venerdì 27 giugno 2008

Dimenticare Marco Civoli

In un pomeriggio finalmente libero, stavo gustandomi quella che sarebbe stata la prima eliminazione di lusso da Wimbledon, quella dell’imitatore testa di serie numero 3 Djokovic ad opera di Marat Safin, uno che, se solo avesse pensato meno al triangolo dell’amore, adesso probabilmente godrebbe di qualche milione di euro in più in banca e di una classifica più rispettosa del suo enorme talento.

La pioggia non ancora decide di infastidire il Centre court e compagnia allora si gioca, rigorosamente in bianco, e anche se il serve&volley è ormai puro ricordo (eccezion fatta per il buon Eaton, ragazzone di casa di ben poche speranze), è sempre una bellezza vedere quell’erba non ancora ingiallita dagli spostamenti.
Come ascoltare il binomio indissolubile Tommasi/Clerici.
Tra le chicche assolutistiche del primo (“non si capirà mai che potenza e tocco possono appartenere ad uno stesso polso”) e invidiabili prose del secondo, di cui mi accingo a riportarvi uno stralcio, magnifico peraltro, da La Repubblica del 25 giugno, è sempre un piacere starsene stravaccati sul divano:

“…Si chiamava, la tennista, Naomi, giusto come la più celebre di tutte le Naomi. Ma di cognome, invece che Campbell, faceva Cavaday. E, quanto Naomi era affascinante, la Cavaday era inguardabile.
La mascella rossastra era avvitata direttamente alle spalle. La curva del ventre si appesantiva prima di scivolare nella sottanona e fuoriuscirne tra rivoli di gelatinosa cellulite. Di fronte a lei Venus pareva l’imitazione della sua antenata bianca del Botticelli, uscita da una regale conchiglia.
Ad aggravare il confronto tra le due, Venus, ancora più top-model di sempre, mostrava velate da elegantissime bretelline due favolose zinnette fin qui riservate ad un ristretto gruppo di ammiratori.”

mercoledì 25 giugno 2008

Sant'Apollinare

La chiesa venne ricostruita nel 1742 da Ferdinando Fuga sul nucleo originario sorto dopo il 638 sul luogo dove si svolgevano i gochi apolinnari. La facciata, in stile tardo Cinquecento, è a due ordini con capitelli ionici. L'interno, preceduto da un vestibolo-nartece, (sulla parete sinistra immagine della Madonna di scuola umbro-romana del secolo XV) è a navata unica, con tre cappelle per lato, con volta a botte affrescata da Stefano Pozzi con la 'Gloria di S.Apolinnare'. Nella prima cappella a destra 'San Luigi Gonzaga' di Ludovico Mazzanti, nella seconda 'Sacra Famiglia' di Giacomo Zoboli, nella terza statua di San Francesco Saverio di Pierre Legros. Nella terza cappella statua di S.Ignazio di Loyola di Carlo Marchionni, nella prima 'Vergine e San Giovanni Nepomuceno' di Placido Costanzi.

Dai, dai che forse dopo ventanni ce la facciamo a scoprire perchè Renatino De Pedis è sepolto lì. Dai ragazzi, dai su quelle fasce!

Sicuro perdiamo quattro a zero.

giovedì 19 giugno 2008

E che sarà mai?

Piperita Patty: "Dimmi cos'è l'amore, ciccio."
Charlie Brown: "Be', mio padre aveva una berlina due porte, nera del 1934..."
PP: "Cosa c'entra con l'amore?"
CB: "Be', questo è quello che mi ha detto...c'era questa ragazza molto carina, vedi...
facevano dei giretti con questa macchina, e ogni volta lui le apriva lo sportello,
dopo che lei era salita lui lo chiudeva e girava intorno alla macchina fino al posto di guida, ma prima che lui potesse salire, lei bloccava la sicura e lo chiudeva fuori, poi stava seduta lì a storcere il naso e a fare smorfie...credo che l'amore sia questo..."

PP: "A volte non ti capisco ciccio."
CB: (Sigh)

martedì 17 giugno 2008

Senza illuminare l'aria

Erano le 10e25 del 2 agosto 1980. Bum. 85 morti, 200 feriti. La più grande strage mai avvenuta nel nostro paese in tempo di pace. Concetto peraltro tutto da definire.

L’altra sera, complice la solitudine casalinga, ho avuto la bella idea di rivedere per l’ennesima volta la puntata di Blu Notte sulla strage alla stazione di Bologna, in replica nella notte di Rai Tre.

