Ci risiamo
Poi arriva il mare d’inverno con un cappotto, che mai sente addosso un briciolo d’allegria ma troppe altre cose che solcano le guance. E che accolgo volentieri nella malinconia di un chitarrista dagli occhi serrati.
Allora, vista la tristezza che sempre accosto a questo giorno di festeggiamenti forzati, ascolto lo strazio meraviglioso di Domingo/Cavaradossi prima dell’esecuzione e penso a quelli strappati dal suolo e lì sotto sepolti dopo aver cullato per anni la vana speranza di guardare tutti dall’alto. Almeno dopo quel giorno. Vedremo. Con la consapevolezza dell’ingiustizia di un casuale incompleto freddo elenco postumo.
Così mi sembra giusto iniziare con
- Andy Irons, al quale associo la foto più emozionante dell’anno. E perché anche le mie ceneri finiranno in mare, altro che suolo, seppur con meno merito delle sue.
- Aldo Giuffrè, per il duetto con Adelina.
- Dennis Hopper, l’ho già detto.
- J.D. Salinger, l’ho già detto.
- Enzo Bearzot, il primo che avrò sempre in faccia al pensiero di una pipa. Altro che Magritte.
- Alda Merini, l’ho già detto.
- Eric Rohmer, per La mia notte con Maud.
- Anita e Andrea, perché, parafrasando il colonnello Douglas Mortimer: "Succede, a volte, tra madre e figlio."
- Tonino Carino, per le cuffie giganti che non ho mai avuto.
- Roberto Lombardi, per l’invenzione del “diritto anomalo”.
- Emanuele Pirella, l’ho già detto, se non sbaglio, in un polverizzatore.
- Maurizio Mosca, per il pendolino.
- Malcom McLaren, perché Never Mind The Bollocks è anche merito suo.
- Mario Monicelli, l’ho già detto.
- Furio Scarpelli, perché Monicelli, forse, non sarebbe stato Monicelli.
- Suso Cecchi D’Amico, perché Monicelli, forse, non sarebbe stato Monicelli.
- Vincenzo Crocitti, il figlio del Borghese piccolo piccolo.
- Tiberio Murgia, per Ferribotte.
- Ronnie James Dio, per le doppie corna.
- Gary Coleman, perché il mio pesce rosso si chiamava Abramo.
- Manute Bol, perché in Sudan è ancora un disastro, nonostante i suoi fragili 2 metri e 31 centimetri ci abbiamo provato fino alla fine.
- Pietro Taricone, l'unico (ebbene sì) a cui donammo un televoto. E perché, come dicono quei matti che si lanciano da 4000 e più metri: “Non è il cielo che uccide, ma la terra.”
- Tony Curtis, per Josephine.
- Stephen J. Cannel, per l’A-Team.
- Solomon Burke, per Everybody needs Somebody to Love.
- Blake Edwards, l’ho già detto nell’ultimo polverizzatore.
- Uccio Aloisi, per quell’autografo che ci firmò con la timidezza dell’esperienza.
Poi, a pensarci, sono arrivate Bianca, Lucia e Sofia Liria. Possiamo crederci ancora.