Una delle fortune donate dal pacchetto di Sky Cinema, è quella di farti vedere una galassia, un infinito abisso di porcherie.
Certo, spesso l’amor proprio e un sano spirito d’intellettualismo spicciolo riescono a farti premere il pulsante magico e mettere a tacere il tutto a favore di una tranquilla chiacchierata ai piedi d'un bicchiere di Limoncello (Eugenia rules). Ma non sempre accade.
L’altra sera, io e miei compagni di divano (meglio conosciuti come “I Divanoidi”), ci siamo imbattuti nell’ultima mezzora di Notte prima degli esami (Fausto Brizzi, 2006), e il fatto che tutti voi sappiate di cosa sto parlando contribuisce alla mia generale sfiducia nell’umanità.
Il problema, quando si vedono questi film, è che il riso prende il sopravvento su tante altre cose, ma soprattutto su di una maestosa colata di tristezza o sullo scomparso senso del ridicolo e del pudore, saggi consiglieri del cambio di canale (come puntalmente accade con Maria De Filippi e mostri simili).
Ci si continua a guardare in faccia dicendosi cose ormai ammuffite nella stanchezza: “Ma non si vergognano?”, “Ma si può?”, “Ah sì, quindi adesso lei esce e trova lui poggiato all’ascensore…” (cosa che puntualmente si verifica un secondo dopo), “Ma no dai! Non è per niente verosimile!!”, “Ma tu Tommi, in quell’occasione, avresti detto porca paletta?” (e Tom: “No, avrei strillato por…”, “Ok Tommi, abbiamo capito, certo”).
- C’è il belloccio di turno con la parlata alla Silvio Muccino (ah be', allora...), tal Nicolas Vaporidis, il cui nome andrebbe benissimo per il lancio pubblicitario di un nuovo prodotto da stiro, ma per un attore proprio no. Tanto non ci diventi come Marlon Brando. Al massimo vedo per lui un radioso futuro come terzino destro della Grecia. Ma che sto dicendo, di sicuro è una pippa pure a pallone.
- C’è Cristina Capotondi, che da quando incontrò il Maxibon anni orsono, sarà cresciuta sì e no di due mesi nella paura di invecchiare troppo e non poter più interpretare ruoli adolescenziali.
- C’è Giorgio Faletti, molto meglio (e dico tutto) nei panni di Vito Catozzo piuttosto che di Suor Daliso al Drive in.
- E poi un una marea di volti che dovrebbero interpretare diciottenni ma si vede con gli occhi pesti che c’hanno almeno 27 anni a testa.
Ma la cosa più evidente resta una e una sola: io e tanta altra gente che fa e vuole fare tutt’altro di mestiere, be’, recitiamo molto meglio. Chiamo a testimoniare ore e ore di VHS.
Poi uno fa una ricerchina volante e scopre che il film in questione è stato, con 12.144.699 €, il 10° incasso assoluto della stagione cinematografica 2005/2006 (in Italia ovviamente, sul podio Il Codice Da Vinci, Natale a Miami e Madagascar), surclassando tra gli altri: Volver (Pedro Alvodovar), La sposa cadavere (Tim Burton), Inside Man (Spike Lee) e Match Point (Woody Allen).
Ora, io considero da tempo il cinema come un surplus della mia vita, nel senso che quando decido di andare in faccia al grande schermo, lo faccio perché spero di vedere un capolavoro o comunque un qualcosa di estremamente vivo, qualcosa che bolle. Sociologicamente parlando, diciamo che ho smesso di andare al cinema per svago (e attenzione, considero quest’affermazione tutt’altro che triste, angosciosa o quant’altro).
Certo, questo non accade tutte le volte che metto piede in sala (l’ultima volta, vado a memoria, credo sia capitato con Una storia vera - David Lynch, 1999 - oddio, così tanto tempo fa?), ma in ogni occasione apro gli occhi con la consapevolezza di poter assistere ad una gran giocata.
Insomma, non ci vado sapendo di dover rispondere: “Il cinema ieri sera? Sì…carino.”, quando invece ci starebbe ora e sempre il commento del ragionier Ugo al cospetto di Ejzenstejn.