione entro il 2015.
5) Se ce l'avete fatto in casa è un altro passo.
6) Il "se gradite" sta per: abbondate.
7) La delicatezza è importante, fate capire chi comanda ma senza rompere le foglie di basilico!
8) Per questo tipo di ricetta va utilizzata una e una sola tipologia di pasta: lo Spaghetto n°12 De Cecco.
9) La girata dev'essere affettuata, cucchiaio e forchetta alla mano, con un movimento semi circolare, per far sì che anche le foglie di basilico nel frattempo attaccatesi con maggior pervicacia ai lati della padella, possano tornare a far parte del tutto.
10) Quest'ultima fase è facoltativa. Io personalmente mi strafogo attaccando direttamente la padella.

Oggi ho mangiato seduto a capotavola, con le spalle massaggiate dal curioso ingresso del sole. Inutile dirvi che ho goduto come una bestia.

QUESTO POST NON SAREBBE STATO POSSIBILE SENZA IL CONTRIBUTO CREATORE DI ANGELOEORIETTA, MEGLIO CONOSCIUTI COME IL CAPO E LA CAPA. NON MI LEGGERETE MAI, LO SO. MA VI VOGLIO BENE COMUNQUE.

lunedì 20 novembre 2006

"Alla ungherese"

Non so perchè, ma io e miei amichetti di Porta Nuova, quando - col pallone nella busta d'ordinanza - ci recavamo alla pineta per intraprendere l'avventura sognante di quel gioco universale denominato "Passaggi e tiriinporta" (si, si, senza spazi, si pronunciava tutto di un fiato, troppa era la voglia di decidere quale fosse la porta), avevamo deciso che il tiro "alla ungherese" era quel tiro in cui la rincorsa del giocatore verso il pallone da calciare era parallela alla linea di porta: in poche parole io, mancino di lunga data, partivo con il fianco destro perfettamente rivolto verso il portiere, correvo come per andare verso la linea del fallo laterale, e poi calciavo d'interno collo, con un movimento di quelli da ledere perennemente i crociati di entrambe le ginocchia.
Ora, le conclusioni non erano mai un granchè, ma se facevi gol, anche con papera (frequente) del portiere, beh, lì veniva giù lo stadio. Se solo ce ne fosse stato uno.
Fa niente se parecchi anni più tardi scoprii che il famoso tiro "alla ungherese" era tecnicamente opposto a come ce lo immaginavamo noi sbarbatelli: senza caricare il tiro, quasi da fermo, di collo esterno ma con minore effetto rotatorio rispetto ai brasiliani. Perfetto.

Questo, per chi non l'avesse ancora capito, era il mio omaggio a Ferenc Puskas (83 gol in 84 partite con l'Ungheria, 357 in 354 con la Honved, 153 in 179 con il Real Madrid), morto venerdi scorso a settantanove anni.

Per gli amanti degli aneddoti come il sottoscritto, lascio la parola al mio mentore sportivo, Gianni Mura, nei suoi "Sette giorni di cattivi pensieri" (voto 10) di domenica:

- "Raymond Kopa, che gli fu compagno nel Real, ha detto una cosa molto giusta, che da l'idea di Puskas: I portieri cominciavano ad aver paura quand'era a 35 metri dalla porta."

- "Un'altro del Real, Gento, ricorda un giochetto che facevano sotto la doccia. Lui tirava un sapone bagnato a Puskas, che lo addomesticava e ci palleggiava."

- "Di Stefano, non uno qualunque, lo chiamava il Professore. Uno talmente furbo da capire, il primo anno a Madrid, che sarebbe stato uno sgarbo alla saeta rubia vincergli il trofeo del pichichi (il miglior marcatore) sotto il naso. All'ultima partita erano arrivati segnando lo stesso numero di gol. Puskas dribblò anche il portiere, lo mise a sedere con una finta, e a porta vuota preferì toccare indietro per Di Stefano, che non respinse l'omaggio."

domenica 19 novembre 2006

Vincenzo


Suo figlio Nino, poliziotto, è stato ucciso dalla mafia (o no?) il 5 agosto 1989, con lui finì esanime sull'asfalto anche il corpo della moglie Ida, al quinto mese di gravidanza. Da quel giorno Vincenzo Agostino non si è più tagliato barba né capelli, li farà crescere fino a che non saprà chi e perchè ha ammazzato Nino. Ora quell'onda bianca, canuta, è diventata il simbolo di tutti quelli che non hanno potuto vivere la vita che volevano, strappati alla serenità dal più vile atto di prepotenza esistente su questa terra. E gli occhi di Vincenzo sono sempre lì, bene aperti, caldi e freddi insieme. Che non si stancano di domandare.
Allora posso dirlo, senza rischi di demagogia perchè ci credo davvero:
se c'incazziamo tutti insieme, questi se la fanno sotto.

