giovedì 26 marzo 2009

Così, in un Flash

E' stato l’ultimo. Chissà quando ne verranno altri. Di quelli forti intendo.
Non so, vederlo salire e mettersi in azione sul quadrato dava quell’idea tipica di chi guarda un telegiornale RAI o uno CNN. Sembrerà una cazzata, ma Parisi non sembrava italiano. Da quanto era bravo.

Era una bellezza vederlo muoversi tra le corde, ammirarlo cambiare guardia a proprio piacimento e partire come una molla di rimessa, manco fosse Hagler.
Che bello con quella faccia strafottente da uomo di Calabria, con la fronte corrucciata, le rughe sempre in vista e le sopracciglia da cane bastonato pronto a bastonare.
Salvo registrazioni, non ho avuto il piacere di vedere i vari Benvenuti, Mitri, Mazzinghi, ma Parisi era forse migliore di loro, sicuramente – dalla rivincita Benvenuti-Monzon - il miglior pugile dei nostri ultimi quasi 40 anni.
E mentre scrivo mi rendo conto che sì, se parliamo di puro talento, forse ci ha lasciati il miglior pugile italiano di sempre.
E quando scompare il talento, di qualsiasi cosa si tratti, è sempre una perdita per tutti.

La medaglia d’oro nei piuma a Seul, assolutamente da non favorito, e la capriola da bambino 21enne dopo il gancio sinistro del ko durante la finale. Medaglia d'oro olimpica, mamma mia. Forse il mio primo ricordo pugilistico insieme con i pantaloncini bianco e verdi griffati TOTIP dei fratelli Stecca, di Damiani e di Patrizio “Ciro a papà” Oliva.
I titoli italiani a mani basse, i mondiali conquistati sempre in casa (questo forse il suo limite) fino a quella nottata da sogno a Las Vegas, dentro un MGM gremito, a ridere nel sentire Jimmy Lennon Jr annunciarne la provenienza in diretta planetaria: “From Viboooo Valentiaaaaaaa…”, e lui che entra con la targa dorata sempre al collo, in ricordo di mamma Carmela, partita senza ritorno poco prima di Seul.
Las Vegas dicevo, il sogno di ogni pugile, i lustrini e le bandiere, gli inni nazionali, Joe Cortez come arbitro e all’altro angolo una leggenda vivente, Julio Cesar Chavez.
Non andò bene, perse sì ai punti Giovanni, ma fu un'esibizione dell’uomo di Culiacan (120-107, 118-109, 118-109 per i giudici) con Parisi mai dentro il match.
Si rialzò da quella delusione, dopo poco più di un anno, con il ritorno sul tetto del mondo nei superleggeri, pur se non nella più prestigiosa delle sigle, la WBO. Ma sempre con quel tempo, quella velocità, quell’esplosività, quel saper leggere le traiettorie con rapidità non comune, tutte qualità che si fusero nel soprannome.

E così succede che uno sta tornando a casa dalla famiglia e la macchina sbanda e ne incrocia un’altra. Il perché non ci interessa, tanto ormai è successo. Ai voglia ad uscire dall’angolo e rientrare in gancio e diretto. Non si fa in tempo. E tutto quello che c’è qui finisce. In un Flash.


Giovanni “Flash” Parisi (1967-2009)

41 (KO 29) + 5 (KO 3) + 1 = 47
round boxati 289 : KO% 61.7

mercoledì 25 marzo 2009

Senza muschio

Era un uomo molto vecchio con la barba bianca. Aveva con sé un bastone e un libro, e aveva un'aria assorta. Claudicava col suo bastone. Aveva occhi molto brillanti e piccoli. Io mi rintanai sotto l'arcata finché non fu passato. Quindi riemersi e ricoprii quel segno di baci selvaggi. Ti scongiuro nuovamente di sposarmi. Nessun uomo ha mai custodito amor più grande di codesto. Il tempo e la marea non aspettano alcuno. Un punto in tempo ne salva cento. Pietra smossa non fa muschio. Sposami!

