mercoledì 31 gennaio 2007

Vince il libro?

Da consuetudine ormai diventata casalingo paesaggio, il libro letto dall’avvocato, riposa dolce, caldo e morbido sul termosifone alla sinistra del cesso.
A questo punto potrei dilungarmi sull’assoluta goduria che provoca il sedersi sulla tazza - per i bisogni più importanti - con un calorifero caldo di fianco (magari con la pioggia che suona all’esterno), ma lo farò in altre occasioni.
Il libro dell’avvocato dunque (a proposito di titoli professionali, tutor forse non ricordo bene, correggimi: “Abbiamo comprato Platini per un tozzo di pane. Lui ci ha messo sopra il caviale”, questo era l'Avvocato).

A scaldarsi le chiappe, in questo fine gennaio di sole frizzante, è Una vita da lettore (Nick Hornby, 2006). In quarta di copertina, come in ogni quarta di copertina che si rispetti, c’è la frase che dovrebbe convincerti a comprare il parallelepipedo cartaceo:

I libri, ammettiamolo, sono meglio di qualunque altra cosa. Se organizzassimo un campionato di fantaboxe culturale, schierando sul ring i libri contro il meglio che qualunque altra forma d’arte abbia da offrire, sulla distanza delle quindici riprese…be’, i libri vincerebbero praticamente sempre.

Ricordando che tutte e quattro le federazioni pugilistiche più importanti, hanno deciso di ridurre nello spazio di quattro anni (dall’82 all’86, in seguito alla morte di Deuk-Koo Kim dopo l'incontro con Ray "Boom Boom" Mancini), la durata dei match iridati da 15 a 12 riprese, vorrei soffermarmi sul fantaincontro di cui sopra.
Dico subito che in linea di massima mi trovo d’accordo con Hornby. Ma con delle riserve.
Certo, come dice lo stesso scrittore, potrebbero esserci alcune eccezioni, ad esempio un ottimo album di Dylan vincerebbe contro un Dickens meno ispirato.
Dal canto mio credo che la vittoria di una forma d’arte su di un’altra abbia molto a che fare con il tipo di fantasport praticato.
Mi spiego meglio: se si giocasse a tennis sul Centre Court - il campo centrale - di Wimbledon al meglio di 5 set, i migliori Pink Floyd vincerebbero sul miglior Hemingway (ipotizzo un punteggio: 6-1, 6-4, 2-6, 4-6, 7-5), che però potrebbe prendersi una consistente rivincita se si cambiasse superficie, ad esempio sulla terra del Philippe Chatrier di Parigi (6-4. 5-7, 6-3, 6-2 per l’uomo con la barba).
Allo stesso modo, Rising Sun di Paul Klee vincerebbe per distacco una maratona contro Tropico del cancro di Henry Miller (diciamo 2h 25’ 46’’ contro 2h 48’ 01’).

Dipende molto, se non tutto dal campo di gioco, dalle caratteristiche fisiche di ogni prodotto dell’uomo, dell’arte quindi.
Ci vuole classe d’accordo (ricordate il buon Chuck Wepner, discreto pugile ma nulla più, che riuscì a metterè K.O. Mohammed Alì, prima di lasciar crollare la sua maschera di sangue al tappeto a pochi secondi dalla fine della quindicesima e ultima ripresa?), ma occhio alle certezze, il colpo della domenica può arrivare da un momento all’altro, magari non nel tennis, forse non nella maratona, ma stiamo attenti a parlare di pugilato. Fino all’ultimo secondo, che tu sia Dante o Baricco, l’importante è tenere la guardia bella alta.

La potenza è l’ultima dote ad abbandonare un pugile. (Rino Tommasi)

lunedì 29 gennaio 2007

Omaggio al vecchio scriba

E' grazie a periodi come questo che consiglio di leggere ogni volta possibile le cronache su carta di Gianni Clerici:

Abbandonata e indifesa sulla seggiolina metallica, il ceruleo ghiaccio degli occhi pareva sciogliersi, e irrorare, traverso il decolletè, le tettine avare.

(da La Repubblica del 28 gennaio 2007, pagina 62)

Il soggetto era Maria Sharapova, n°1 del tennis mondiale, sconsolata durante l'incontro perso (6-1, 6-2) con Serena Williams nella finale degli Australian Open.

domenica 28 gennaio 2007

La notte che presero il vino

27 gennaio 1967. Provincia di Imperia. Hotel Savoy. Stanza 219. Qualche tempo dopo la mezzanotte. Un proiettile esce da una Pkk calibro 7.65, buca la testa di Luigi Tenco e svanisce nel nulla. Perché in testa non c’è. Non verrà mai ritrovato, nemmeno l’anno scorso, quando il corpo, ancora intatto dopo quarantanni (a quanto pare il capriccio si chiama coliquazione: la chimica ce l’ha questi numeri in repertorio), viene issato da quella fossa di Ricaldone e controllato nuovamente.
"Potrebbe essere rimasto conficcato nei muri della stanza" dice qualcuno, ma la stanza non c’è più oramai e nemmeno l’hotel. Stesso discorso per i muri, che se potessero urlare direbbero: "no no no no no".

