Hijos
Se capitate nella città eterna fateci un salto.
C’è un figlio mai venuto fuori dai Centri Clandestini di Detenzione in quei terribili anni argentini.
E c’è questa madre dal viso lucente che ti fa pensare, come tutte le madri: perché esiste un termine per indicare la mancanza di un genitore o di un compagno ma non c’è traccia di una parola che dia un nome alla perdita di un figlio, quasi a voler rafforzare ancor di più il legame rosso sangue, la dedizione, l’amore incondizionato di chi ti ha dato la vita senza chiedere nulla in cambio.
Si abusa troppo spesso della frase “non ho parole”, in tutte le sue varianti, quando invece le parole ci sono eccome. Qui – almeno in questa penisola - la parola non c’è, ed è forse proprio l’impossibilità di chiamare le cose col loro nome a far sì che le cose stesse rimangano vive, bollenti.
5 commenti:
cyrus, lo spazio che occupa il video youtube, copre un pò il post "Hijos" e non permette una buona lettura...
vedi un pò te
salutto mono
Diciamo "non ho parole" quando ci ostiniamo a vedere le cose più grandi di noi, e ci convinciamo che non ci competono. Perchè ci hanno insegnato a tenere gli occhi rivolti verso terra e il collo pronto a farsi punire.
Quando pensiamo che, in fondo, non ci fotte un bel nulla di niente.
dimenticavo: saluti al mono!
mono, mi sa che c'ha probblemi il tuo monitor, sui tre combiuter di casa tutto è come dovrebbe essere.
j pijat 'ssa case?
cy
Sarò pure un citazionista compulsivo da ricovero, ma vedo spesso nelle mie parole un tentativo vinto in partenza
di riempire colpevoli silenzi.
"Non c’è niente che avrei potuto fare in quell’epoca e che potrebbe permettermi di vedere Garage Olimpo senza sentirmi ugualmente miserabile.
Perché è la vergogna profonda
di essere argentino, di essere umano, di appartenere alla specie capace di una condotta simile. Siamo macchiati, lo saremo sempre. Garage Olimpo rinnova questa vergogna e io, personalmente, gliene sono grato".
Marco Bechis
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