Pourquoi pas?
I know I dreamed you a sin and a lie
I have my freedom but I dont have much time
Faith has been broken, tears must be cried
Lets do some living after we die
(da Wild Horses, in Sticky Fingers - Rolling Stones, 1971)
E sì che mi piace molto andare, mulinare con solo il rumore bianco ad accompagnare l’ombra dell’uomo che pedala con tutto il suo carico di fluida, meccanica precisione. Cazzo, sono davvero io?
Invece da poco le cuffie vincono col loro sapore di pulito, e proprio non dev’essere un caso che la modalità casuale faccia partire Wild Horses sotto al colosseo per due notti consecutive, stavolta subito dopo Claudio Lolli. Vaglielo a spiegare a Jagger che in bici il percorso più lungo può anche essere quello più rapido.
Allora penso che l’unica persona cui riesco a mentire sono io, ai voglia a ponderare e decidere subito dopo, è sempre una forzatura cercare appigli in solitaria: visto John Bachar?
In definitiva, nove volte su dieci bisogna essere in due, perché a crederci da soli non si fa torto a nessuno ma allo stesso tempo non si arriva da alcuna parte se non al fin troppo spremuto ma sempre rivelatore “desolato stillicidio del diventar vecchi” o al “forlorn rags of growing old”, se preferite.
Così, adesso, mentre scrivo, si fulmina la lampadina “a bassi consumi e alta efficienza” che effettivamente viveva da almeno quattro anni abarbicata in cima alla piantana alla sinistra della scrivania. E questo, scusate la franchezza, vorrà pur dir qualcosa.
8 commenti:
Un Cirello sì riflessivo - meglio, meditabondo - ci mancava. Con in aggiunta il felice ammiccamento al nuovo che incalza, sotto forma di supporti sonori semovibili. Un augurio di infinite miglia di vita macinate tra le più alte colonne sonore esistenziali.
"Improvviso il millenovecentocinquantadue passa sull'Italia,
solo il popolo ne ha un sentimento
vero
mai tolto al tempo, non l'abbaglia
la modernità,
benché sempre il più
moderno sia esso, il popolo (...)"
Sor sulla misera riva dell'Aniene
Improvviso il millenovecentocinquantadue passa sull'Italia,
solo il popolo ne ha un sentimento
vero mai tolto al tempo, non l'abbaglia
la modernità, benché sempre il più
moderno sia esso, il popolo, spanto
in borghi, in rioni, con gioventù
sempre nuove nuove al vecchio canto
a ripetere ingenuo quello che fu.
Scotta il primo sole dolce dell'anno
sopra i portici delle cittadine
di provincia, sui paesi che sanno
ancora di nevi, sulle appenniniche
greggi, nelle vetrine dei capoluoghi
i nuovi colori delle tele, i nuovi
vestiti come in limpidi roghi
dicono quanto oggi si rinnovi
il mondo, che diverse gioie sfoghi
A, noi che viviamo in una sola
generazione ogni generazione
vissuta qui, in queste terre ora
umiliate, non abbiamo nozione
vera di chi è partecipe alla storia
solo per orale, magica esperienza;
e vive puro, non oltre la memoria
della generazione in cui presenza
della vita è la sua vita perentoria.
Nella vita che è vita perché assunta
nella nostra ragione e costruita
per il nostro passaggio e ora giunta
a essere altra, oltre il nostro accanito
difenderla aspetta cantando supino,
accampato nei nostri quartieri
a lui sconosciuti e pronto fino
dalle più fresche e inanimate ère
il popolo, muta in lui l'uomo il destino.
E se ci rivolgiamo a quel passato
che è nostro privilegio, altre fiumane
di popolo ecco cantare, recuperato
è il nostro moto fin dalle cristiane
origini, ma resta indietro, immobile,
quel canto si ripete uguale.
Nelle sere non più torce ma globi
di luce, e la periferia non pare
altra, non altri i ragazzi nuovi.
Tra gli orti cupi, al pigro solicello
Adalbertos Comis Curtis, i ragazzini
d'Ivrea gridano, e pei valloncelli
di Toscana, con strilli di rondinini
Hor atorno fratt Elya,
La santa violenza sui rozzi cuori il clero
calca rozzo, e li asserva a un'infanzia
feroce nel feudo provinciale l'Impero
da Iddio imposto e il popolo canta.
Un grande concerto di scalpelli
sul Campidoglio, sul nuovo Appennino,
sui Comuni sbiancati dalle Alpi,
suona, giganteggiando il travertino
nel nuovo spazio in cui s'affranca
l'uomo e il manovale dov'andastà
iersera ripete con l'anima spanta
nel suo gotico mondo. Il mondo schiavitù
resta nel popolo e il popolo canta.
Apprende il borghese nascente lo Sciairà,
e trepidi nel vento napoleonico,
all'Inno dell'Albero della Libertà,
tremano i nuovi colori delle nazioni.
Ma, cane affamato, difende il bracciante
i suoi padroni, ne canta la ferocia,
guagliune e mala vita! in branchi
feroci. La libertà non ha voce
per il popolo cane e il popolo canta.
Ragazzo del popolo che canti,
qui a Rebibbia sulla misera riva
dell'Aniene la nuova canzonetta, vanti
è vero, cantando, l'antica, la festiva
leggerezza dei semplici. Ma quale
dura certezza tu sollevi insieme
d'imminente riscossa, in mezzo a ignari
tuguri e grattacieli, allegro seme
in cuore al triste mondo popolare.
nella tua incoscienza è la coscienza
che in te la storia vuole, questa storia
il cui uomo non ha più che la violenza
delle memorie, non la libera memoria,
e ormai, forse, altra scelta non ha
che dare alla sua ansia di giustizia
la forza della tua felicità,
e alla luce di un tempo che inizia
la luce di chi è ciò che non sa.
beh, cirè, oggi alla nike ho visto "dal vivo" la nuova maglia della giuventus, tralasciando la consueta tristezza emanata dalla prima, quella dei carcerati, devo confermare il mio "gradimento" per la seconda...che ovviamente non comprerei mai, neanche sotto tortura, comunque, parlando da ESTETA, quale sono, senza ombra di dubbio, nonchè feticista delle divise calcistiche, facendoti così su due piedi, una breve classifica, un podio delle seconde maglie della giuventus, metterei la collocherei al terzo posto, seconda posizione per quella nera di qualche annetto fa, ai tempi di julio cesar, mentre primo posto indiscusso quella rossa con banda tricolore sul lato, quella della retrocessione per intenderci...uno dei motivi che potrebbe spingermi a comprarla ampliando così la mia personalisssssima collezzzzione privata, che un giorno metterò all'asta.
è parola di montelli
"metterei quella argentata"
me so scordato un pezzo...
sempre montelli
rendiamo grazie a montelli.
Montè se compri la maglia delle rubentus non dirmelo ti prego. Valdo
è sempre un piacere sapere che il buon valdo, sornione come al solito (un po' come il supertelegattone), veglia su di noi.
E se c'è Serena Grandi... diamo la linea a Seimandi?!
Sor e i tortellini in brodo la domenica... non torneranno più!
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