giovedì 17 luglio 2008

Nella terra selvaggia

(autocitazione direttamente dalla tesi, così non mi sforzo)

Scrisse Jack Kerouac che un giorno del 1944, in Times Square a New York, fu avvicinato da tal Herbert Huncke, un hipster di Chicago, che gli disse: “Man, I am a beat”, attribuendogli il significato di battuto, stanco, depresso, sconfitto. Fu solo 10 anni dopo, che l’autore di Sulla strada, aiutato dalla fede buddista appena abbracciata, associò beat a beatitude allargando semanticamente il campo di significato del termine fino a comprenderne “beato”.

Non mi ero mai sentito battuto&beato all'uscita dal cinema. Ieri è successo. Con Into The Wild (Sean Penn, 2007).

"Prevedibile" mi hanno detto. Prevedibile? E che c'entra, che mi interessa della storia (vera peraltro, quindi se non è prevedibile una storia passata ditemi voi cos'è prevedibile), qui si sogna. Furbo proprio per la dichiarazione non celata di spingerti al brivido della libertà da cartolina?
Sincero.
Questo ho visto. Penn sembra crederci sul serio. E non voglio sentire pippe del tipo "è facile crederci con milioni di dollari in banca", che per quanto mi riguarda sono dichiarazioni stucchevoli alla pari di "hai i soldi quindi non puoi essere comunista".

Se mai mi leggeranno, ringrazio Eddie Vedder in trance da colonna sonora con l'inventore della chitarra infinita Michael Brook a fargli il controcanto con arpeggi da brividi.

Di fianco a me si piangeva dopo quell'autoscatto di Alex Supertramp col volto fluttuante e la schiena poggiata al magic bus, io invece avevo gli zigomi indolenziti, pur senza aver riso una sola volta (a parte la battuta dell'amico hippie sulla giovane chitarrista vogliosa), come drogato, in quella tipica situazione di estasi e del "no, non ho voglia di parlare adesso". E poi ti accorgi di guardare in alto, pure la luna piena ad abbracciare il chiacchiericcio di San Lorenzo ci mancava.

Allora stasera la schitarrata contro l'alemanniana legge bivacco avrà un senso in più, almeno per me, ormai da anni conscio del segreto (davvero son così saggio?), che forse si dovrebbe ancor di più, anzi sempre tirar fuori. Per travolgere tutti:

"La felicità è tale solo se condivisa."

1 commento:

Anonimo ha detto...

"La beat generation? Un gruppo di bambini all'angolo della strada che parlano della fine del mondo."

Quando, verso i sedici anni, iniziai a considerarmi marxista, ci fu chi mi fece notare che portavo il Barbour.

Sor direttamente dall'inaugurazione delle Pallotte