Dalla città dei fiori,
disse chi lo vide passare,
che forse aveva bevuto troppo,
ma per lui era normale.
Qualcuno pensò fu problema di donne,
un altro disse, proprio quasi come Marilyn Monroe.
Lo portarono via in duecento,
peccato fosse solo quando se ne andò.
La notte che presero il vino
e ci lavarono la strada.
Chi ha ucciso quel giovane angelo
che girava senza spada.

E l'uomo della televisione disse:
"Nessuna lacrima vada sprecata,
in fin dei conti cosa c'è di più bello della vita,
la primavera è quasi cominciata".
Qualcuno ricordò che aveva dei debiti,
mormorò sotto banco che quello era il motivo.
Era pieno di tranquillanti,
ma non era un ragazzo cattivo.
La notte che presero le sue mani,
e le usarono per un applauso più forte.
Chi ha ucciso il piccolo principe,
che non credeva nella morte.

E lontano, lontano si può dire di tutto,
non che il silenzio non sia stato osservato.
L'inviato della pagina musicale scrisse:
"tutto è stato pagato".
Si ritrovarono dietro il palco,
con gli occhi sudati e le mani in tasca.
Tutti dicevano: "io ero stato suo padre",
purché lo spettacolo non finisca.
La notte che tutti andarono a cena
e canticchiarono la "Vie en rose"
chi ha ucciso, il figlio della portiera,
che aveva fretta, che non si fermò.

E così fu la fine del gioco,
con gli amici venuti da lontano
a deporre una rosa sulla cronaca nera,
a chiudere un occhio, a stringere una mano.
Alcuni lo ricordano ancora, mentre accende una sigaretta,
altri ne hanno fatto un monumento,
per dimenticare un po' più in fretta.
La notte che presero il vino e ci lavarono la strada,
chi ha ucciso quel giovane angelo,
che girava senza spada.


(Francesco De Gregori, Festival, in Bufalo Bill, 1976)

sabato 27 gennaio 2007

Al lupo, al lupo

Pierino e il lupo (Petja i Volk) è la favola sinfonica (Op. 67) di Sergej Prokof'ev. Nella partitura diversi strumenti rappresentano i personaggi.

Personaggio________________________Strumento
Uccellino..................................................................Flauto
Anitra......................................................................Oboe
Gatto.......................................................................Clarinetto
Nonno.....................................................................Fagotto
Lupo........................................................................Corni
Cacciatori................................................................Timpani
Pierino.....................................................................Archi

venerdì 26 gennaio 2007

Giaccamara

Abito scuro per le "prime", giacca e cravatta per tutte le rappresentazioni, e per le donne "abbigliamento consono al decoro del teatro": la Scala da questa stagione ha deciso di stampare sul retro dei biglietti una sintesi (in italiano e inglese) delle norme di corretto comportamento da tenere durante gli spettacoli, abiti compresi.
Mi sembra una magnifica idea per incentivare la voglia di teatro.
Posso essere d’accordo con l’eleganza – che tra l’altro è un concetto tutto da definire - ma perché identificarla con la giacca e la cravatta?
Facciamo così: alla prossima messa in scena arriveremo anche noi vestiti eleganti, io personalmente indosserò una giacca di juta guarnita da una cravatta di plastica rossa. Chissà, forse avvolgendomi i capelli di nebbia verrei scambiato per Giampiero Mughini e la mia simbolica protesta annegherebbe miseramente. Con la dignità di Marinella però.

giovedì 25 gennaio 2007

mercoledì 24 gennaio 2007

Precipitazione solida

E nella roccia
Se vi fosse roccia
E anche acqua
E acqua
Una fonte
Una pozza tra la roccia
Se ci fosse il suono dell'acqua soltanto
Non la cicala
Ed erba secca che canta
Ma suono d'acqua su una roccia
Dove il tordo eremita canta fra i pini
Drip drop drip drop drop drop drop
Ma non c'è acqua


(da La terra desolata - Thomas Stearns Eliot, 1922)

Per un attimo pensavo di essere in campagna: casa bassa, giardino incantevole di giorno e terrificante la notte, buio senza fondo col silenzio rotto dalle fronde in combutta col vento. Era come se delle dita da chitarrista metal picchiettassero con forza e velocità insieme sui miei deltoidi e sulla nuca, bersaglio piuttosto facile da colpire se il tuo obiettivo dorme con la faccia pigiata sul cuscino (forse in ricordo della tecnica antirigurgito mortale dell'età neonatesca). Apro gli occhi e allora mi è tutto più chiaro, Samanta tremava al mio fianco, ma no, non era lei a rendere così reale quell'effetto tambureggiante.