(La strada per Los Angeles - John Fante, 1936)

venerdì 20 marzo 2009

Solo aghi di pino

Il 18 marzo scorso, in una sala comunale gremita, Giuseppe De Cecco detto Beppe (sì, quello degli spaghi), il neo azionista di maggioranza di quella che fu la "Pescara Calcio" - dopo il fallimento, tristemente denominata "Delfino Pescara 1936" - ha ufficialmente presentato la nuova società alla città.

Tutto procedeva per il meglio, entusiasmo, abbracci, flash, la situazione difficile alle spalle, lo stadio che sarà una bomboniera e via dicendo. Tutto bene, dicevo, fino al minuto 9e20, quando il suddetto principe del grano duro, pronunciava queste parole:

- "...ho dato immediatamente i gradi di generale al nostro tifoso numero 1, Mimmo Nobile",

con tanto di inquadratura dedicata e successivo, spontaneo applauso della platea al generale senza divisa (Callà, pure a te è scappato un mini battimani, ma sei giustificato dal riflesso da leprotto che ti contraddistingue) che, con sorriso beffardo, dimostrava di accettare l'investitura.

Per chi non lo sapesse, Mimmo Nobile è un ultrà. E della peggior specie peraltro. Non un tifoso. E non credo che in questa sede sia necessario specificare le differenze che intercorrono tra l'essere ultrà e l'essere tifoso.

Oltre ai numerosi precedenti penali derivanti dalla sua decennale, virtuosa attività a sostegno dei biancazzurri dentro e fuori dal campo di gioco, vorrei segnalare che il suddetto generale Cosimo Nobile detto Mimmo, è stato - con altre undici persone - condannato in primo grado (nel 2007) a 11 anni e 2 mesi di reclusione per una serie di rapine (circa 20, la prima nel 1997, oltre 4 milioni di euro il bottino totale) effettuate a colpi di kalashnikov, pistole e fucili a canne mozze ai danni di banche e portavalori. Consulente e forse capo della banda, sarebbe Massimo Ballone, già componente della "Banda Battistini", famosa, oltre che per le rapine, per una clamorosa evasione armata (era il 1985) dal carcere di Pescara.

E' da tempo che ho smesso di credere alla follia dello sport pulito, dello sport come dovrebbe essere per definizione, quello dei valori, il rispetto e blablabla. E bla. Ma quanto è diventato bugiardo il sostantivo "sportività"?

A questo punto vi chiedo una cosa, lo chiede la mia rassegnazione: mentitetemi, non ditemi la verità.
In attesa del giorno in cui gli uomini sapranno davvero riconoscere il momento giusto per prendere le mani e usarle per un applauso più forte.

lunedì 16 marzo 2009

Mi serve un polverizzatore Thompson (5)

- Niente più baci d’addio davanti alla stazione ferroviaria di Warrington, nel nord dell’Inghilterra. La Virgin Rail (3 a tutta la fretta del mondo contemporaneo) ha fatto installare nella stazione un cartello di divieto (una coppia di profilo che sta per baciarsi barrata da una striscia rossa), sostenendo che i baci, se scambiati nell’auto, provocano intralci al traffico davanti all’edificio.
Se solo abitassi a Warrington e avessi una donna (senza martellarsi troppo le palle, decisamente più assurda la prima ipotesi che la seconda), sarebbe bello recarsi giornalmente di fronte alla stazione, magari con la macchina tappezzata di fogli di giornale. E quel che deve succedere, succeda.

- “E’ l'unica che mi è sempre rimasta fedele in tutti questi anni difficili”: alla veneranda età di 18 anni, è morta Loki, il chihuahua (3 a tutte le razze similroditrici) di Mickey Rourke (un 7 alla carriera via).
Ora, ammettendo che quello visto in questi ultimi anni sia realmente Mickey Rourke e non una bambola gonfiabile forgiata a sua somiglianza, c’è da chiedersi quanto siano ancora credibili gli scommettitori (non scommettivacche, mi raccomando) di tutto il mondo, che davano la sopravvivenza di Loki nettamente favorita su quella del padrone.

