I don't know just where I'm going
Goodnight ladies
ladies goodnight
It's time to say
goodbye, let me tell you, now.
Luglio 2007. Avevo da qualche tempo smesso di collaborare con quell'agenzia, troppi sbattimenti per una paga da fame (anche se l'immagine usciva in prima, rigorosamente senza firma) e per cosa, poi? Per fotografare 10 grammi d'erba sequestrati dal commissariato di Casal Palocco, Veltroni che scopriva targhe, assessori alle prese con inaugurazioni fasulle, conferenze stampa piene di nulla e ingiaccravattati insulsi.
Così, quando mi ritrovai a fotografare
Montezemolo, Fiorello e Abete all'apertura dell'anno accademico
della LUISS, capii che ne avevo avuto abbastanza. O forse non fu
neanche colpa loro, ma dei tipici studenti dell'università di cui
sopra - Tod's, camicie e maglioncini sulle spalle - che facevano
avanti e indietro tra il bar e il locale di Radio LUISS (ebbene
sì...), dj dal vivo con tanto di vetrata vista pulzelle in sfilata
sui tacchi. E lo spirito di Brandon Walsh nel portafogli.
Insomma, dal mio punto di vista, i miei ex datori di lavoro mi dovevano qualcosa (tralasciando alcuni compensi tuttora
mai corrisposti): inviai una richiesta
di accredito all'auditorium, con in calce, come firma, tutti i dati dell'agenzia di
cui sopra, copiati e incollati da una mail di tempo prima.
Nonostante una marea di paranoie e la
sensazione di essere seguito dai servizi segreti di tutti gli stati
mondiali, Mossad in testa, il 6 luglio mi presentai con congruo
anticipo rispetto all'orario di inizio, ritirai l'accredito e con una chiara sensazione d'invincibilità, prima di entrare, mi scolai un
paio di birre al bar. Ghiacciate.
Ascoltate le raccomandazioni di rito
(no flash, si può scattare solo nei primi minuti), accredito in
bella vista come un gioiello al ballo delle debuttanti, mi accomodai in prima
fila, leggermente defilato rispetto all'asta del microfono.
Assolto per pochi secondi il mio finto dovere di
fotografo, ascoltai in trance un concerto meraviglioso (“It's a
masterpiece! E' un capolavoro!”, gridò un matto poche file
dietro) e poco prima dei bis (come la ricordo, quella Sweet Jane!), tirai di nuovo fuori la macchina.
Mi alzai.
E scattai questa foto.
Ciao Lou, per dirla con Patti (che
suppongo ignori quante volte il banana album abbia accompagnato i
miei letti d'amore): “ti sono in debito”.