I chicchi di grandine non hanno tutti un’identica forma: la classificazione generale li suddivide in sferoidi, ellissoidi, pomi, coni e forme irregolari. Nel processo di formazione, sul chicco di grandine si accumulano strati che non si compenetrano, dando luogo a una struttura “a cipolla”, comprendente strati di ghiaccio opaco e bianco alternati a strati trasparenti. Ciò è indice del ripetuto passaggio del chicco dalla zona più alta - a bassa temperatura – a quella più bassa – a temperatura maggiore -. Nella parte fredda il contenuto di vapore acqueo è basso, pertanto le gocce sopraffuse gelano velocemente a contatto con i cristalli di ghiaccio e si forma lo strato opaco, reso tale dal contenuto di particelle d’aria in esso intrappolate. Invece lo strato trasparente ha origine dal velo liquido depositato sul chicco nel parte calda della nube che congela lentamente nella successiva risalita.

martedì 23 gennaio 2007

A winter's tale

L'inverno è una delle quattro stagioni dell'anno.

L'inverno astronomico ha inizio il giorno del solstizio d'inverno e termina nel giorno dell'equinozio di primavera. Si tratta del periodo dell'anno in cui si ha la minima esposizione al sole e si raggiungono le temperature più basse.

1. Il solstizio d'inverno è, nell'emisfero Nord, il 21 dicembre, o il 22 (21 o 22 giugno nell'emisfero Sud). La data del solstizio d'inverno coincide col dì più corto dell'anno e con la notte più lunga. Il Sole raggiunge la sua minima declinazione ed è allo zenit al tropico del Capricorno.

2. Nell'emisfero settentrionale, l'equinozio di marzo (che cade il 20 o 21 Marzo) è l'equinozio di primavera. Gli equinozi (a settembre c'è quello d'autunno) sono i due giorni di ogni anno in cui il giorno e la notte hanno la stessa durata. Per definire esattamente la lunghezza del giorno, l'alba comincia quando il sole ha superato di metà l'orizzonte e il tramonto finisce quando il sole è di metà sotto l'orizzonte. Usando questa definizione, la lunghezza del giorno è esattamente 12 ore. Agli equinozi, il sole sorge all'esatto est e tramonta all'esatto ovest.


L'inverno meteorologico comprende invece per convenzione i mesi di dicembre, gennaio e febbraio nell'emisfero boreale, quelli di giugno, luglio e agosto in quello australe.

A dicembre e gennaio c'è andata bene, adesso - soprattutto se le quattro ruote non sono nelle vostre corde e le due ruote deficiano di parabrezza - tirate fuori guanti, sciarpa e cappello (e se avete voglia chiamate pure "quattro stronzi strafatti di crack con un paio di pinze e una buona saldatrice", Marcellus Wallace nella cantina di Zed, Pulp Fiction - Quentin Tarantino, 1994), febbraio attende al varco guardandoci in cagnesco.
O forse in gattesco.
E qui la mia mente malata pensa a Pari e Dispari (Sergio Corbucci, 1978) dove il dinamico duo riusciva a parlare sia il gabbianesco che il delfinesco. Ma questa, evidentemente, è un'altra storia.

lunedì 22 gennaio 2007

Libera musica in libero stato (o no?)

Non è reato scaricare da Internet musica, film o programmi tutelati dal diritto d’autore purché non venga fatto per scopo di lucro. In parole molto povere: va bene risparmiare, non va bene guadagnare dall’operazione di download. A darmi questa gioia è la Terza sezione penale della Corte di Cassazione che, con la sentenza numero 149 del 9 gennaio scorso ha annullato la condanna a due ragazzi per violazione delle leggi sul copyright.

Le operazioni di download di materiale informatico non coincidono con le ipotesi criminose fatte dai giudici torinesi. Per scopo di lucro deve intendersi un fine di guadagno economicamente apprezzabile o di incremento patrimoniale da parte dell’autore del fatto. E quindi, nel caso dei due studenti, il fatto non costituisce reato.

