Valdanito
Ci sono delle persone che nascono per fare qualcosa. Giocare a pallone e fare l'attaccante per esempio.
E se è vero che essere un attaccante puro vuol dire essere una punta, un centravanti, è anche vero che per essere una punta, di quelle vere, devi fare gol.
E per fare gol devi capire dove va il pallone in anticipo, specie sul tuo marcatore, senza bisogno di fare finte, cambi di direzione o quant'altro: la punta fa gol perché arriva prima. Punto.
Altrimenti gente che a malapena riesce a stoppare la palla e mai a saltare l'uomo - à la Inzaghi per intenderci - starebbe facendo tutt'altro mestiere, invece di buttarla dentro.
Detto questo, c'è una cosa che un difensore non può sopportare, e non parlo di tunnel, rulete, sombreri o doppi passi subiti, ma della frustrazione derivante dall'essere anticipati sotto porta, la tua porta, la porta che dovresti barricare.
E il fastidio, l'odio verso gli dei del pallone diventano massimi quando tutto questo accade in seguito ad un movimento che non ha un nome preciso, ma si può riassumere nella capacità che il numero 9 - quello di una volta - sente sua più dei coglioni: attaccare il primo palo.
E a me, che attaccante non sono, i gol che arrivano da questo taglio fantastico e candido insieme, questi gesti di meraviglioso dinamismo - magari dopo una mezza luna appena dentro l'area ad evitare il fuorigioco, prima di fiondarsi dal dischetto in direzione del fondo, perché sì, la palla arriverà lì - fanno riconciliare con 'sto sport che ci vogliono far odiare, perché sono gesti che non arrivano dopo briefing, businness plan, turn over, week end, salary cap e democratic party e transition strategy. Vengono così, come le canzoni, come i fiori. Come i sogni.
Signori, Hernan Crespo. Giù il cappello.