mercoledì 6 giugno 2007

Pescara

Dentro l'acqua di questo torrente
così limpida e veloce scenderò,
fino a quando la mia montagna,
fino a dove questa montagna
si farà pianura,
molto lontano da questo cielo
così vicino che lo puoi toccare,
fino al punto esatto,
fino al punto dove
il fiume accarezza il mare,
ma chissà
dove il fiume incontra il mare.


(Il viaggio, in Il valzer di un giorno - Gianmaria Testa, 2000)

4 commenti:

Anonimo ha detto...

Sono nato a Pescara in un 1910 così lontano e pulito che mi sembra di un altro mondo
Mio padre commerciante, io l’ultimo dei sette figli della sua seconda moglie, Francesca, una donna angelica che le vicende familiari mi fecero conoscere troppo poco e tardi. A cinque anni fui mandato nelle Marche, a Camerino, presso una famiglia amica, che si sarebbe presa cura di me. Vi restai due anni. A sette anni sapevo fare un telegramma. Ho fatto poi anni di pensionato e di collegio in altre città, Fermo, Chieti, Senigallia, persino Brescia, nel 1922. Il 27 ottobre dello stesso anno partivo per Roma, collegiale, in un treno pieno di fascisti che "facevano la Marcia". Io avevo dodici anni ed ero socialista. A Roma divenni un pessimo studente e arrivai a stento alla facoltà di architettura, senza terminarla, preso dal servizio militare e dalle guerre alle quali fui chiamato a partecipare, senza colpo ferire. Tuttavia, Roma è la mia vera città. Talvolta posso odiarla, soprattutto da quando è diventata l’enorme garage del ceto più medio d’Italia. Ma Roma è inconoscibile, si rivela col tempo e non del tutto. Ha una estrema riserva di mistero e ancora qualche oasi. A Roma, da giovane, ho trascorso anni in giro, la notte, col poeta Cardarelli e Guglielmo Santangelo, due maestri di indignazione e di vita. A Roma ho conosciuto i primi scrittori, i primi artisti, i giovani che facevano la fame le donne che ci facevano compagnia.

ennio flaiano (pescara 1910 - roma 1972)

Anonimo ha detto...

Oh chietino, dopo tanto
hai la tua soddisfazione.
Da 30 anni rosicavi
senza pace o remissione.
Te ne stavi sconsolato
dallo scalo a filippone
passeggiando nella villa
del paese camomilla.
La tristezza ti assaliva
per il tempo invan trascorso
nella noia piu' profonda,
corso,piazza,piazza e corso.
Miserevole esistenza
ogni giorno e' sempre uguale
se la vita scorre piatta
e le cose vanno male.
Quando il tempo non ti passa
nel grigiore piu' totale
non c'e' ormai nessun rimedio
e cammini a coccia bassa!!!
Tu la gioia non sai cos'e'
il sorriso non conosci
oh chietino miserabile
e' per questo che ti angosci.
Della terra non sapevi
le dolcezze che procura
la tua vita era un disastro
Oh matrigna la natura
che ti volle cittadino
di chi un tempo fu teate
ma per forza del destino
or le cose son cambiate.
Ora sei solo chitino,
senza vanto e senza gloria,
perche' ad altri e' riservato
il futuro della storia.
Questo tu non lo sopporti
e l'ividia ti divora
ma dovresti pur saperlo
il progresso ormai t'ignora.
Ora sei solo chitino
in Abruzzo il piu' sfigato
triste solo e senza vita
compatito ed ignorato.
Anche chi come e' pur giusto
ti dovrebbe star vicino
ha abbracciato con amore
la bandiera col delfino.
E da Francavilla a Ortona
da San Salvo a Sambuceto
tu non trovi una persona
che vi stimi,anche per sbaglio
perche' siete solamente
dilettanti allo sbaraglio.
Ma anche tanti tuoi paesani
meno ottusi ed invidiosi
ricalavano dal colle
in quegli anni assai gloriosi
non perdendo l'occasione
tutti fieri ed orgogliosi
di tradire i neromerdi
e tifare il Galeone
Ora dici che di Achille
tu sei il figlio prediletto
ma il tuo caro genitore
assistendo al tuo declino
da laggiu',dall'oltretomba
ti ripudia con livore
e imprecando e bestemmiando
si rivolta nella tomba.
Tu ci chiami pesciarolo
ma la cosa a noi ci piace
noi ti siamo superiori
e per questo non hai pace
Puoi chiamarci come vuoi
ma non hai nessun appiglio
e percio' caro chitino
senti questo mio consiglio.
Senza boria o presunzione,
te lo dico con affetto,
come fosse padre a figlio:
taci e Portaci Rispetto.
Quando il Sabato ricali
e abbandoni il tuo paesello
ti rivesti da cafone
e ti metti pure "il gello".
La citta' ti piace tanto
pero' tu ti trovi male
perche' non sei abituato
al suo ritmo assai vitale.
E ti trovi un po' a disagio
provocando grandi ingorghi,
abituato al tuo trattore,
e guidando troppo adagio.
Poi di sera che figura,
senza aver battuto un chiodo,
tu mi intasi il lungomare
per cercare almeno il modo
di sconfiggere l'arsura,
e ridurre il tuo divario
in spasmodica ricerca
di un amore mercenario
A Pescara c'e'anche questo
e oltre a questo c'e' di tutto.
Qui c'e' vita c'e' speranza
ogni voglia e' garantita
in qualsiasi circostanza
Ma nessuna ti si caca
il bottone non si attacca
pure oggi e' andata buca
e la voglia non si placa.
E facendoti idee strane
con lo sguardo da arrapato
metti mano al portafoglio
e te ne vai con le puttane.
Ed e' questa la tua sorte
stare sempre tra i perdenti
ieri oggi e poi domani
tu lo prendi mbacc ai denti.
Ora hai vinto una partita
e' arrivato il tuo momento
la rivalsa di una vita
dopo anni di tormento.
Ma vedrai non e' finita
la realta' non e' cambiata,
la tua vita non migliora,
ed il calcio non riscatta
l'esistenza disgraziata.
E' rimasta molto indietro
la citta' a te tanto cara
e la gente ti domanda:
"Ma e' Provincia di Pescara?"

Questo lungo poema, dedicato agli odiati cugini neroverdi del Chieti, è stato scritto l'anno scorso in occasione del derby Chieti-Pescara terminato con la vittoria dei teatini, per ribadire che non basta una fortunosa vittoria per acquisire la supremazia territoriale.

"brush"


montelli

Anonimo ha detto...

scusate...scritto non l'anno scorso, ma almeno 4 anni fa!!!

Sor Vichi ha detto...

"Lu sabbate assere fì la calate,
le vi' di Piscare mi sì 'ntasate.."