Ora, non sono un dei milioni di musicisti che coltivano un sogno - perchè qui quelli che ci vanno sotto sono proprio loro, e non mi riferisco evidentemente a Madonna o agli U2 - ma sto godendo un bel po'. Chissà, forse è per via del mio spirito di ligio cittadino intaccato ogni giorno dal mulo che si attiva al log-in del mac. O forse no.
Più probabilmente godo nell'immaginare le facce preoccupate e sorprese di quel gruppo di usurai autorizzati che rispondono al nome di SIAE.

domenica 21 gennaio 2007

Si difende da solo

Uragani, secchiate d'acqua, tepore invernale, pioggia col sole, la strega che si pettina i capelli, mancanza di ghiaccio, alluvioni, terremoti, maremoti, fulmini, saette, miccette, raudi, stelle filanti, tuoni, temporali, super santos, fischiebumm, pirat, zeus, Pollon combina guai, fumetti hardcore, tempeste di sabbia e lampi silenziosi.
Signori è ufficiale: il clima è impazzito. Ho almeno così si ostinano a dirci giornali e televisioni.
"Perchè scrivere montagna assassina e non alpinista pirla?" si chiedeva Beppe Grillo in un vecchio spettacolo. Appunto.
Incolonnato per diverso tempo dentro una scatoletta di lamiera emittente monossido nel venerdi pomeriggio di via Flaminia Nuova, pensavo alla definizione di pazzia. Tornato a casa, a darmi manforte c'erano Giacomo Devoto e Giancarlo Oli, pagina 811:

1. Nel linguaggio comune, qualsiasi forma di alterazione, permanente o temporanea, delle facolta mentali (dar segni di p.; esser colto da p.)

2. Atto o comportamento sconsiderato o temerario (si teme che un giorno o l'altro possa commettere qualche p.; sarebbe una p. affrontare la montagna con questo tempaccio!)

Chi è il pazzo a questo punto?

sabato 20 gennaio 2007

Una faticaccia

Le dodici fatiche di Ercole:

1. Uccisione del leone di Nemea
2. Uccisione dell’idra di Lerna
3. Cattura del cervo di Carinea
4. Cattura del cinghiale d’Erimanto
5. Pulizia delle stalle di Augia
6. Uccisione degli uccelli del lago Stinfalo
7. Cattura del toro di Creta
8. Uccisione delle giumente di Diomede
9. Conquista della cintura di Ippolita
10. Cattura dei buoi di Gerione
11. Conquista dei pomi d’oro delle Esperidi
12. Cattura di Cerbero negli inferi

venerdì 19 gennaio 2007

E fu la luce

Vista la semi-cronica assenza di persone che potrebbero distogliermi con estrema facilità dalla prima azione quotidiana, sono contento di annunciare che anche oggi ho svolto con solerzia il mio compito. Mia nonna era dolcissima quando lo faceva in mia vece, la sentivo passare con passo cadenzato di fronte ai piedi del letto fino a quando, contemporaneamente all’atto, si decideva a dare fiato a quell’accento veneto stranamente soffice: “Sveglia mulinaio che è giorno, il dovere ti chiama!”.
Stamattina è successo lo stesso, Nonna Edvige non c’è più ormai, ma ogni volta che rinnovo quel gesto è come se il sole entri ugualmente, prescindendo dal fatto di essere o meno coperto dalle nuvole.
Sì insomma, anche oggi ho aperto la finestra.

giovedì 18 gennaio 2007

Big Brother is watching you

Non so se vi sia già capitato di dare uno sguardo ad alcune delle pa(L)pabili concorrenti della nuova edizione, la settima, del Grande Fratello. Beh, io la gallery sul sito del corriere l'ho vista. Allora mi chiedo, tralasciando la conduzione, che salvo sorprese (tipo gravidanze sopraggiunte grazie a distratti calciatori allupati), sarà strillata da Alessia Marcuzzi: il sommo autore del programma piuttosto che il più alto in grado della squadra addetta al casting, chi è, Riccardo Schicchi?

Al futuro o al passato, a un tempo in cui il pensiero è libero, quando gli uomini sono differenti l'uno dall'altro e non vivono soli...
a un tempo in cui esiste la verità e quel che è fatto non può essere disfatto.
Dall'età del livellamento, dall'età della solitudine, dall'età del Grande Fratello, dall'età del Bispensiero... tanti saluti!


(1984 - George Orwell, 1948)

mercoledì 17 gennaio 2007

Chi perde esce

A detta del Mono, Nestore ed Enea mettevano davvero paura: erano due ragazzoni abbondantemente sopra il metro e novanta di altezza e i cento chili di peso con corporatura tendente più a Ciccio di Nonna Papera che a Lou Ferrigno. Ad incutere timore infatti, non era l’epicità dei nomi o la maestosità del fisico, ma la loro bravura nel più classico dei giochi 2 contro 2: il biliardino, definizione che ho sempre preferito (chissà perché poi…) a quella di calcio balilla.
Il tavolo da gioco, rigorosamente di marca Roberto Sport, si trovava proprio sotto al balcone di casa mia, in una sala giochi senza nome ufficiale ma con molti ufficiosi (quasi come il protagonista-eroe di un western crepuscolare) come La saletta o più precisamente Da Romano, per via del nome del titolare.
Tutti noi di Porta Nuova la conoscevamo invece come La sala pigro, a causa dei frequentatori dalla fedina penale non proprio immacolata.