Ed è sempre assurdo vedere quelle immagini,
vedere i corpi vuoti, senza muscoli, tirati su come fantocci, come marionette senza fili,
vedere le macerie senza senso alcuno,
vedere i taxi trasformarsi in ambulanze e gli alberghi in ospedali e gli autobus in cliniche mobili,
vedere il signor Sekiguchi arrivare tutte le volte dal Giappone e prendere appunti durante ogni udienza del processo, perché quel giorno, tra quegli 85, anche suo figlio Iwao si disintegrò nella sala d’aspetto,
vedere i volti da folli angeli di Giusva e Mambro coccolarsi come panda dietro le sbarre;
vedere Cossiga sostenere più o meno che “I servizi segreti? Certo che non sono legali, altrimenti non sarebbero segreti.”
vedere lo stesso uomo avanzare la richiesta di togliere l’aggettivo fascista accanto alla parola strage,
vedere i più alti uomini in grado dei servizi essere condannati per depistaggio, anzi, per continui depistaggi,
vedere il procuratore impazzire perché se non ti fidi delle informative dei servizi che ti spingono da una parte con decisione, e poi da un’altra, di chi diavolo ti devi fidare?
vedere il commendatore Licio Gelli, sempre lui - che di questi tempi sta vedendo parte del suo disegno compiuto – negare con la faccia del bambino colto con le mani nella marmellata, parlare di accuse inaudite salvo poi essere condannato anche lui in via definitiva,
vedere - ovviamente – tutti questi signori, colonnelli, generali e alti ufficiali, essere iscritti (tra un Calvi e un Sindona) nelle liste della P2,
vedere che le più alte cariche dello stato non vengono investite di alcuna colpa, ma allora i servizi chi li comanda?
vedere lo spettro del supersismi intrecciarsi col vaticano,
vedere i colpevoli condannati con il terribile dubbio che non siano stati loro,

ma soprattutto andare a dormire con la certezza delle decine di depistaggi confermate da confessioni e con l’equivalente terrore del non sapere - mai - il perché di quelle azioni, cosa volessero coprire, chi volessero salvare e con quale scopo.

E mo andiamoci a prendere ‘sti quarti di finale.

venerdì 13 giugno 2008

La nostra estate era già cominciata

Nonostante l'elezione di Alemanno abbia di colpo fatto scomparire la primavera romana, sono riuscito comunque ad accorgermi della bella stagione ormai incombente grazie al canonico arrivo di Reno Raines/Vince Black in luogo di Cordell Walker: ebbene sì, anche quest'anno su Rete4, più o meno a ora di cena, Walker Texas Ranger ha lasciato il posto a Renegade.

(E ricordate tutti che sulla scrivania di Chuck Norris c'è un mappamondo in scala 1:1)

mercoledì 11 giugno 2008

Sotto la doccia, sotto la doccia!

Non so quante partite avrò giocato nel corso della mia vita. Tra ufficiali e non, importanti o meno, amichevoli e sabbioni, a petto e piedi nudi, avvolto da una divisa di lana terribile o da un’altra di raso traspirante, impermeabile e ovviamente fichissima, con scarpe unte dal grasso di foca offerte dalla società o bucate per la troppa usura.
In tutte queste vicende, complice anche la posizione quasi perennemente in mezzo al campo, ho rimediato – tra falli tattici e fortuiti – una buona quantità di cartellini gialli. Mai rossi. Mai. Provocati tanti, presi mai.

Ieri è successo per la prima volta.
In una partita decisiva, e per di più con la fascia di capitano addosso.
Vincevamo 3 a 0 in 4 contro 5, in 5 contro 5 gli avversari accorciano le distanze ma poco contava, eravamo in stracontrollo, forti anche del 3 a 2 corsaro nella partita di andata.
Non avrebbero mai vinto.

Poi un tipo mi strattona e mi tira due calci, ma cosa volete che me ne importi, le tibie ce l’ho belle che asfaltate da tempo, salvo poi piazzarci anche un semi pugno sul viso, volontario per quanto mi riguarda. Sul cronometro, sì e no 8 minuti.

Sarà che sono di Pescara, sarà che la tranquillità zen acquisita è roba relativamente recente, fatto sta che a me le mani in faccia non le devi mettere.
Rosso diretto, giusto peraltro, anche se l’arbitro poteva tirarlo fuori subito, non dopo 3 minuti di scuse e polemiche mentre la speranza di restare sull'erba cresceva.
Inevitabilmente la squadra è crollata, nonostante una grandissima prova di fiato e orgoglio, con la panchina tristemente desolata, senza nessuno che potesse entrare in mia vece.

Faccio quindi pubblica ammenda ringraziando lo zoccolo duro del Lokomotiv, sempre pronto a sputar sangue pur di vedere la rete gonfiarsi: il bomber Edo, il presidente Altamura e il cursore Gallit, venuto a portar legna nonostante una crisi matrimoniale incombente (dai Ioli, perdonalo…).