sabato 18 novembre 2006

Unità di misura

Dal 1983, il "metro", unità di misura (m) delle lunghezze nel Sistema Internazionale, è definito come la distanza percorsa dalla luce nel vuoto nell'intervallo di tempo 1/299.792.458 di un secondo. A sua volta, il "secondo", unità di misura (s) degli intervalli di tempo nel SI, è definito come la durata di 9.192.631.770 oscillazioni della radiazione emessa dall'atomo di cesio -133 nello stato fondamentale tra due particolari livelli iperfini.

venerdì 17 novembre 2006

Sembrava Lo Pan



Credevo fosse Lo Pan di Grosso guaio a Chinatown (John Carpenter, 1986) e invece era lei. Di un'eleganza anni luce distante dalle graziose hostess dispensatrici di finti sorrisi. Il volto che neanche un campo di frumento dopo una giornata d'aratura di fine primavera, le mani quasi senza peso, affusolate, nonostante la carne non riesca più a riempire la pelle. E le orecchie grandi, stremate, allungate verso l'abisso delle troppe bugie sentite.
La ricordo fare pubblicità alla Telecom, proprio lei, che con quella faccia e quegli anni potrebbe permettersi di cacare in testa a chiunque. Oggi le è bastato mostrarsi per ottenere il perdono. Almeno da me.

Scrivete

Capisco la pigrizia, l'ansia congenita che ci porta a non dare ancor più vita ai polpastrelli. Provateci. Un bel soffio e via, le parole verranno da sole. Come le bolle di sapone.

...Dopo quella sera, dovunque andassi incominciai a portare con me una matita. Mi abituai a non uscire mai di casa senza essermi accertato di avere una matita in tasca. Non che avessi progetti definiti a proposito di quella matita, ma non volevo più farmi sorprendere. Ero già stato colto impreparato una volta, e non avrei permesso che succedesse di nuovo.
Se non altro, gli anni mi hanno insegnato questo: se hai una matita in tasca, ci suono buone probabilità che un giorno o l'altro ti venga la tentazione di usarla.
Come mi piace dire a i miei figli, fu così che diventai uno scrittore.


(Esperimento di verità - Paul Auster, 1995)

giovedì 16 novembre 2006

Non c'è che l'estate


Succede che Robbiello, uno degli amici di vita, voglia omaggiare la nascita di questo spazio. In cuor mio avrei preferito che lasciasse un commento qui sotto, invece che inviarlo tramite l'ormai vetusto metodo e-mailiano.
E invece, non facendolo, è riuscito a comparire in "prima". Diavolo d'un Robbiello, me l'hai fatta anche questa volta:

Non c'è che una stagione: l'estate.
Tanto bella che le altre le girano attorno.
L'autunno la ricorda, l'inverno la invoca, la primavera la invidia
e tenta puerilmente di guastarla.


Ennio Flaiano

mercoledì 15 novembre 2006

Ripieno d'acqua bollente

Appena sotto il davanzale della finestra, sulla ghisa, sono appoggiati due pupazzi, ciottolina e un dinosauro rosa (non Dino) abbastanza brutto, entrambi usciti da uova pasquali senza data. E poi c'è un pezzo di fodero della mia vecchia reflex, quello semi-rigido a copertura dell'obiettivo. Sulla sinistra, attaccata al pomello nero carbone, penzola una catenina d'oro con relativo crocifisso a ricordo dell'adolescenziale passione per Gesù Cristo, fu un dono dei miei genitori (la catenina d'oro, non Gesù Cristo) ed è impossibile che me ne liberi: sono troppo legato agli oggetti. L'amore platonico va bene cinque, dieci minuti. Poi ho bisogno della ciccia.

Nonostante il dono continuo del sole, l'inverno per me inizia adesso: con il termosifone della camera di nuovo contenente acqua bollente.

Che la festa cominci

Inizio il mio viaggio così, con questo altissimo esempio di sintesi. Senza una ben precisa ragione. Senza che pretenda di dirvi tutto di me in un lampo. Senza filtri comunque. Senza. Il con verrà di conseguenza.

Ajax: "Una cosa possiamo tirarla fuori da questa festicciola di Cyrus: una pelle con una fighetta nuova. Mi andrebbe un frego di sgusciarmi una di primo pelo."
Vermin: "Tu non pensi altro che a scopare, non è vero?"
Ajax: "Beh, che ti prende, stai sul frocio?"

(I guerrieri della notte - Walter Hill, 1979)