In gergo pescarese, il termine pigro è associabile a proprio piacimento a quello di zingaro, nel senso di un losco figuro dalla camminata inconfondibile alla disperata ricerca della rissa, che non te la manda a dire, che incrocia appositamente il tuo sguardo per dirti frasi del tipo: “chi mi ‘sti uarda’?”, seguito spesso dal magico “chi ting’ la facc' zezz’?”. Insomma, come si dice dalle mie parti, il classico sparem’m’pett.

Ricordo parecchia tensione ogni volta che, rincasando dalla palestra, mi toccava passare di fronte alle vetrine della saletta, ma bastarono due discussioni con borsa poggiata per terra come a dire “adesso ho le mani libere” - una con un tal Rosario, sfigato che si atteggiava a pigro convinto di guadagnare punti nella sua scala sociale disturbando la mia camminata, e un’altra con un tipo che si divertiva a prendere a calci uno sportello in alluminio contenente, se non sbaglio, una sorta di quadro elettrico del mio palazzo - per guadagnarmi il rispetto di tutti che equivaleva a dire lasciarmi passare senza rompermi le palle. Certo, fui fortunato a non incontrare qualche altro simpatico personaggio, ma il pigro è così: se vedono che sei amico di un suo amico allora puoi stare tranquillo, il rispetto te lo sei guadagnato. E a quei tempi, se frequentavi come me la tana delle tigri di Riccardo, di pigri ne conoscevi a pacchi. E con molti ci facevi pure a cazzotti, scherzandoli anche, ma senza che ve lo sto a dire, sul ring è una cosa, sulla strada ne è un'altra.

sostavo da giovincello sotto i portici di Piazza Salotto, come ogni sabato la rissa è nell'aria. Si affrontano in due:

A (un po' impaurito): "Guarda che faccio full contact!"
B (in scioltezza): "J facc' a mazzate."

Vi devo dire com'è andata a finire?


Il Mono arrivava verso le due e trenta, quando, con la copia giornaliera de Il Centro davanti agli occhi, assaporavo l’ultimo sorso di caffè. Era impossibile non accorgersi dell’arrivo del Mono, la sua Sfera cinquanta emetteva un rumore che neanche una Ferrari con marmitta bucata (esisterà mai nel mondo un matto che buca la marmitta ad una Ferrari?) da due cacciaviti modello carpentiere.
Pare che anche Pitucci (noto per la sua camminata dai piedi piatti) fosse molto forte ma sembra anche che in coppia col Mono prese una seria scoppola con i nostri acerrimi rivali (miei e del Mono) di sempre: il Signor Valdoni e La Signora, attaccante il primo, portiere il secondo.
Tra flash, doppiette, pallonetti, passaggi 3-5 o 5-3, scatolette, virgole e sponde contestate (rullate mai) si andava avanti per ore anche oltre il tramonto del sole, con i piedi nudi che iniziavano a diventare freddi come la sabbia sulle mattonelle bianche di un qualunque stabilimento: perché come la vita non può fare a meno della morte, lo stabilimento balneare non ha ragione di esistere senza biliardino (con i suoi 12 tavoli da gioco eccelleva il Belvedere, frequentato da noi giovani di Istria solo per questo motivo, anzi no, la birra in bottiglia costava di meno…).
Sul biliardino le leggende non si contano sulle dita di una mano neanche se scese a patti con quelle dei piedi, ma chissà, forse avrò tempo per raccontarvele.

come quella volta che io e La Signora vincemmo a sorpresa con una coppia di trentenni delinquenti in quel di Saturno, facendo la follia di scommettere dei soldi, mi sembra 5000 lire mila a testa: ci andò bene. Il mio portiere fece miracoli e La Signora in stato di grazia flashava che neanche La Chapelle sotto acido. Portammo a casa la partita sul filo di lana tra il crescente e pericoloso nervosismo dei nostri avversari che, ovviamente, non pagarono la scommessa. A noi andava bene così, non ci interessavano i soldi, o più probabilmente non era il caso di andarglieli a chiedere.

