venerdì 30 aprile 2010

Credere Obbedire Combattere

Da qualche giorno, in varie zone di Roma, sono stati affissi manifesti per ricordarci il secondo anniversario dell’elezione a sindaco di Giovanni Alemanno detto Gianni.

Nel manifesto campeggia ovviamente la faccia fiera del suddetto con in basso la seguente scritta:
ROMA ALL’ATTACCO.

Essendo piuttosto ottuso, ho impiegato del tempo a capirne il significato, poi ho avuto l’illuminazione: era semplicemente un consiglio a Ranieri. Domenica parte l’offensiva contro il territorio occupato dall'esercito parmigiano. Totti, Vucinic, Cerci, Menez, Batista e Toni. Tutti dentro. Con libro e moschetto.

martedì 20 aprile 2010

Perduto nella pioggia

Verrà la morte e avrà i tuoi occhi
questa morte che ci accompagna
dal mattino alla sera, insonne,
sorda, come un vecchio rimorso
o un vizio assurdo. I tuoi occhi
saranno una vana parola,
un grido taciuto, un silenzio.

Cosí li vedi ogni mattina
quando su te sola ti pieghi
nello specchio. O cara speranza,
quel giorno sapremo anche noi
che sei la vita e sei il nulla.
Per tutti la morte ha uno sguardo.

Verrà la morte e avrà i tuoi occhi.
Sarà come smettere un vizio,
come vedere nello specchio
riemergere un viso morto,
come ascoltare un labbro chiuso.
Scenderemo nel gorgo muti.


Cesare Pavese, 20 marzo 1950

sabato 17 aprile 2010

Sbirulino

E' che poi uno sta sempre a farsi domande sulla sincerità dei sentimenti e dei rapporti umani in genere, dove a volte è più facile dire le cose piuttosto che crederci sul serio. A volte.

Insomma, alla fine non volevo scrivere nulla di tutto ciò, ma la mia perenne voglia di cercare un motivo per piangere mi ha portato - al solito, direi - a vedere le immagini di Sandra Mondaini durante il saluto terreno al marito. Anzi, un qualcosa di più che si cristallizza nell'imparare "che è difficile sopravvivere a quelli che sono morti" (da Solea - Jean-Claude Izzo, 1995). Ammesso che già non si sapesse prima.
Pensavo di non scrivere alcunché, dicevo, poi mi ha fatto cambiare idea quella donna. Con il volto di chi si sente e vede ancora vivo. Ma con l'aria di chiedersi perché.

mercoledì 14 aprile 2010

Vagli a spiegare che è primavera

In breve, la notizia è questa:

un anonimo imprenditore di Adro, in provincia di Brescia, ha saldato il debito contratto da alcune famiglie del paese con la mensa della scuola che era costato l'esclusione di alcuni bambini dai pasti. L'imprenditore ha scritto una lettera nella quale critica i suoi concittadini e soprattutto la politica.

La lettera che accompagnava il denaro è questa qui.

Dal canto mio, ad una prima lettura posso solo dire di non essere d'accordo con questo passo:

Io sono per la legalità. Per tutti e per sempre. Per me quelli che non pagano sono tutti uguali, quando non pagano un pasto, ma anche quando chiudono le aziende senza pagare i fornitori o i dipendenti o le banche.

No, non sono tutti uguali manco per il cazzo.
Se in "quelli che non pagano" si vuole buttar dentro anche chi ruba per necessità, allora non ci sto, perché (fermo restando che è più difficile essere delinquente che poliziotto) sono convinto da un tempo sufficientemente lungo per non farmi cambiare idea, che sia "un delitto il non rubare quando si ha fame".

martedì 13 aprile 2010

"La parte direi della canzone"

Va bene, potrei risultare tedioso con sto fatto della primavera e di quello che si porta dietro. In termini di pensieri lubrichi (aggettivo che mi è sempre stato simpatico, fin dal tempo de I fichi - min 8e43), intendo.

