venerdì 21 gennaio 2011

Al miglior fabbro

Una donna tirò tesi i suoi lunghi capelli neri
E arpeggiò musica di bisbigli su quelle corde
E pipistrelli con facce di bambini nella luce viola
Fischiarono e batterono le ali
E strisciarono a testa in giù lungo un muro annerito
E rovesciate nell'aria c'erano torri
Risuonanti campane rievocatrici, che segnavano le ore

E voci cantanti dal fondo di vuote cisterne e di pozzi esauriti.

(da La terra desolata - T.S. Eliot, 1922)

lunedì 17 gennaio 2011

La prima pagina del decennio

Generalmente, come sapete, carico solo immagini "mie", allora perdonatemi se stavolta non ho resistito. E beh, che dire, solo ringraziare di cuore la redazione tutta.

sabato 15 gennaio 2011

"Faccio amore lungo lungo"

"E' mai possibile o porco di un cane
che le avventure in codesto reame
debban risolversi tutte con grandi puttane,

anche sul prezzo c'è poi da ridire
ben mi ricordo che pria di partire
c'eran tariffe inferiori alle tremila lire."

(da Carlo Martello ritorna dalla battaglia di Poitiers - Fabrizio De Andrè, 1963)

Visto che nel post precedente si è andati come al solito fuori tema (o off topic, come dicono quelli che ne sanno) e che tempo prima (post del 29 novembre) avevo scritto che "il governo italiano è morto a seguito di una cubista minorenne", copio e incollo quest'articolo di Michele Brambilla de La Stampa, che senza giri di parole spiega quello che ci attende, tristemente, con rinnovata rassegnazione e bruciori di culo:

 

Berlusconi indagato: dov’è la novità? Sono anni che è indagato e sono anni che le inchieste e i processi contro di lui non spostano un voto perché ormai gli italiani sono tutti preventivamente schierati.

E non cambiano idea neanche se gli si punta contro una pistola. Chi detesta Berlusconi sostiene che tutti questi processi dimostrano la sua inadeguatezza, per non dire di peggio, a governare. Chi lo ama è convinto che si tratti di una congiura ordita dalle toghe rosse. Insomma l’opinione su Berlusconi è fideistica nel bene e nel male, gli italiani reagiscono «a prescindere» dalla sostanza dei fatti. Dovremmo dunque pensare che anche questa volta la tempesta giudiziaria non porterà nulla di nuovo né a Palazzo, né nell’opinione pubblica. Eppure, eppure. Adesso una novità sembra esserci. Forse addirittura una novità decisiva (in un senso o nell’altro, poi vedremo perché). La novità è la straripante sicurezza ostentata dalla Procura di Milano.


Mai si era visto un comunicato, letto dal capo dell’ufficio, così dettagliato. Mai si erano annunciate prove documentali inconfutabili (si parla perfino di foto e di filmati). Mai ci si era spinti ad allegare queste presunte prove all’invito a comparire inviato all’indagato: è come se i pm fossero sicuri che tanto ormai non c’è più nulla da «inquinare». Mai, soprattutto, una Procura si era spinta a chiedere per Berlusconi il rito immediato. Ai non addetti ai lavori va spiegato che una Procura chiede il rito immediato quando ritiene che le prove siano evidenti e definitive, e che non ci sia bisogno di altre indagini o interrogatori.


Forse è davvero una svolta, perché i casi sono due. O la Procura di Milano non ha le prove documentali che ieri ha fatto intendere di avere, oppure ce le ha davvero. Nel primo caso, non soltanto il premier verrebbe assolto con l’aureola del martire, ma i pm in questione dovrebbero cambiare mestiere e calerebbe una pietra tombale su tutta la cosiddetta «via giudiziaria» usata, secondo i berlusconiani, per sconfiggere il nemico della sinistra. Nel secondo caso, Berlusconi sarebbe invece in difficoltà come mai è stato prima.


Perché siamo così tranchant? Per due motivi. Il primo è che in tutti i precedenti processi l’impianto accusatorio era tale da lasciare lo spazio - ai fan pro o contro Berlusconi - per assumere comunque una posizione colpevolista o innocentista. Una posizione, beninteso, ideologica, non fondata sulla conoscenza delle carte (figuriamoci se gli elettori leggono tutte le carte di un processo). Adesso invece la Procura parla di una «pistola fumante», e quella o c’è o non c’è. Se c’è, anche i berlusconiani più inossidabili non potranno negare l’evidenza del reato. Se non c’è, anche gli anti-berlusconiani più accaniti non potranno negare che la Procura, annunciando prove schiaccianti che non ci sono, ha commesso una grave ingiustizia e alimentato sospetti di una manovra politica.