Tutto questo per dirvi che il biliardino ("senza affondare" leggesi gratuito) è rientrato prepotentemente nella mia vita grazie al Fanfulla 101, capannone adibito a locale nel sempre più verde Pigneto. “Si gioca a chi perde esce” recita il cartello con tanto di disegno. Dopo qualche partita di assestamento ingrana la quarta la coppia Cirello-Gallit, ritiratasi imbattuta e con le mani gonfie di dieci e più partite:

Ragazzo: “Ma come?, avete perso alla fine?”
Cirello-Gallit (mostrando il palmo delle mani): “No, no. Ci siamo ritirati, abbiamo mani e occhi a pezzi.”
Ragazzo (dandoci la mano): “Vi sfida ufficialmente il Fanfulla 101.”

lunedì 15 gennaio 2007

La moglie di Bogey

Domenica Humphrey Bogart su Classics di Sky Cinema. Se solo non avessi le palpebre attaccate ad un'incudine più grande di quelle tirate senza successo da Wile E. Coyote sulla testa dello sfuggente Road Runner, scriverei con tutta probabilità un pippone su Casablanca (Michael Curtiz, 1942) invece di riferirmi all’intervista a Lauren Bacall andata in onda subito dopo. La ricordo con emozione nel viso di Vivian Sternwood Rutledge (Il grande sonno – Howard Hawks, 1946). E quasi m’innamoro col pensiero. Un'altra volta.

domenica 14 gennaio 2007

Sogni d'oro

C’è sempre un rilassante tremore ad accompagnare l’attimo prima di allungarsi sul letto e chiudere gli occhi, si spera, solo per qualche ora: i pensieri sfuggenti, le lacrime trattenute, le pupille fisse sul nulla, la testa vuota ripiena d’aria, la traccia finale del cd ormai esaurita, il ricordo dell’ultima risata di gusto, le carte dei regali aperti e il pensiero di quelli non ricevuti, la consapevolezza dell’idiozia del pensiero precedente, le foto-tessere vetuste ma non ingiallite, la voglia di avere voglia, gli aculei di Pallina petulanti nel domandarmi “Perché?”, una domenica che lo è già ma chissà perchè lo sarà realmente solo al risveglio. Se mai ce ne sarà uno.
E pensare che il 14 gennaio possono accadere cose che non si dimenticheranno: ad esempio Marilyn Monroe che sposa Joe DiMaggio (1954) o Martina Navratilova che vince il suo 100esimo torneo (1985).
Chissà cosa succederà oggi.
Forse molto.
Più probabilmente qualcosa vicino al niente.

sabato 13 gennaio 2007

Elementary, my dear Watson!

Gli Irregolari di Baker Street erano la forza di polizia ufficiosa di Sherlock Holmes: una dozzina di monelli londinesi, capitanati da Wiggins. Erano pagati uno scellino al giorno, con il premio di una ghinea per chi avesse trovato l’indizio chiave. Usati da Holmes nel caso lui stesso o la polizia avessero dato nell’occhio, gli Irregolari apparvero solo in tre delle sue storie: Uno studio in rosso, Il segno dei quattro, e L’uomo deforme.

venerdì 12 gennaio 2007

Malinconia

E' un bel fatto che tutte le volte che siedo in un angolo
d'una tampa a sorbire il grappino, ci sia il pederasta
o i bambini che strillano o il disoccupato
o una bella ragazza che passa di fuori,
tutti a rompermi il filo del fumo. "E' così giovanotto,
ce lo dico davvero, lavoro a Lucento".
Ma la voce, la voce angosciata del vecchio
quarantenne - non so - che mi ha stretto la mano
nottetempo nel freddo e poi mi ha accompagnato
fino a casa, quel tono da vecchia cornetta,
non lo scordo, neanche se muoio.
Non diceva del vino, parlava con me
perchè avevo studiato e fumavo la pipa.
"E chi fuma la pipa" esclamava tremando
"non può essere falso!" Approvai con la testa.


(Il vino triste, da Poesie del disamore, Cesare Pavese, 1951)

giovedì 11 gennaio 2007

Il silenzio è d'oro e uccide

La fabbrica di vedove volava
a diecimila metri sulla terra siciliana,
il pilota controllava l'orizzonte, la visibilità era buona.
(Francesco De Gregori, da Disastro aereo sul canale di Sicilia, in Bufalo Bill, 1976)

Roma. 
Torre di controllo di Ciampino. 
27 giugno 1980. 
Ore 20, 59 minuti e 45 secondi. Sul punto di coordinate 39°43’N e 12°55’E scompare dallo schermo radar un velivolo civile. E’ il Dc9 I-TIGI della società Itavia, in volo da Bologna a Palermo, nominativo radio IH870. Il controllore di turno cerca di ristabilire il contatto con il pilota del Dc9. Lo chiama disperatamente una, due, tre volte. A rispondergli solo un silenzio di ghiaccio. A bordo c'erano 81 persone, tra le quali 13 bambini: tutti morti.