Non si ripeterà. A cazzotti da un’altra parte, non sul campo di pallone.
Vi devo una finale ragazzi. La cena arriverà.

martedì 10 giugno 2008

Il discorso del capitano

Lo so che v'ho rotto le palle co 'sta storia del capitano ma il suddetto ieri era in panchina e non so se l'avete notato a fine partita mentre si sorreggeva sofferente.
A me ste cose fanno impazzì ed è per questo che ci credo, credo in quello che è successo dopo, credo nellle famose tre "c" (cuore, coccia e coglioni) che verranno fuori, speriamo insieme al fiato.

Cannavaro (in piedi sulle stampelle vicino al tunnel verso gli spogliatoi), leggero movimento della testa ad indicare la strada, timbro di voce deciso ma a volume non troppo alto:

- "Luca! Tutti dentro dai."

lunedì 9 giugno 2008

Partiti

Appena uscito di qui raggiungerò l'Auchan di Casal Bertone nella speranza di una super offerta Peronistica (un pugno apretado...) da inserire con solerzia nel parallelepipedo bianco in cucina, alternando con sapienza le bottiglie dalla posizione frigo a quella freezer.
Si spera in una platea competente, non disfattista, concentrata e ciarliera al punto giusto e in una presenza femminile non invadente e soprattutto interessata (anche con - moderata - recita) alla vicenda.

Mio malgrado, toccherà ascoltare con fastidio Marco Civoli e il campanilismo da forca dell'utilissimo Enrico Varriale da bordo campo, la grafica old style disegnata col paintbrush dello stagista estivo sfruttato da mamma RAI e quella sensazione di pressapochismo statale tipicamente italiano. Attendo di sapere il nome della seconda voce anche se il nome di Sandro "Teschio" Mazzola risulta favorito, sì, con i piedi ci sapeva fare ma sappiamo tutti che non c'entra una cippa.
Il ricordo del mondiale su Sky con tutto quello che si portava dietro in termini di professionalità è venuto ancora più a galla guardando le prime partite. Ne soffrirò, come in genere mi fa soffrire la mediocrità in qualche modo ricercata.

Girone di ferro, Gianni (Mura, non Pantana) è per la Romania qualificata a spese del duo Mulini a vento e Nouvelle Vague. Non so, più che altro perchè nella mia fantasquadra europea ho sia Benzema che Van der Vaart.

Veniamo da un campionato duro, giocato fino all'ultimo, tant'è vero che nel reparto più in forma, l'attacco, ci sono quelli che l'obiettivo stagionale l'avevano raggiunto da tempo. Mi preoccupa una difesa fondamentalmente inventata (voglio Gamberini dal primo minuto) e un centrocampo a corto di fiato, eccezion fatta per
Ambrosini e spero, Harry Potter Aquilani.

Non mi piace il portiere con la fascia da capitano, per il semplice fatto che, dal canto mio, il capitano deve stare in mezzo al campo, deve poter parlare, farsi sentire (anche dagli avversari) e guardare da vicino quello che succede. Ma la tradizione è dalla nostra.

Va bene, Belen Rodriguez è qualsiasi espressione volgare del maschio italiano medio ma per favore, lancio un appello (spostatevi che fa male), non le inquadrate troppo, lei e le altre. Nel binomio inscindibile tra vulva e pallone, vince il secondo. Almeno per 'sto mese.

venerdì 6 giugno 2008

A qualche centimetro da terra

Come molti di voi, anche io ho le mie malattie mentali, tipo quelle che ti portano a premere il pulsante di scarico del water affinchè l'ultima goccia della sciacquata corrisponda all'ultimo singulto del tuo flusso orinante, che solitario si deposita morbido sull’acqua stagnante; oppure il non calpestare le strisce bianche quando si attraversa la strada e mettere quindi - con passo goffo - i piedi solo sulla porzione di asfalto non pitturata; scommettere contro il mondo di fare canestro nel cestino un numero variabile di volte consecutive usando come palla un tappo qualsiasi, pena la cosa peggiore che ti possa capitare; trattenere il respiro dentro l’ascensore fino a che le porte non si aprano al piano desiderato. E via deliziando.

Tutto questo per segnalarvi che oggi ho (suppongo) stabilito il record di un’altra delle mie fisse autistiche, ossia sedersi sul motorino, accendere, partire e raggiungere la destinazione senza mai poggiare i piedi per terra.
Stamattina, nonostante il traffico capitolino delle ore 9, le gomme consumate filavano via sguscianti come non mai, i semafori si schieravano tutti incredibilmente dalla mia parte, nelle vesti di un Mosè contemporaneo tutto si apriva di fronte ai miei occhi primaverili.

La strada non è proprio quella consigliata dal Tuttocittà (che non considera il motorino come mezzo di locomozione), ma cavolo, queste sì che sono soddisfazioni.