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Chissà come mai, ma in tutte le prime pagine delle moleskine affiancate in piedi sotto al vinile di Pat Garrett e Billy the Kid (Bob Dylan, 1973) la grafia è più chiara - come facevo da bambino con i quadrettoni dei quaderni di matematica - come se il timore di violentare quel candore con la mia turbolenta grafia inibisca il movimento tipicamente sussultorio del polso destro. Poi il rapporto diventa più intimo ed è lei a diventare violenta, quasi costringendomi a riempire le pagine anche contro voglia, con ghirigori alla Pollock e parole che si affiancano senza senso:
zinco, incavo, nonsense, poltrona, timbro, balestra, cisterna, visnù, alabarda, istrione, manicheo, filibustiere, emisfero. Cosa diavolo mi stava passando per la testa quel giorno? E dove mi trovavo?
E' finita anche questa, e qualcun altro per me ha deciso che la prossima sarà - mio esordio assoluto - senza righe, solo fogli bianchi, nessuna costrizione di sorta (due scuole a confronto, il plain notebook e il ruled notebook).
Il mio disordine visuale starà facendo salti di gioia, allora penso alla scritta nera su sfondo azzurro appesa con tanto di cornice al muro dell'ufficio di papà: "l'ordine è il piacere della ragione ma il disordine è la delizia dell'immaginazione". La classica frase da paraculo che in quanto tale non fa una piega né tantomeno una lira di danno.
Deciderò io la prima parola della pagina di testa o sarà un appunto volante, forzato dalla fretta?
Poi dai fogli immacolati ne spunta uno nero, plastificato, è una cartolina da conservare:
"Non conosco nulla al mondo che abbia tanto potere quanto la parola. A volte ne scrivo una, e la guardo, fino a quando non comincia a splendere."
Emily Dickinson
1 commento:
Caro Cirello, un ubriacone meno sbraitante ma rabbioso quanto il vecchio Chinaski, una volta ha detto:
"Le parole sono tutto ciò che abbiamo, dunque è meglio che siano quelle giuste".
Con l'augurio, per il nuovo taccuino e per ogni volta che la vita lo esigerà, di trovarle sempre,
quelle parole.
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