Quest'oggi, ad esempio, è toccato a San Lorenzo e Centocelle, dove pancia spalle gambe e il resto, viaggiavano senza copertura alcuna.
Se poi dalle cuffie parte questo pezzo proprio nel momento in cui appare un qualcosa che in futuro potrebbe regalarti un torcicollo, vuol dire che il caso ci vede meglio di me. Anche se in questa stagione me la gioco con chiunque. Nonostante la perenne mezz'asta (degli occhi, che avevate capito?).

lunedì 12 aprile 2010

Riassunti

Ieri pomeriggio, tra un seme d’erba cipollina, uno di prezzemolo e un altro d’origano (che non cresceranno mai, vista la pioggia che sta affogando il sole), si commentava la notizia letta all’interno della pagina dedicata all’esposizione, pardon, ostensione, della sacra sindone nel duomo di Torino.
Una frase, una sola, che a pensarci bene, riesce in maniera terrificante a fare un sunto degli ultime decenni - o forse secoli - di storia d’Italia e del mondo
(da La Repubblica di domenica 11 aprile):

All’anteprima per “vip”, ieri mattina alle 8.30, si è presentato Luca di Montezemolo, una visita in solitaria assieme alla moglie e ai figli.

venerdì 9 aprile 2010

Referendum

Volete voi che sia vietata l’insana abitudine insediatasi negli ultimi tempi nell’essere umano di sesso femminile, di indossare qualsiasi genere di pantalone dentro qualsiasi genere di stivale?

Io voto sì. Non ne posso più di vedere piedi e polpacci soffocati in abbracci non voluti. (Almeno) dalla primavera esigo nudità. In infradito.

giovedì 8 aprile 2010

Grazie Nina

Classica situazione di morte apparente sul divano. Ieri sera, dico.
Mi alzo e raggiungo camera. Metto a posto i panni ammucchiati sul letto (che poi, specie di notte, vuol dire ammucchiarli da un'altra parte, tipo sulla sedia rossa). "No superpuzzola, non ho voglia di giocare adesso. Va bene, va bene. Vieni qua e fammi sentire quanto c'hai umido il naso...sì, sì...tanti baci."
Senza un perchè mi sento di nuovo vispo. Potrei guardare un film, penso. Qualche mese fa ho scaricato Oltre il giardino (Hal Ashby, 1979), è un po' che voglio rivederlo. Lo ricordo geniale e anche - o forse sempre - specchio di questi tempi. Mi siedo e illumino la mela. Poi penso che la sveglia suonerà alle 8e16. Faccio due conti e non ho voglia di dormire 3 ore. Decido di cazzeggiare sul tubo nella speranza - dubbia - che il cazzeggio possa durare meno del film.
Così arriva l'illuminazione sotto forma di Suzanne nella versione di Nina Simone. Magnifica. Come quell'ugola di tizzoni ardenti. Ribussa la tranquillità. E dormo da dio.

giovedì 1 aprile 2010

E qualcuno dirà che c'è un modo migliore

Ma è forse diverso il vostro morire
vuoi che uscite all'amore che cedete all'aprile.
Cosa c'è di diverso nel vostro morire.

Primavera non bussa lei entra sicura
come il fumo lei penetra in ogni fessura
ha le labbra di carne i capelli di grano
che paura, che voglia che ti prenda per mano.
Che paura, che voglia che ti porti lontano.


(da Un Chimico, in Non al denaro non all'amore né al cielo - Fabrizio De Andrè, 1971)

Non c’è niente da fare. Questa città è troppo bella. Me lo dico ad ogni primavera. Come quest’oggi, giornata lunga una pedalata che dal Pigneto si butta per Monti e va a Trastevere passando per il centro, il Ghetto, gli odori e i caffè amari, i marmi dei barbieri – quelli veri - i fritti di baccalà e le bocche spalancate di chi vede per la prima volta e poi chissà. Le spalle scoperte e i piccioni affamati e i nasoni che sputano senza sosta per scandire le soste. E poi i sanpietrini a farsi beffe dell’orientamento, un senso perennemente ben lontano dal manifestarsi al cospetto di questi occhi accesi dal sole che brucia i colori pastello.
Allora ci si perde ad ogni svolta, quando la meraviglia ti guarda in faccia da più direzioni, quando non sai dove andare, quando poi decidi, perché “passo un attimo là e poi torno di qua”. E invece no. Perché ogni cavolo di volta riesci a sbattere contro una cosa nuova, o una barba bianca che col pane sotto braccio si avvia verso le scale coperte da un fico in un posto mai visto, la sua casa dico: “da quanto tempo vive qui?”, “da quanno so nato, dar 1918”, dicono le labbra e il sorriso nascosti da quella panna.
Perché fino a quando non butteranno giù i palazzi e i bar e la gente, i bar e la gente che dico io, sto posto sarà sempre una spanna sopra tutti. E pazienza se qui, forse più che altrove, un passato sepolto sta rialzando la voce. Si proverà a cacciarli via ancora. Speriamo solo di non metterci venti anni. Insomma, basta tutto questo, non me ne vogliano Robert Plant e compagni, per "telling myself it's not as hard, hard, hard as it seems".