martedì 29 luglio 2008

You're my man

Se mai ci arriverò, chissà come sarò a 74 anni.

Ieri sera un’enorme zampa morbida d’orso ha avvolto la cavea dell’auditorium.
Leonard Cohen, in person.
Vestito, scarpe e gilet neri, camicia azzurra e cravatta assente con la giacca tolta alla prima imbracciata di chitarra. E poi il borsalino, nero anch’esso, a rispondere presente ancora una volta. Senza che vi sto a descrivere l'eleganza, che col vestiaro intendiamoci, a ben poco a che fare.

Si inizia con Dance me to the end of love e capisco subito che le perplessità sulla tenuta della voce le posso anche dimenticare:
la tonalità è ancora più bassa del solito, ma di un basso che viene dal pozzo, dal carbone più ardente presente nel camino, dalla pelle dell’animale più caldo sulla terra. Ed è un brivido ogni volta, ogni volta che il fiato sbatte contro il microfono, con il filo che si scioglie dal suo rotolo adagiato sul pavimento.

Sarà che ancora una volta mi costringono a star seduto (ok, non erano gli Iron Maiden ma voglio stare in piedi!) ma ci metto un po’ a scaldarmi, non entro in partita neanche con Hey, there’s no way to say goodbye, allora ci pensa il suono della campana di Anthem a farmi capire dove mi trovo realmente.
Subito dopo però, una pausa di 15 minuti che mi distrugge perchè ancora non so che il vecchietto dalle gambe esili e i piedi ritmanti suonerà per tre ore nette. Con la voce che guadagna in temperatura e tutta la cavea a evidente rischio ustione.
The future e poi Tower of song per spiegarci il segreto della vita stessa, che altro non è che un semplice dudu-dadada eseguito come un fiabesco carillon dalle "Sublime Webb Sisters", perfette a mai sopra le righe come tutta la band.

Suzanne - l'esecuzione clou della serata a mio avviso - cantata col trasporto e la consapevolezza dell'origine, del pezzo dal quale tutto ebbe inizio. Ripenso per un attimo alla folgorazione di Fabrizio prima che l’Halleluja meriti l’accensione del blubber e mi faccia ripiombare nella polvere di stelle.
Lo so, lo so che sei il mio uomo ma non posso far altro che chiederti di ripetermelo ripresentando la band per l’ennesima volta e con alzata di cappello sistematica.
Sisters of mercy, iniziata due volte perché gli anni sono quelli, e allora te lo puoi permettere di perderti una strofa come in spiaggia, intorno al fuoco. Perché quel falò sei tu.
Un’infinita serie di bis, a partire da So long, Marianne mio malgrado mozzata delle due strofe centrali ma riempita da un’abisso vocale che manco Tom Waits riuscirà mai a capire, per finire con una Closing Time di ridondante arrivederci saltellante.

Io c’ero ragazzi. E lo ricorderò. Mi sono inchinato per questo.

lunedì 28 luglio 2008

Frivolezze

In attesa che gli unni dell’adriatico invadano casa, ho deciso di dare una bella mazzata al mio pomeriggio ascoltando la last lecture di Randy Paush.

Per chi non lo sapesse, Randy Paush era un professore di informatica e di interazione uomo-macchina all’università di Pittsburgh.
Nel settembre 2006 gli viene diagnosticato un cancro al pancreas, morirà il 25 luglio del 2008.
“Come realizzare i sogni della vostra infanzia”, la sua ultima lezione, datata settembre 2007, è da ascoltare, vedere, mangiare.

La versione integrale (in inglese) si può vedere qui.
La traduzione, integrale anch'essa, è invece di qua.
(Consiglio di aprire due finestre e metterle una di fianco all'altra, per non perdersi niente, flessioni comprese)

Per i più pigri ci sono anche (registrati in un'altra occasione) dieci minuti sottotitolati. Meglio di niente. Anzi.

Col cuore da Cirello, siate felici. Divertitevi, dite grazie. E scusatevi quando necessario.

sabato 19 luglio 2008

Confessioni ubriacanti

Ieri notte, una voce improvvisa e sorridente, nel delirio della canonica festa estiva nel giardino di casa Gallit:

"Perché io odio l'Italia ma non gli italiani, è per questo che sto ancora qua porco dio, è tutta colpa vostra."