- Dopo Loki, a breve distanza, o infinita se preferite, ci ha lasciato anche Tullio Pinelli (100, come il secolo di vita), uno di quelli che ha contribuito a farmi capire che la scrittura, prima ancora della regia, vince.
L’elenco (selezionato) è piuttosto freddo, lo so, ma state attenti, a guardar bene si rischia di ustionarsi:
Lo sceicco bianco, I Vitelloni, La strada, 8½, Adua e le compagne, Boccaccio ‘70 (ep. Le tentazioni del dottor Antonio), Amici miei, Il marchese del grillo, Ginger e Fred, La voce della luna.
Giù il cappello.

- Rivoluzione Obama: “Tasse ai ricchi per rendere accessibili i costi della salute a tutti gli americani, soprattutto quelli più poveri”. La crisi la paghino i ricchi, insomma. E giù, valanghe (leggeri smottamenti per la questura) di applausi su scala mondiale. Poi uno pensa un po' di cose, del tipo che la redistribuzione del reddito in base allo stato sociale non sia proprio un’idea nuova, ma forse già dell’uomo in barba folta, che forse Dilberto avrebbe dovuto scegliere uno slogan diverso da “Anche i ricchi piangano”, o forse ancora che basterebbe bluffare e definirsi democratici (come suonerebbe PdDI, male, vero?) per proporre sacrosanti principi fondanti dell’essere di sinistra – dell’essere uomini, a mio, sconsolato, giudizio – anziché venir tacciati automaticamente di stanilismo-nostalgico-assassino-mangiabambini.
Sì, insomma, per farla breve, ho capito una cosa: l’abbronzato è comunista.

- Pete Doherty (7,5 di invidia, ma solo per lei) si confessa su Vanity Fair: “Kate Moss (8, allo sfiammo, ma non solo) mi ha sfasciato una chitarra bellissima, a cui tenevo. E poi mi ha ucciso il canarino”. Il Tgcom, sempre sul pezzo, riprende la notizia da par suo: “Kate Moss odia gli uccellini”.

- Purtoppo, le news sul Grande Fratello fanno bella mostra su ogni homepage di base rispettabile, in fondo un culo o una tetta non si negano ormai manco ai preti, o soprattuto a loro. La domanda è un'altra però, visto che a cadenza settimanale leggo "Nuovo ingresso nella casa", mi chiedo: ma come cazzo funziona sto Grande Fratello?

- Risponde in scioltezza La Fattoria (e il suo angolo di fotonews tipico di ogni homepage di base rispettabile): l'altro giorno c'erano tre tipe strafiche, in perizoma, che facevano yoga su di un pontile. Da yoghista della prima ora, comunico che nelle 10 posizioni che compongono il "saluto al sole" (l'unica routine che al tempo praticavo con assiduità da appena sveglio, a digiuno ovviamente), manca la posizone che le donzelle di cui sopra, sembrano, almeno dalle immagini, preferire: la pecora (anche se le due coppie 2-9, 4-7, potrebbero ingannare i non puri).

- La signora Melinda ci confida che suo marito, Bill “non sono invidioso” Gates (5, da sostenitore della mela) ha vietato ai figli l’acquisto di iPhone e iPod: “Sono prodotti Apple”, viva la sincerità. Evidentemente, i soldi, oltre a non dar felicità, non regalano neanche creatività. E buon senso.
Fossi in Jennifer Katherine, Rory John, e Phoebe Adele, invierei una foto al papà (fatta con l’iPhone con Custodia Incipio Ultra Light Feather e auricolari Bluetooth Apple), che li raffiguri di fronte ad un MacPro (processore Intel Xeon Quad-Core da 2,66 GHz con tecnologia "Nehalem"), intenti all’acquisto su iTunes Store di alcuni brani (di Springsteen) da inserire nei loro nuovissimi iPod da 120 giga (per Jennifer e Rory) o nell’iPod shuffle da 4 giga (per la piccola Phobe Adele).

