Il canto dell'incipit
Sei lì che giri in libreria con l’intenzione di farti catturare dalle parole che comprerai in futuro perché adesso di soldi da spendere neanche a parlarne. Poi succede che una copertina anonima, verde pisello, poggiata ai piedi dello scaffale gonfio di pubblicazioni economiche e per nulla avvenenti, riesca a mettersi in evidenza. Cerchi di lasciare le mani in tasca ma ti accorgi come già stiano contando gli spicci rimasti dal resto del rum della sera prima, gli occhi provano a spostarsi sull’ultimo libro della Tamaro (un po’ come quando, nel culmine dell’atto sessuale, ti ritrovi a pensare alla vecchia rugosa del primo piano per distrarti e di riflesso prolungare il piacere di quella magia) ma non lo trovi, allora capisci che l'epilogo di questa microstoria sta arrivando e senza accorgertene stai già sfogliando le prime pagine e assaporando le prime righe. Quattro euro e venti, Il Corsaro di via Macerata (quartiere Pigneto) regala queste e altre perle, e ancora una volta - ma questa, forse, è un'altra storia - mi trovo ad inveire contro la maledetta cartapiù de La Feltrinelli.
Chandler fa apparire Marlowe nel mondo così, con la leggerezza di quel fazzolettino assortito. Potevo uscirne senza?:
Erano pressappoco le undici del mattino, mezzo ottobre, sole velato, e una minaccia di pioggia torrenziale sospesa nella limpidezza eccessiva là sulle colline. Portavo un completo blu polvere, con camicia blu scuro, cravatta e fazzolettino assortiti, scarpe nere e calzini di lana neri con un disegno a orologini blu scuro. Ero corretto, lindo, ben sbarbato e sobrio, e me ne sbattevo che lo si vedesse. Dalla testa ai piedi ero il figurino del privato elegante. Avevo appuntamento con quattro milioni di dollari.
(Il grande sonno - Raymond Chandler, 1939)
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