sabato 30 giugno 2012

Non mi uccise la morte

E' giunta alla fine la tristissima storia di Federico Aldrovandi. Con tutto quello che si portano dietro queste vicende. E le rispettive conclusioni. Col loro bel miscuglio di sfiducia, rabbia, spalle che scendono e piedi nervosi, mani che prudono e occhi sudati. E un po' di speranza, che se non ce la buttiamo dentro, si finisce strozzati dall'abbraccio della nostra inutilità e dal pensiero fisso, inchiodato come le cicatrici del sole, che l'homo sapiens, in fondo, ha fallito.

Allora cedo ancora una volta la parola alla moltitudine rappresentata da Spinoza. Coi sorrisi sempre più avari di zucchero.

lunedì 25 giugno 2012

Paperoga a centrocampo

Meglio il cucchiaio di Totti o quello di Pirlo?

(per non influenzare nessuno, vi ricordo che al rigore del pupone eravamo in doppio vantaggio, su quello dell'uomo appena sveglio, uno sotto)

venerdì 15 giugno 2012

"Giocala dietro, per Dio!"

Fondamentalmente, per vincere al giuoco del pallone, ci vorrebbe uno che faccia gol. Tipo un'attaccante, per esempio.

Proprio questo si provava umilmente a dire a Gianluigi Buffon all'indomani della sua uscita su biscotti, morti e feriti: non si dice, anche se malauguratamente si pensa, che nel calcio è normale fare due conti quando un risultato serve a entrambe le squadre. Perché ora è atrocemente facile fargli notare che non ci sarebbe una sola buona ragione, se tutti ragionassero così, per essere sicuri che quei "due conti" di cui parlava non li facciano Spagna e Croazia, magari pure con qualche sghignazzata. E appellarsi alla fama dei giocatori spagnoli "che non possono permettersi di farsi ridere dietro dal mondo con un 2-2" è purtroppo puerile, una nuova maldestra teoria: solo i calciatori tristi che non hanno vinto mai si mettono dunque d'accordo per i pareggini, quando serve? Solo loro pensano "meglio due feriti che un morto?" Solo i poveri hanno l'inconfessabile diritto a darsi una mano? Il rispetto della lealtà sportiva che impone di dare sempre il massimo è un'esclusiva dei campioni? Si misura con l'ingaggio?

Esiste invece, vogliamo ostinatamente crederlo, un'altra speranza a cui affidarsi per evitare il bis delle coliche di bile del 2004, quando svedesi e danesi fecero i due conti che produssero l'eliminazione azzurra e la loro qualificazione a braccetto. E' la semplice, retorica, invecchiata e maltrattata legge dello sport: quella che dice che chi lo pratica lo fa per confrontarsi e possibilmente per vincere, perché vincere dà fama, dà soldi, dà prestigio, dà un senso alle fatiche degli allenamenti. E vincere dà soprattutto gusto. Gli spagnoli, per esempio, che sono innamorati del loro calcio, forse sono più lontani dalla logica di morti e feriti di quanto pensiamo, anche se ora non faremo altro che ricordare loro cose come il rispetto dei valori, l'etica, la lealtà: tutte materie in cui l'Italia si è d'altra parte guadagnata una credibilità che è sotto gli occhi di tutti, con i derby truccati, i rigori concordati tra portiere e centravanti, le mazzette negli autogrill e negli spogliatoi, le calciopoli e le scommettopoli.

E allora sarebbe forse meglio fare altre cose, più sagge: stare zitti. Allenarsi. Pensare all'Irlanda e cercare di vincere almeno una benedetta partita, una che sia una. E sperare poi che la lezione di sportività, invece di darla noi con le parole, arrivi dagli altri con i fatti. L'ennesima lezione che purtroppo, però, non riusciamo mai a imparare.


Aligi Pontani

mercoledì 13 giugno 2012

Un sorriso che sa

Me ne stavo lì, al sole e con l'asciugamano sulle spalle, i piedi insabbiati ad ascoltare il friccicorio che solo i primi raggi sulla pelle sanno dare. Immobile a fissare quel sole altissimo del profondo sud, che proprio non ne vuol sapere di buttarsi a dormire tra le onde.
Così, con una birra tra le mani, ho pensato che la felicità non fosse poi così distante.

venerdì 1 giugno 2012

M'hanno preso l'anima...

Io so' De Chirico
dico in senso simbolico
c'ho un controllo diabolico
quasi artistico
del mio stato psicofisico
e se hai capito, mo' traducilo. 


(da Testardo - Daniele Silvestri) 

Per un sorriso col sole che entra, riempiendo lo zaino alla rinfusa. Ché tanto fa caldo, non c'è troppo da scegliere il tessuto. Al limite ricordarsi il costume.
Mentre la Brizzolata attende con la pazienza da leopardo, la vedo da quassù.