Il secondo motivo è forse ancora più forte. Senza nulla togliere ovviamente alla gravità di altri reati contestati a Berlusconi, come la corruzione o la frode fiscale, non c’è dubbio che da un certo punto di vista ciò che gli viene contestato adesso colpisce ancora di più l’opinione pubblica. È inutile che qualcuno dica che nella propria camera da letto ciascuno può fare ciò che vuole. Un presidente del Consiglio non è un «ciascuno» qualsiasi, e se organizza feste con escort in vari palazzi, è diverso che se le organizza il signor Pincopallino. Se poi a queste feste fa sesso a pagamento con minorenni (è un reato) e poi telefona alla questura per far liberare una di queste, arrestata per furto, e la spaccia per nipote di un altro capo di Stato estero, allora è ancora più diverso.


Gli italiani si sono assuefatti a certi costumi sessuali? Fino a un certo punto. E poi, potrebbero i centristi appoggiare il governo in cambio di una politica di sostegno alla famiglia, se saltassero fuori certe foto e certi filmati? E la Chiesa, che cosa direbbe la Chiesa? Ci sarebbero ancora monsignori a discettare sul dovere di «contestualizzare»? Accuse del genere, se fossero provate, non sarebbero gossip ma questioni politiche gravi. Vista dall’altra parte, se accuse tanto scabrose si rivelassero infondate o anche solo non dimostrabili, sulla Procura di Milano cadrebbe la colpa di un inaudito colpo basso.


Ecco perché, forse, questa potrebbe essere la madre di tutte le inchieste su Berlusconi. In un senso o nell’altro, potrebbe essere la parola fine a una guerra che da più di quindici anni condiziona la politica italiana, rallentandone quando non paralizzandone l’attività. Più che un’ipotesi è una speranza, perché - lo ripetiamo per l’ennesima volta - il Paese ha altre necessità che non quella di avere un premier impegnato più a duellare con la magistratura che a governare.

venerdì 14 gennaio 2011

Bocciati

Chissà, forse avrei fatto miglior figura io in un petto a petto con Stephen Hawking a parlare di buchi neri, in ogni caso è stato particolarmente significativo vedere – e soprattutto sentire (qui e qui) – gli avvocati Roberto Cota e Mariastella Gelmini a lezione (di diritto e molte altre cose) dal professor Stefano Rodotà.

giovedì 13 gennaio 2011

Proclami da bancone

- Cirello: "Nel 2011 spero in una svolta."
- Manetta: "I tossici svoltano, Cirè."

Una vodka e una tequila erano già in attesa.

martedì 11 gennaio 2011

Una storia vera

In un primo momento avrei voluto scrivere di Shutter Island (finalmente visto ieri sera) e del fatto che Scorsese non mi emoziona più. Che è dal meraviglioso equilibrio di Casino (probabilmente il miglior film degli anni 90) che il buon vecchio Marcantonio Luciano non riesce a scaricare ventricoli e fegato sulla pellicola. Troppo perfetto, anche se non ancora freddo e calcolatore come Spielberg. Però è sempre magnifico vederlo muoversi tra la sceneggiatura e gli attori, andrei in sala nudo (se solo la smettessero con sta cazzo di aria condizionata ghiacciata) per vedere sempre questa qualità. Ma insomma, avrei voluto parlare di questo, dicevo. E invece no. Perché Scorsese - viva Scorsese! - ti fa venire voglia di andare al cinema.
E in questi giorni c’è Eastwood, ad esempio.

Allora controllo, apro giornale e siti per cercare l’orario, appurarmi - al solito - che sia proiettato in lingua originale e una volta sicuro, per evitare le fregature già sul groppone, di quelle che

si declina ogni responsabilità per variazioni di programmazione e orari non comunicati,

concludere con una telefonata in via del Corso, giusto per fugare ogni dubbio.

