Nel delirio generale della vicenda dei due fucilieri della marina italiana, è disarmante notare come, anche dall'India, ci debbano spiegare una cosa apparentemente sacrosanta in uno stato di diritto: la separazione dei poteri.
Principio evidentemente messo in discussione da questi ultimi vent'anni, che trovano l'acme nella manisfestazione di piazza in corso adesso, in cui si sostiene, di fatto, l'improcessabilità di una persona.
Così, al giornalista che gli domandava come mai il ministro degli Esteri
Salman Khurshid avesse rassicurato l'Italia sul fatto che i due marò non
rischiano la pena di morte, il Ministro della Giustizia Ashwani Kumar ha risposto: "Come può il potere
esecutivo dare garanzie sulla sentenza di un tribunale?"
Semplice, no?
sabato 23 marzo 2013
giovedì 21 marzo 2013
Se solo immaginasse la vergogna
Niente, lo confesso. Confesso che, senza pensarci più di tanto, ho appena mandato una mail con questo oggetto:
"Ecco l'img per il link bio dalla home."
E vi giuro che no, purtroppo non c'era dietro un'idea di supercazzola.
"Ecco l'img per il link bio dalla home."
E vi giuro che no, purtroppo non c'era dietro un'idea di supercazzola.
martedì 19 marzo 2013
M'incontro solo
Come immagino molti di voi, anche io, oltre a cantare (ballare no, ma quello manco in compagnia), parlo da solo.
Per dire, poco fa, mentre il sole entrava, Samantina puliva il pavimento dalla briciole di pane e Homer cercava di mandare a monte il matrimonio di Apu e Manjula travestendosi in maniera improponibile da Ganesh, mi sono ritrovato a dire:
"Ottimo Cirè, cottura degli spaghetti perfetta."
Poi ho sentito un muso indagatore guardarmi, sormontato da due giganti orecchie in posizione interrogativa. E niente, era troppo piccante per dagliene due fili.
Per dire, poco fa, mentre il sole entrava, Samantina puliva il pavimento dalla briciole di pane e Homer cercava di mandare a monte il matrimonio di Apu e Manjula travestendosi in maniera improponibile da Ganesh, mi sono ritrovato a dire:
"Ottimo Cirè, cottura degli spaghetti perfetta."
Poi ho sentito un muso indagatore guardarmi, sormontato da due giganti orecchie in posizione interrogativa. E niente, era troppo piccante per dagliene due fili.
lunedì 18 marzo 2013
Qualcosa di simile
Una vigna ben lavorata è come un fisico sano, un corpo che vive, che ha il suo respiro e il suo sudore. E di nuovo, guardandomi intorno, pensavo a quei ciuffi di piante e di canne, quei boschetti, quelle rive - tutti quei nomi di paesi e di siti là intorno - che sono inutili e non danno raccolto, eppure hanno anche quelli il loro bello - ogni vigna la sua macchia - e fa piacere posarci l'occhio e saperci i nidi.
Le donne, pensai, hanno addosso qualcosa di simile.
(La luna e i falò - Cesare Pavese, 1950)
Le donne, pensai, hanno addosso qualcosa di simile.
(La luna e i falò - Cesare Pavese, 1950)
venerdì 15 marzo 2013
Quel che non mi manca
Ti ritrovi ad ascoltarla nel cazzeggio più totale, suonata bene e cantata male, con il gomito poggiato su di un bancone che ti separa da qualcosa molto lontano dall'idea di bar.
E mi convinco ancor di più che in De Andrè, alla fine, il concetto di canzone minore, non esiste.
E mi convinco ancor di più che in De Andrè, alla fine, il concetto di canzone minore, non esiste.
martedì 12 marzo 2013
Ribbons of euphoria
Come tutti gli ex adolescenti sanno, ad una certa età si iniziano ad apprezzare cose un tempo nascoste dall'irruenza e dalla scarsa capacità critica tipiche della gioventù: la supremazia del cioccolato fondente su quello al latte, ad esempio. O del culo sulle tette.