Di ieri 10 gennaio 2007 la sentenza definitiva: come per l’Italicus, la bomba alla stazione di Bologna, quella a piazza Fontana, “l’incidente” aereo di Enrico Mattei, anche qui non ci sono colpevoli. E quei morti galleggianti inquadrati dagli elicotteri chiederanno per sempre chi e perché.

Subito dopo il disastro il gruppo neofascista dei Nar rivendica la strage: per i giudici si tratterà di un vero e proprio depistaggio operato dal cosiddetto Super Sismi.

Nel luglio 1980 Il generale Romolo Mangani, comandante del Centro operativo regionale di Martina Franca, responsabile del controllo radar dei cieli del sud verrà accusato di "alto tradimento per aver depistato le indagini".
In quello stesso mese iniziano una serie di morti sospette e non a confermare che la vita è meglio di qualsiasi romanzo di spionaggio:
sui monti della Sila viene trovato un Mig 23 libico, forse caduto la notte del 27 giugno, la stessa della tragedia del Dc9. Il maresciallo Mario Alberto Dettori, radarista della base di Poggio Ballone (Grosseto), confessa alla moglie: "Quella notte è successo un casino, per poco non scoppia la guerra". Dettori morirà suicida nel marzo dell'87 ossessionato da una frase che, dice, non lo abbandona mai: "Il silenzio è d'oro e uccide".

Nel dicembre dell’80 L'Itavia, l'azienda del Dc9 esploso, dirama un comunicato stampa che indica come unica ipotesi valida a spiegare la caduta dell'aereo quella di un missile.
Recuperato il relitto, nel marzo 1989, dopo cinque anni di lavoro sui resti ricomposti, i periti della commissione Blasi concludono che il Dc9 è stato abbattuto da un missile.

Nel marzo 1993 un ulteriore colpo di scena, Alexj Pavlov, ex colonnello del Kgb, rivela la sua verità: il Dc9 fu abbattuto da missili americani, i sovietici videro tutto dalla base militare segreta che nascondevano vicino a Tripoli: "Fummo costretti a non rivelare quanto sapevamo per non scoprire il nostro punto di osservazione. Quella notte furono fatte allontanare tutte le unità sovietiche della zona perché sapevamo che ci sarebbe stata un'esercitazione a fuoco delle forze americane".

Nel dicembre 1993 le morti aumentano: Andrea Crociani, imprenditore toscano, viene interrogato dal giudice Rosario Priore, titolare dell'inchiesta. Crociani rivela le confessioni a lui fatte da Mario Naldini, il tenente colonnello che prestava servizio all'aeroporto di Grosseto e che la sera del 27 giugno si alzò in volo con il suo caccia Tf140 per un'esercitazione Nato. "Mario mi disse: Quella notte c'erano tre aerei. Uno autorizzato, due no. Li avevamo intercettati quando ci dissero di rientrare. All'aeroporto di Grosseto, dopo l'atterraggio, ci informarono della tragedia del Dc9". Naldini era il capo squadriglia delle Frecce Tricolori, morto a Ramstein nell'agosto dell'88 durante la disastrosa esibizione che causò la morte di 51 persone. Dieci giorni dopo doveva essere ascoltato da Priore per i fatti di Ustica.

Nel 2003 a 23 anni dalla tragedia, il tribunale di Roma, dichiara responsabili i ministeri dei Trasporti, della Difesa e dell'Interno, e li condanna in solido a risarcire all'Itavia i danni, quantificati in circa 108 milioni di euro (210 miliardi delle vecchie lire).

Il 30 aprile 2004, la terza sezione della Corte d'Assise di Roma assolve da tutte le accuse contestate i generali dell'Aeronautica Lamberto Bartolucci, Franco Ferri, Zeno Tascio e Corrado Melillo individuando responsabilità - l’accusa era di alto tradimento, tra le decine di stranezze di quella sera ricordo che in un libro di volo conservato da uno dei radar militari competenti, la pagina relativa al 27 giugno 80 venne trovata strappata di netto e riscritta, l’unica in tutto il libro ovviamente - nelle condotte dei generali Bartolucci e Ferri in merito alle informazioni che i due militari fornirono, in maniera errata, alle autorità politiche.

E poi il 10 gennaio 2007: tutti assolti.

Pare che nella finanziaria di quest’anno ci sia un comma che garantisca il risarcimento ai familiari delle vittime di Ustica e dei delitti commessi dai fratelli Savi, poliziotti che fuori dal servizio si divertivano ad ammazzare gente a bordo di una Fiat Uno di colore Bianco.

