giovedì 23 maggio 2013

Come un cane senza un osso

Generalmente, dopo un paio di Negroni sul groppone, si partiva con l'idea fissa di una mugnaia in bianco, ossia mantecata in padella con aglio e peperone dolce. Una sicurezza.

Per il secondo, dopo aver accettato qualche antipastino “senza esagerare” (quando è periodo, con del pane abbrustolito condito dal verde olio di prima spremitura), ci si faceva consigliare dal buon Gianni - impeccabilmente vestito in abito scuro di un paio di taglie superiori – sempre prodigo nell'elencare la classica tagliata, una fiorentina, del maialino “appena fatto”, la lepre, col sugo della quale si erano condite le pappardelle, del succulento formaggio alla brace e via discorrendo. Il tutto accompagnato da un paio di vassoi di patate, altrettanti di misticanza e del vino sfuso di Valentini, serviti con la consueta bonarietà da Renato “noi giovani”.

Ma non preoccupatevi, non fatevi ingannare dai verbi al passato: Gianni e Renato “della Bilancia” sono ancora al loro posto. Come La Bilancia, del resto. E inevitabilmente anche il generosissimo e vulcanico (…) patron Sergio.

Dicevo così, per raccontare cosa succedeva nelle nostre teste durante la mezzoretta che ci separava dalla destinazione – scavallando la collina passando per Cappelle, facendoci beffe della "tigre dell'autoradio", per poi proseguire su di una strada diritta come una freccia, città addormentate, niente traffico e il rapido della Union Pacific che ci restava indietro nel chiaro di luna - in una macchina, la mia (anzi, di mia madre), sempre stipata all'inverosimile dai corpicini di passeggeri mai sotto i 90 chili. Tutti fumatori incalliti.

All'andata, praticamente in tutte le trasferte, non si poteva rinunciare ad Alabama Song (ascoltata, riavvolta, ascoltata e riavvolta a piacimento del Sig. Valdoni, sempre con il medesimo entusiasmo dei passeggeri); e da Riders on the Storm, nel boccheggiamento del ritorno. Entrambe sputate da una musicassetta (Basf, se non ricordo male) con il nastro prossimo allo sfinimento e dal fruscio ormai diventato parte integrante della partitura.

Insomma, se non si era capito, questo era il mio mestissimo omaggio ad uno dei nomi più belli della storia del rock, Ray Manzarek, che continuerà a suonare il suo organo perennemente sotto acido (ora, il fatto che non si capisca se sia lui o l'organo ad essere sotto acido, è una cosa voluta dallo scrivente), anche se non a Venice Beach. Dove la mugnaia non sanno manco cos'è, poveri loro.

giovedì 16 maggio 2013

Con i chiodi negli occhi

Sarà che vivrei sempre in infradito, sarà che una bella birra ghiacciata tra le mani con le gocce dell'ultimo bagno ancora tra capelli si spiega solo con un sorriso ebete, sarà che alba e tramonto hanno più senso se nascono e scompaiono su quel confine condiviso a forza di carezze, sarà che troppi indumenti addosso mi danno fastidio, sarà che ne ho un rispetto quasi patologico da sfociare nella paura, sarà che è assurdo pensare che sotto di te ci possano essere chilometri e degli animali molto più simili a lampadine che a pesci, sarà pure che il grigiore dell'inverno ha più senso se si guardano le onde che schiaffeggiano gli scogli e rimboccano le ultime spiagge, sarà che i ricordi veri sono sempre da quelle parti e che mi ci innamoro spesso, sarà che lo iodio fa bene ai bambini e pure alle donne, sarà che non mi ci abituerò mai, sarà che i marinai gli ho sempre visti come degli dei armati di coraggio e fantasia, sarà che le telline mica le puoi prendere tra muschi e licheni. Sarà che guardando un po' più in là dei propri piedi, si capisce che unisce e non divide.

Sarà.

Sarà per tutto questo che le tragedie di mare mi segnano sempre molto. Mi stracciano le vele e abbattono l'albero maestro. E va bene che la mia corazza è fine come la carta forno, ma in questi casi non terrebbe neanche quella di Terminator. Allora mi commuovo. Pensando a chi di mare e col mare voleva viverci e magari morirci con le rughe sulle mani e invece s'è ritrovato intrappolato nel cemento.

E tutto questo a Genova poi, con Crêuza de mä a vegliare su tutti.
Così, m'immergo in quel meraviglioso saluto del porto e dei suoi abitanti a De Andrè, sporcato solo dagli applausi di chi non capisce o ha paura di rompere gli argini.
E penso che, quando sarà, ne vorrei anche io uno così, ma non sarò stato abbastanza coraggioso da meritarlo.

lunedì 13 maggio 2013

Mi dia del lei

Roma, esterno giorno. Il giovane Cirello si aggira, testa alta e birra in pugno, fuori dal bar dell'Angelo Mai.
Due bambini stanno giocando a "passaggi e tiri in porta" con i bidoni della monnezza a far da pali.

Bambino: - "Mi scusi, ma lei ha giocato il torneo del 25 aprile?"
Cirello: - "Al Pigneto? Sì."
B: - "E avete pure vinto, ve'?"
C:  -"Eh sì..."

Sono queste le cose belle della vita, tipo la primavera che si accomoda tra le vie.

venerdì 10 maggio 2013

Divani, brande e birre

La bellezza di sapere che casa tua è un porto sicuro per viandanti stanchi e assetati, viene fuori ogni volta che si fa la conta degli spazzolini rimasti a far salotto nel bicchiere di fianco lo specchio del bagno.
Nella ricognizione di ieri, ad esempio, si è scoperto che nessuno degli otto spazzolini presenti apparteneva ad un membro della casa.

giovedì 9 maggio 2013

Con la vanga d'oro

"E' morto Giulio Andreotti. Finalmente disponibili i coperchi."
(da Spinoza.it)

Non male l'idea del CONI, quella del minuto di silenzio per Andreotti, dico.
Cioè, non si sono toccate vette di sbigottimento come la concessione dei funerali di stato a Mike Bongiorno, però c'è da dire che, insomma, nonostante il buio degli ultimi anni, si può dire che Giulio (lui sì) come minimo "se l'andava cercando".

C'ho pensato un po' e alla fine credo che l'abbiano fatto consapevolmente, proprio per fargli prendere una bordata di fischi e qualche vaffanculo. Dai su, ho capito che "il potere logora chi non ce l'ha" (ma inevitabilmente corrompe chi lo possiede), però non penso proprio si aspettassero che gli spettatori dedicassero un silenzio composto ad un colpevole di associazione a delinquere (di stampo mafioso, se fosse esistito il reato). Ma neanche una standing ovation tipo su Born to Run o un fiume di accendini accesi (o dovrei dire telefoni?) sulle note di Albachiara.

Forse se ne starà stato zitto Bruno Vespa, che l'aveva inspiegabilmente dichiarato innocente su Rai Uno. O probabilmente neanche lui. In fondo, da buona vela qual è, sarà in attesa di capire da dove soffi il vento.

Infine, mi chiedo se stiamo scavando oppure no e mi rispondo che almeno, al tempo, in tribunale ci si andava e ci si faceva processare, mica come adesso, dove l'imputato manda le sue pecore a manifestare come studentelli durante le occupazioni fatte di canne e limonate (e non intendo le spremute). Anzi, all'epoca arrivava la Digos e ci si poteva pure divertire. Lì manco più quella. E sprofondiamo di tristezza.