- Nella stessa conferenza in cui il nostro presidente del consiglio costringeva con mano sulla spalla il povero Frattini (8 alla sua faccia nell’occasione, eloquentissima) a sponsorizzare la baggianata del voto ai soli capigruppo, il suddetto si è lanciato nel solito aneddoto sulla sua giovinezza estetica, raccontando di quando, in visita presso un ospizio (per non perdere consensi nella fascia più importante del suo elettorato) chiese ad una vecchina (“tutta raggrinzita su una sedia a rotelle”, con tanto di mimica a disegnare le rughe) che età avesse. La cosa incredibilmente divertente in tutto ciò, dovrebbe essere la risposta della vecchia: “siamo coetanei”. Un classico dell’immaginifico, mascherare la sua vanità (io dimostro vent’anni meno della signora) con un’opera di altruismo (che bravo che sono che vado a salutare i vecchi all’ospizio). Peccato che il prezzo della vanità non sia alla portata della vecchina. Anzi, per fortuna. E poi, come già detto, di tette finte non so che farmene, figuriamoci di facce. Di cuori poi, mi tengo quelli pulsanti, anche se calvi. E senza bandane.
Ah, ci fossero ancora le mie nonne, lo prenderebbero a colpi di borsetta. O di polenta.

- Cronaca local calcettistica: questa sera alle 21, presso il circolo Pro Roma di Largo Preneste, la compagine del Lokomotiv Colleoni cerca il punto promozione. Grazie a tutti.

domenica 1 marzo 2009

Basterebbe poco

E' che ci stavo (ri)pensando proprio pochi giorni fa, poi, visto che quando la serendipità bussa alla porta mi faccio da parte volentieri, eccomi di nuovo a far parlare altri in mia vece. Che la pigrizia non mi sia di vergogna. E chissà che un giorno non si torni a sostiture i silenzi con i "grazie", bofonchi con i "per piacere", i vaffanculo con i "mi scusi" e gli sguardi torvi con i sorrisi.


Della gentilezza

Oggi vorrei scrivere qualcosa di veramente impopolare, per cui parlerò della gentilezza. Della sua prematura e così poco rimpianta scomparsa.

La defunta non richiedeva sacrifici particolari e nemmeno eroismi. Solo un po’ di educazione e, prima ancora, di umanità. Era una forma mentale. Talvolta ipocrita, e però utile ad ammorbidire le asprezze della vita quotidiana. Grazie, prego, passi pure, mi scusi, ma si figuri, non me n’ero accorto, ha bisogno?, c’era prima il signore, non si preoccupi, disturbo? Ciascuna di queste espressioni, e dei gesti che spesso le accompagnavano, era una pennellata di grasso sugli ingranaggi esistenziali. Un balsamo che non migliorava le cose, ma consentiva di affrontarle per quel che erano, senza dovervi aggiungere lo sconforto che sempre ci assale quando abbiamo la sensazione di andare contromano.

Forme sporadiche di gentilezza sopravvivono nei rapporti sentimentali, almeno nella prima fase. Per quanto, anche lì. Tracce residue si ravvisano in piccole comunità non ancora divorate dall’individualismo dei diffidenti e dei disperati. Non si hanno notizie sicure di altri avvistamenti. A dire il vero, qualcuno che provi a essere gentile ogni tanto lo si incontra ancora. Ma passa subito per retorico, approfittatore o ruffiano. L’idea che nelle relazioni umane sia ancora possibile mettersi nei panni degli altri è considerata bizzarra. Ma non me ne vengono in mente di migliori per uscire da una crisi che ha spolpato i portafogli solo perché da tempo aveva già corroso i cuori.


Massimo Gramellini, 27 febbraio 2009