Perché io e il Metropolitan (al limite insieme a qualche coppia di lingua inglese nelle ultime file) ci siamo voluti bene in quei pomeriggi solitari, quando ci abbracciavamo su quelle calde, comodissime e attraenti poltrone blu notte (superiori a quelle, color ruggine, della sala Volpi di Venezia, che dormite durante de Oliveira!) che guardavano dall’alto l’unicità di quella barra poggia piedi, fedele amica non solo delle mosche da bar.

E’ vero che dopo il caffè ci ritrovavamo sempre in pochi, però a volte, almeno di sera, immaginavo, povero illuso, che la cricca di emo appollaiati sugli scalini di Santa Maria dei Miracoli o le moltitudini che affollano Messaggeri Musicali per un autografo di Marco Carta, potessero riempirlo di tanto in tanto. E invece, evidentemente, non accadeva.

Ok, ne ero a conoscenza. Avevo firmato quello scudo di carta che sono le petizioni on line ma non pensavo potesse accadere così in fretta. La morte, dico.

Poi è successo, lo scorso 29 dicembre.

Il Metropolitan non c'è più. O meglio, non respira. Allora scorrono (eccome se scorrono) quei pomeriggi in cui entravi con la luce e ne uscivi col buio, incontrando, con un po’ di fortuna, il sassofonista di Piazza del Popolo, magari con in testa il lascito delirante di Lynch. Scott, Eastwood, Coppola (che trip il redux di Apocalypse) dove vi andrò a scovare adesso?

Amaro. Sento parecchio amaro in tutto questo. Violento come lo zucchero.

Così, a pensarci, a poter scegliere il sipario della chiusura, verso la quale poco si può con gli scudi di carta di cui sopra, avrei preferito una cosa tipo Blade Runner, Otto e mezzo. O L’Appartamento.

E invece il mio addio è stato The Social Network. Bello sì. Ma va beh.

martedì 4 gennaio 2011

La gente era ancora lì

E’ vero che la necessità di festeggiare il capodanno m’è sempre stata sulle palle, com’è vero anche che il periodo in sé m’ha sempre messo addosso una tristezza infinita, a volte persino superiore a quella del carnevale.
Il tutto elevato alla potenza da 'ste diavolo di decorazioni e luci sparse per la vie che non fanno altro che togliere senso alla notte. Al suo cielo. E a far ingelosire i lampioni. Meno male che i Babbi Natale arrampicatori, almeno da queste parti, siano stati quasi totalmente sterminati.

Detto questo, confesso che a capodanno generalmente mi diverto. Malinconicamente. Da anni. Dalle uniche due sigarette della vita (Marlboro Lights) fumate nel paleozoico dentro la discoteca Jambo di Roccaraso fino all’only for the millenium party di NYC, dalla notte in solitaria passata su Italia Uno di fronte ad un castissimo speciale playboy a quando andammo fuori controllo in casa Sgalder con l’effetto di arrivare a stento attivi alla mezzanotte per poi cercare di rimediare con un surreale gioco dei mimi prima e un dinamico nascondino dopo, dalla notte sotto al Circeo in una tenda stracolma di coperte e tempestata da pioggia e vento fino alla puffetta Claudette, solerte e gratuita rifornitrice di alcolici dentro Tipografia, dalla stella strappata alla morte su di un albero in Piazza del Campo (tuttora appesa in stanza di fianco a Trevis Bikle) ad un’improbabile quanto terribile cena messicana in zona Ostiense.

Giorni fa non è stato da meno, con un Vulcan che prima dell’inevitabile schianto ti spinge ad uscire per mettere a ferro e fuoco zona Flaiano/D’annunzio, tra risse di fronte al Lalla by Wahlalla (ebbene sì), portafoglio rubato - scena top, manco Buster Keaton - al buttafuori del Baba (l'ex Toki, per capirci...), boccia di whisky giapponese arrivata verso le 2 e terminata come da pronostico alle 228, fino alla bottiglia di tequila condivisa (l'ultima di una lunga serie) da un Manetta in formissima, deciso a far tornare il bancone a ormai sopiti splendori. Che per i non ferrati, vuol dire offrire tutto ad oltranza.

E insomma, dopo un classico Califano, l’ultimo cicchetto, intorno alle 7 (prima di un magnifico ritorno in taxi verso i colli), a sorpresa, è arrivato strillando “Ve lo troverò!”. Che auguro a tutti. A patto che - lo spero proprio - abbiate qualcosa da cercare.