Allora, pensandoci, posso dire di aver finalmente interiorizzato cosa mi facesse amare Bold as Love più degli altri leggendari brani (tipo l'intro etereo di Little Wing o la meraviglia di malinconia che è Castle Made of Sand) contenuti nello stesso album (Axis: Bold as Love - Jimi Hendrix, 1967).
Non era il Viola, né tantomeno il Blu, il Turchese da grembiule o il Giallo da canarino. L'arancione figuriamoci, non mi ha mai fatto impazzire.
Il Rosso, invece. Spavaldo, rotondo e audace (come l'amore).
Così, in un pomeriggio diverso dagli altri, ho capito cosa donasse ai nastrini tutta quell'euforia: il fiocchetto.
Allora, pensandoci, posso dire di aver finalmente interiorizzato cosa mi facesse amare Bold as Love più degli altri leggendari brani (tipo l'intro etereo di Little Wing o la meraviglia di malinconia che è Castle Made of Sand) contenuti nello stesso album (Axis: Bold as Love - Jimi Hendrix, 1967).
Non era il Viola, né tantomeno il Blu, il Turchese da grembiule o il Giallo da canarino. L'arancione figuriamoci, non mi ha mai fatto impazzire.
Il Rosso, invece. Spavaldo, rotondo e audace (come l'amore).
Così, in un pomeriggio diverso dagli altri, ho capito cosa donasse ai nastrini tutta quell'euforia: il fiocchetto.
venerdì 8 marzo 2013
Le bombe come neve
Leggo questa notizia e inevitabilmente mi rivedo canterino e pedalante a girare di giorno per quelle vie di odori che resistono, alle mai troppe Peroni sotto al pergolato di Marani, o al caffè a 60 centesimi al Bar dei Sanniti, piacevole consuetudine prima dei cazzotti. O quando, dopo la meraviglia del Mandrione che sbuca sulla Tuscolana, ti ritrovi a Cinecittà, anche se non di domenica.
lunedì 4 marzo 2013
And here comes emptiness crashing in
Non che c'entrino molto, o forse sì, perché sempre di vita si tratta. Insomma, mentre ascoltavo questa,
Yesterday seems like a life ago
Cause the one I love
Today I hardly know
You I held so close in my heart oh dear
Grow further from me
With every fallen tear
Yesterday seems like a life ago
Cause the one I love
Today I hardly know
You I held so close in my heart oh dear
Grow further from me
With every fallen tear
Anticipando il probabile duello finale dei prossimi
mesi, Grillo ha attaccato Renzi dandogli della «faccia come il c.» (in
comproprietà con Bersani) e del «politico di professione». Per lui e per
una parte dei suoi elettori le due definizioni sono sinonimi. Tralascio
ogni giudizio sull’uso del turpiloquio, uno dei tanti lasciti di questo
ventennio che ancora prima delle tasche ci ha immiserito i cuori,
portandoci a considerare normale e persino simpatico che un leader
politico si esprima come un energumeno. Ma vorrei sommessamente
segnalare che essere professionisti della politica non è una vergogna né
una colpa. E’ colpevole, e vergognoso, essere dei professionisti della
politica ladri e incapaci.
In questi ultimi decenni ne abbiamo avuti un’infinità e la stampa porta il merito ma anche la responsabilità di averli resi popolari, preferendo esibire i fenomeni acchiappa audience piuttosto che il lavoro serio ma noioso di tanti membri delle commissioni parlamentari.
Dando agli elettori la percezione che tutti i politici fossero uguali a Fiorito o a Scilipoti e che chiunque potesse fare meglio di loro. Non è così. Il «chiunquismo» è una malattia anche peggiore del qualunquismo e porta le società all’autodistruzione. Questa idea che tutti possono fare politica, scrivere articoli di giornale, gestire un’azienda o allenare una squadra di calcio è una battuta da bar che purtroppo è uscita dai bar per invaderci la vita e devastarcela.