E poi via verso il tavolo alcolici.

giovedì 17 luglio 2008

Nella terra selvaggia

(autocitazione direttamente dalla tesi, così non mi sforzo)

Scrisse Jack Kerouac che un giorno del 1944, in Times Square a New York, fu avvicinato da tal Herbert Huncke, un hipster di Chicago, che gli disse: “Man, I am a beat”, attribuendogli il significato di battuto, stanco, depresso, sconfitto. Fu solo 10 anni dopo, che l’autore di Sulla strada, aiutato dalla fede buddista appena abbracciata, associò beat a beatitude allargando semanticamente il campo di significato del termine fino a comprenderne “beato”.

Non mi ero mai sentito battuto&beato all'uscita dal cinema. Ieri è successo. Con Into The Wild (Sean Penn, 2007).

"Prevedibile" mi hanno detto. Prevedibile? E che c'entra, che mi interessa della storia (vera peraltro, quindi se non è prevedibile una storia passata ditemi voi cos'è prevedibile), qui si sogna. Furbo proprio per la dichiarazione non celata di spingerti al brivido della libertà da cartolina?
Sincero.
Questo ho visto. Penn sembra crederci sul serio. E non voglio sentire pippe del tipo "è facile crederci con milioni di dollari in banca", che per quanto mi riguarda sono dichiarazioni stucchevoli alla pari di "hai i soldi quindi non puoi essere comunista".

Se mai mi leggeranno, ringrazio Eddie Vedder in trance da colonna sonora con l'inventore della chitarra infinita Michael Brook a fargli il controcanto con arpeggi da brividi.

Di fianco a me si piangeva dopo quell'autoscatto di Alex Supertramp col volto fluttuante e la schiena poggiata al magic bus, io invece avevo gli zigomi indolenziti, pur senza aver riso una sola volta (a parte la battuta dell'amico hippie sulla giovane chitarrista vogliosa), come drogato, in quella tipica situazione di estasi e del "no, non ho voglia di parlare adesso". E poi ti accorgi di guardare in alto, pure la luna piena ad abbracciare il chiacchiericcio di San Lorenzo ci mancava.

Allora stasera la schitarrata contro l'alemanniana legge bivacco avrà un senso in più, almeno per me, ormai da anni conscio del segreto (davvero son così saggio?), che forse si dovrebbe ancor di più, anzi sempre tirar fuori. Per travolgere tutti:

"La felicità è tale solo se condivisa."

mercoledì 16 luglio 2008

"A Gio', metti le pelli!"

Nella nuova pubblicità della Tim, una tipa (niente male peraltro, peccato non sia mora), dopo una nottata evidentemente birichina, invia a 500 persone un simpatico e per niente ansioso messaggio in cui dice di aspettare un bambino.
Alcune considerazioni alla luce delle informazioni di cui sopra:

1) La tipa, come minimo, è una gran troia.

2) Ipotizzando una notte tra le coperte relativamente breve, diciamo di sette ore, si evince che ogni rapporto (escludendo quindi eventuali doppiette e nonostante l'evidente abuso di sostanze) è durato in media 50,4 secondi.

3) Si sa "che tira più un..." però qui il maschio continua a non farci una gran figura , anzi, si conferma schiavo (spompato) della ghiandola mammaria.

4) A meno che la tipa non partorisca 500 figli si ipotizza una dura battaglia legale per stabilire la paternità dell'unico spermatozoo vincente.

5) A pensarci bene il numero può tranquillamente scendere a 499 perchè, nonostante l'evidente bravura della tipa, dubito che il vecchio dell'ultima inquadratura sia stato capace di una qualsiasi attività di conoscenza biblica.

6) La freschezza espressa dal volto della tipa, in aperto contrasto con le facce distrutte degli uomini, evidenzia senza fallo che la nostra amica altri non è che Natasha Henstridge di Species - Specie Mortale (Roger Donaldson, 1995).

