mercoledì 20 dicembre 2006

Il canto dell'incipit

Sei lì che giri in libreria con l’intenzione di farti catturare dalle parole che comprerai in futuro perché adesso di soldi da spendere neanche a parlarne. Poi succede che una copertina anonima, verde pisello, poggiata ai piedi dello scaffale gonfio di pubblicazioni economiche e per nulla avvenenti, riesca a mettersi in evidenza. Cerchi di lasciare le mani in tasca ma ti accorgi come già stiano contando gli spicci rimasti dal resto del rum della sera prima, gli occhi provano a spostarsi sull’ultimo libro della Tamaro (un po’ come quando, nel culmine dell’atto sessuale, ti ritrovi a pensare alla vecchia rugosa del primo piano per distrarti e di riflesso prolungare il piacere di quella magia) ma non lo trovi, allora capisci che l'epilogo di questa microstoria sta arrivando e senza accorgertene stai già sfogliando le prime pagine e assaporando le prime righe. Quattro euro e venti, Il Corsaro di via Macerata (quartiere Pigneto) regala queste e altre perle, e ancora una volta - ma questa, forse, è un'altra storia - mi trovo ad inveire contro la maledetta cartapiù de La Feltrinelli.

Chandler fa apparire Marlowe nel mondo così, con la leggerezza di quel fazzolettino assortito. Potevo uscirne senza?:

Erano pressappoco le undici del mattino, mezzo ottobre, sole velato, e una minaccia di pioggia torrenziale sospesa nella limpidezza eccessiva là sulle colline. Portavo un completo blu polvere, con camicia blu scuro, cravatta e fazzolettino assortiti, scarpe nere e calzini di lana neri con un disegno a orologini blu scuro. Ero corretto, lindo, ben sbarbato e sobrio, e me ne sbattevo che lo si vedesse. Dalla testa ai piedi ero il figurino del privato elegante. Avevo appuntamento con quattro milioni di dollari.

(Il grande sonno - Raymond Chandler, 1939)

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