A furia di vedere buffoni e mediocri nelle foto di gruppo della classe dirigente, ma soprattutto di vedere ovunque umiliata la meritocrazia a vantaggio della raccomandazione, siamo sprofondati in un’abulia che ci ha indotti ad accettare senza battere ciglio ogni sopruso e ogni abuso antidemocratico (a cominciare dai partiti padronali e da una oscura rockstar del capitalismo come presidente del Consiglio). E ora che ci siamo svegliati, per reazione vorremmo buttare tutto all’aria, convinti che per fare politica bastino un ideale e una fedina penale intonsa. Non è vero. Gli ideali e l’onestà sono la base per distinguere i buoni leader dai cialtroni che ci hanno ridotto in questo stato. Ma la politica è anche un mestiere con regole precise: l’attitudine all’ascolto, la conoscenza della materia trattata e delle procedure legislative, la capacità di giungere a una sintesi che in democrazia è quasi sempre un compromesso tra diversi egoismi, come ben sa chiunque abbia frequentato un’assemblea di condominio. Era così ai tempi di Pericle e delle lavagnette di creta. Lo rimarrà nell’era di Grillo e del web, con buona pace di chi pensa che la democrazia diretta possa abolire il filtro della rappresentanza. I rimpianti Cavour e De Gasperi non erano dilettanti o improvvisatori. Erano politici di professione, come lo è oggi un Obama.
Il fatto che queste ovvietà suonino eretiche testimonia l’abisso di confusione in cui ci dibattiamo. La politica, se fatta bene, è una cosa dannatamente difficile e seria, specie in giorni come quelli che ci attendono, quando si tratterà di rimettere in piedi un Paese economicamente e moralmente allo stremo. Da cittadino di una democrazia malata sarei più sereno se a occuparsi dell’infermo fossero persone selezionate da un meccanismo che garantisse scelte autorevoli. E qui già vedo un ghigno profilarsi sul volto di Grillo: i partiti sono morti, incapaci di formare una classe dirigente. Ma allora bisogna immaginarne di nuovi, diversamente strutturati. Di certo il futuro non può essere affidato a miliardari e magistrati fai-da-te. Può anche darsi che la soluzione siano movimenti di persone perbene agglomerati dal web come i Cinque Stelle, ma dovranno risolvere l’intima contraddizione fra la trasparenza della base e l’oscurità della catena di comando. A cosa serve accendere una webcam in Parlamento se poi l’ufficio della Casaleggio & Associati, in cui si scrivono le regole e si decide la strategia, rimane ostinatamente al buio?
Massimo Gramellini (La Stampa, 2 marzo 2013)
In questi ultimi decenni ne abbiamo avuti un’infinità e la stampa porta il merito ma anche la responsabilità di averli resi popolari, preferendo esibire i fenomeni acchiappa audience piuttosto che il lavoro serio ma noioso di tanti membri delle commissioni parlamentari.
Dando agli elettori la percezione che tutti i politici fossero uguali a Fiorito o a Scilipoti e che chiunque potesse fare meglio di loro. Non è così. Il «chiunquismo» è una malattia anche peggiore del qualunquismo e porta le società all’autodistruzione. Questa idea che tutti possono fare politica, scrivere articoli di giornale, gestire un’azienda o allenare una squadra di calcio è una battuta da bar che purtroppo è uscita dai bar per invaderci la vita e devastarcela.
A furia di vedere buffoni e mediocri nelle foto di gruppo della classe dirigente, ma soprattutto di vedere ovunque umiliata la meritocrazia a vantaggio della raccomandazione, siamo sprofondati in un’abulia che ci ha indotti ad accettare senza battere ciglio ogni sopruso e ogni abuso antidemocratico (a cominciare dai partiti padronali e da una oscura rockstar del capitalismo come presidente del Consiglio). E ora che ci siamo svegliati, per reazione vorremmo buttare tutto all’aria, convinti che per fare politica bastino un ideale e una fedina penale intonsa. Non è vero. Gli ideali e l’onestà sono la base per distinguere i buoni leader dai cialtroni che ci hanno ridotto in questo stato. Ma la politica è anche un mestiere con regole precise: l’attitudine all’ascolto, la conoscenza della materia trattata e delle procedure legislative, la capacità di giungere a una sintesi che in democrazia è quasi sempre un compromesso tra diversi egoismi, come ben sa chiunque abbia frequentato un’assemblea di condominio. Era così ai tempi di Pericle e delle lavagnette di creta. Lo rimarrà nell’era di Grillo e del web, con buona pace di chi pensa che la democrazia diretta possa abolire il filtro della rappresentanza. I rimpianti Cavour e De Gasperi non erano dilettanti o improvvisatori. Erano politici di professione, come lo è oggi un Obama.
