giovedì 21 giugno 2007

Io c'ero

Tutto pronto per il concerto di Enrico Sbriccoli, meglio conosciuto come Jimmi Fontana, un uomo di 72 anni con la faccia di Luca Brasi e i capelli di Kirk Douglas.
Tavoli gremiti al limite della capienza (108 paganti: 40 euro, cena+concerto), temperatura elevata ma ammorbidita da un delizioso alitare di vento, terreno in perfette condizioni, e vorrei vedere, visto che il “maestoso” palco era montato a ridosso del green della buca numero 9.
Jimmi, in completo nero e girocollo nero (stile Giorgio Armani per intenderci), prova subito a scaldare la platea un po’ freddina (eufemismo gigantesco) con uno dei suoi grandi classici (La nostra favola, 1978, “Mai, mai, mai ti lascio, mai, mai, mai da sola”), che da questo momento in poi verranno presentati sempre alla stessa maniera: “Visto che siamo quasi sul green vi canto un evergreen”…
Primi applausi.
Seguono canzoni da me sconosciute in cui il nostro non perde occasione per autocelebrarsi (“Ma chi li scrive più testi così? Chi?") e raccontare della sua carriera ancora al top (“Sono appena tornato da un concerto a Bruxelles, sono l’ambasciatore nel mondo dei marchigiani nel mondo”).
Si arriva finalmente al momento che tutti, compreso lo scrivente, aspettavano, quello che pensavo, ingenuo pischelletto, fosse il clou della serata: accompagnato da una big band di ben due elementi, Jimmi dimostra ancora di avere la tonalità di un tempo, cantando Il mondo (1965) con lo stesso arrangiamento di 40 anni fa. E non per mera vanità, ma per confidarci il nome dell’arrangiatore dell’epoca: "Il premio Oscar Ennio Morricone".
Il pubblico, età media sessantacinque, comincia a risvegliare emozioni sopite, alcuni si alzano in piedi.
Il clou.
“Visibilmente” emozionato, Jimmi confessa ai fan in adorazione il suo più grande rimpianto, datato 1971: visto che ne era l’autore, avrebbe voluto esser lui e non i Ricchi e Poveri, a cantarla sul palco dell’Ariston.
“Paese mio che stai sulla collina…”, ovazione che si tramuta in tripudio al momento del ritornello (“Che sarà, che sarà, che sarààààààààààà”), non volevo crederci, scatta la panolada in stile Santiago Bernabeu, tutti ad agitare tovaglioli solo per lui: Enrico Sbriccoli, meglio conosciuto come Jimmi Fontana.
Dentro di me sentimenti contrastanti: da una parte la gioia insita nella consapevolezza di vivere una scena irripetibile; dall'altra la delusione per non avere potuto goderne appieno. Sì, perchè invece di essere tra i tavoli, a sventolare il mio personalissimo bandierone, ero in piedi col sorriso inebetito, in disparte, vestito di nero. Cameriere.

2 commenti:

Anonimo ha detto...

Leggo in anteprima, e prima di coricarmi, questo pezzo di cronaca sulla vita mondana di Roma, e se Altamura permette, dei marchigiani di Roma e del mondo.
Penso a chi canterà per noi, fra settant'anni ai bordi di un green di una buca nove (che Par ha cirello quella buca?)le nostre canzoni.
Ma le abbiamo noi alla fine le nostre canzoni? E chi è o chi sarà il nostro Jimmy Fontana?
Penso ancora che se si chiamerà Eros Ramazzotti o Tiziano Ferro, anzi che Nef o Lorenzo Cherubini (che me canta, Gimmie Five?), allora ho sbagliato tutto.
Ma se il buon Vasco resiste a lungo, allora ne vedremo delle belle sul prato verde.
Gallit.

Anonimo ha detto...

pare che "la nostra favola" sia una cover di...Tom Jones (!?!), grande Jimmy.