7) A giudicare dal delirio dell'accampamento, i ragazzi devono aver assistito ad un magnifico concerto di Cesare Cremonini.

martedì 15 luglio 2008

Non c'ero

[...]
"Nella caserma di Bolzaneto non c'è stata alcuna tortura, è questo il boccone più amaro che devono mandare giù. La sentenza del tribunale di Genova dice soprattutto questo. «L'umiliazione, l'annientamento delle persone recluse» sono le parole usate da Ranieri Miniati durante la sua accorata requisitoria. «Un luogo dove per tre interminabili giorni sono stati sospesi i diritti umani». Poi il magistrato lasciò parlare i fatti, diede voce ai racconti dei testimoni, mai messi in discussione dai difensori degli imputati durante le 157 udienze di un processo durato due anni, durante il quale sono state ascoltate quasi quattrocento persone. Fu un racconto per stomaci forti. Il taglio di capelli di Taline Ender e Saida Teresa Magana, il capo spinto verso la tazza del water a Ester Percivati, lo strappo della mano di Giuseppe Azzolina, al quale sono stati divaricati anulare e medio fino a lacerare la carne; le ustioni con sigaretta sul dorso del piede a Carlos Manuel Otero Balado. E poi la marchiatura delle guance dei ragazzi giunti dalla scuola Diaz, la particolare foggia del copricapo imposto a Thorsten Meyer Hinrric, costretto a girare nel piazzale senza poterlo togliere, un cappellino rosso con la falce ed un pene al posto del martello. Tutto questo non è tortura, secondo la sentenza di ieri. Il reato non è previsto dal nostro ordinamento, lacuna alla quale proprio lo sdegno per quanto avvenuto a Bolzaneto fece per qualche tempo da propellente per un eventuale rimedio. Non esistendo una norma penale, l'accusa fu costretta a contestare agli imputati l'abuso d'ufficio, che sarà comunque prescritto nel 2009. Ieri, nel fitto sbarramento di numeri fatto dai giudici si è capito che l'articolo 323 del codice penale, quello che sancisce questo reato, non c'era. È stato riconosciuto l'abuso di autorità nei confronti dei detenuti, versione molto più attenuata del reato scelto per fare da succedaneo alla tortura. Ma gli imputati sono tutti assolti dalle aggravanti per i futili motivi e la crudeltà che avrebbero dovuto fare da corollario a questa accusa, e anche questo è difficile da mandare giù per chi è stato vittima di certi soprusi, come le ragazze minacciate di stupro «come in Kosovo», così urlavano gli agenti."


(Marco Imarisio, Corriere della Sera, 15 luglio 2008)

lunedì 14 luglio 2008

Aspettative

Poco fa, home page di Yahoo, prima notizia:

"Questa sera si accendono le luci su Rai 4, la free Tv del digitale terrestre pensata per i giovani."

- Primo pensiero di Cirello: "Ecco qua, un'altra merda."

- Secondo pensiero di Cirello: "Sarà colpa della Rai, dei giovani o di tutti e due?"

- Terzo pensiero di Cirello: "Ma chi sono i giovani?"

venerdì 11 luglio 2008

Chi porta i bonghi?

Finalmente sappiamo dove andare per sentire dal vivo quello che l'età ci ha impedito di fare. Alle Seychelles.

E' lì che Jim Morrison si starebbe godendo la sua vita suonando Battisti intorno al fuoco. Lo ha confessato Ray Manzarek in un intervista al Daily Mail.
Nello stesso quartiere o se preferite sulla stessa spiaggia, pare siano stati intravisti anche Lennon, Hendrix, Presley, John Bonham, Jeff Buckley, Chet Baker, Cobain, Michael Hutchence, Janis Joplin e l'originale di Keith Richards (tutti sanno che quello che vediamo non è altro che un volgare ologramma).

Io porto un po' di birre gelide e il canzoniere, non sia mai che scatti una Locomotiva cantata in coro.

venerdì 4 luglio 2008

Definizioni

Ero lì con Samantina lingua penzoloni e il tartufo in cerca di un angolo più privato di altri, quando in direzione opposta (Via del Pigneto, leggera discesa verso Piazza dei Condottieri), ecco arrivare ciondolanti una nonna con nipotina al seguito, mano destra della prima stretta nella sinistra della seconda:

- Bimba (in cerca della verità): "...e quindi che cos'è l'allarme?"
- Nonna (dispensando saggezza): "E' come un circuito di elettricità che quando sente qualcosa che non va, suona."