Il fatto che queste ovvietà suonino eretiche testimonia l’abisso di confusione in cui ci dibattiamo. La politica, se fatta bene, è una cosa dannatamente difficile e seria, specie in giorni come quelli che ci attendono, quando si tratterà di rimettere in piedi un Paese economicamente e moralmente allo stremo. Da cittadino di una democrazia malata sarei più sereno se a occuparsi dell’infermo fossero persone selezionate da un meccanismo che garantisse scelte autorevoli. E qui già vedo un ghigno profilarsi sul volto di Grillo: i partiti sono morti, incapaci di formare una classe dirigente. Ma allora bisogna immaginarne di nuovi, diversamente strutturati. Di certo il futuro non può essere affidato a miliardari e magistrati fai-da-te. Può anche darsi che la soluzione siano movimenti di persone perbene agglomerati dal web come i Cinque Stelle, ma dovranno risolvere l’intima contraddizione fra la trasparenza della base e l’oscurità della catena di comando. A cosa serve accendere una webcam in Parlamento se poi l’ufficio della Casaleggio & Associati, in cui si scrivono le regole e si decide la strategia, rimane ostinatamente al buio?
Massimo Gramellini (La Stampa, 2 marzo 2013)
sabato 2 marzo 2013
Ha un nome che fa paura
E' morto a 95 a Roma, dov'era nato il 2 settembre 1917, il maestro
Armando Trovajoli. Si è spento nella sua città qualche giorno fa, ma la
notizia è stata resa pubblica dalla moglie Mariapaola solo oggi:
"Ho rispettato fino all'ultimo le volontà di un uomo schivo, che non amava presenzialismi, né applausi. Non voleva pubblicizzare la sua morte né i suoi funerali e voleva essere cremato. Solo ora che è stato fatto tutto posso dare la notizia", ha detto.
Insomma, le doti di base che dovrebbe avere un politico. E non parlo della cremazione.
Ciao Armando.
"Ho rispettato fino all'ultimo le volontà di un uomo schivo, che non amava presenzialismi, né applausi. Non voleva pubblicizzare la sua morte né i suoi funerali e voleva essere cremato. Solo ora che è stato fatto tutto posso dare la notizia", ha detto.
Insomma, le doti di base che dovrebbe avere un politico. E non parlo della cremazione.
Ciao Armando.
Quanto costa la baracca?
"La corruzione è ciò che ci fa vincere."
Riassumendo: se viene accusato prima, si vuole condizionare l'esito elettorale, se viene accusato dopo, si tenta di ribaltarlo.
Insomma, l'immaginifico è di fatto improcessabile. Non che si sia mai presentato in tribunale, intendiamoci, però si può dire che con quest'ultima vicenda, ci si avvicini a chiudere il cerchio del "noi non siamo perseguibili per legge", peraltro incitando il popolo ad una sorta di rivolta di piazza contro la magistratura. Mica un ponte o un'autostrada qualsiasi.
E quindi, dopo D'Alema (più tutti quelli che si sono succeduti) e il papa, Moretti c'ha di nuovo azzeccato. O meglio, speriamo che il popolo non sia così bue. Anche se alla fine so vent'anni che ci spero.
Riassumendo: se viene accusato prima, si vuole condizionare l'esito elettorale, se viene accusato dopo, si tenta di ribaltarlo.
Insomma, l'immaginifico è di fatto improcessabile. Non che si sia mai presentato in tribunale, intendiamoci, però si può dire che con quest'ultima vicenda, ci si avvicini a chiudere il cerchio del "noi non siamo perseguibili per legge", peraltro incitando il popolo ad una sorta di rivolta di piazza contro la magistratura. Mica un ponte o un'autostrada qualsiasi.
E quindi, dopo D'Alema (più tutti quelli che si sono succeduti) e il papa, Moretti c'ha di nuovo azzeccato. O meglio, speriamo che il popolo non sia così bue. Anche se alla fine so vent'anni che ci spero.