Quante cose non sappiamo e non sapremo mai, quante cose ci nasconde e manipola la gente che governa, quelli che (in teoria) scegliamo noi. Spesso mi chiedo se il mondo sarebbe migliore con persone come me (con nel fondo un briciolo di bontà quindi) ai posti di comando. Poi ripenso a Fabrizio (a proposito, ieri sono 8 anni che te ne sei andato, mi manchi ma ti vedo, sei sempre l'oculista migliore) e mi dico che si, forse non è così dura come sembri:

Se fossi stato al vostro posto…ma al vostro posto non ci so stare.
(Fabrizio De Andrè, da Nella mia ora di libertà, in Storia di un impiegato, 1973)

Per chi fosse all’oscuro di tutto questo vi consiglio la puntata di Blu Notte – Misteri Italiani di Carlo Lucarelli ma se volete di più, se vi manca la pelle d’oca allora non ho dubbi, comprate o affittate il DVD di Marco Paolini e Daniele Del Giudice - “I-TIGI Canto per Ustica”, edito da Einaudi. Io ero un giovincello va be’, ma non sono riuscito a trattenere il pianto.

mercoledì 10 gennaio 2007

Il colore dei saldi

Ci risiamo, un'orda di persone cui non riesco a dar nome si riversa famelica come zombie verso le vetrine dei negozi con il numero più alto a far da titolo: 30, 40, 50, 60, 70 (bum!) per cento di sconto. Assolutamente imperdibile. C'è chi si apposta in camper fuori dai centri commerciali, sveglia con la brina sul cuscino, caffè volante e poi via ad alitare sulle porte scorrevoli ad apertura sensoriale in attesa di realizzare il sogno: arrivare per primi. Eh sì, perchè ottenere la pole position significa trovare il 43 anzichè sentirsi dire "mi spiace, sono rimasti solo il 36 e il 49", vuol dire scegliersi un maglione di colore nero anzichè quello giallo ocra piuttosto che ciclamino senza doversi chiedere se esistano sulla scala Pantone (se ad esempio volessi una camicia verde prato brillante il mio codice sarà 17-6153TC, se la volessi bianco latte sarà 11-0601TC).
Considerando la mia naturale non propensione all'acquisto in genere e di capi d'abbigliamento in particolare - lodata sia mia madre che da pietà mossa, torna saltuariamente con un paio di braghe - la derisione di questa massa informe di saldi compratori raggiunge sempre nuovi record d'intensità. La domanda che mi pongo a cadenza annuale rimane invece sempre la stessa: in fondo mettere della merce in saldo cosa vuol dire, che durante tutto il resto dell'anno mi avete preso clamorosamente per il culo?

martedì 9 gennaio 2007

Regalar con semplicità

Pensavo di stilare una lista dei regali ricevuti a Natale, poi mi sono detto "perchè mai dovrei farlo?". Quindi evito elenchi d'ogni tipo, puntualizzando solo di aver ricevuto - sommo gaudio - né inutili sveglie né stampe d'improbabili pittori. Ma soprattutto, e credo sia la prima volta da molti anni a questa parte, neanche uno straccio di libro. Allora mi chiedo: la gente, le persone, gli uomini, le donne mi conoscono davvero?

lunedì 8 gennaio 2007

Urlate

Eccomi di nuovo circondato da sirene di ogni tipo, parabole sui tetti, invisibili onde elettromagnetiche a massaggiare l’epidermide, il calcare nel caffè, gli aculei di Pallina, scarpe abbandonate sul prato del Torrione, motorini spenti sotto la finestra, divani troppo piccoli, peli di Samanta ovunque, pianta di basilico passata a miglior vita, chitarra impolverata, posacenere ancora vuoti, termosifoni autonomamente accesi, lampadine fulminate e panni stesi, accendini senza gas e fornelli incrostati, scrivanie senza spazio e vecchi sigari ancora in servizio, zaini sovraffollati, cielo grigio, penne che non scrivono e tazze abbandonate. Ci hanno obbligato a fare bilanci perché un anno nuovo è arrivato senza che ne sentissimo il bisogno. La capitale riesce sempre a ricordarsi di me, nonostante sia uno dei tanti. Sento già la mancanza del mare, dei suoi odori e sapori. Della sua presenza.
Uscite fuori da quel guscio marcio dolci persone aggredite dal malessere. Vi amo, vi sono dentro. Non mollate. C’è ancora troppo da regalare. Urlate e ripartite. Forza.

venerdì 5 gennaio 2007

Fruscio

Ogni tanto, quando la nullafacenza potrebbe prendere il sopravvento, decido di dare una bella ramazzata all'hard disk del computer. Tra le varie cappellate rimosse, ho trovato un file word che con tanto zelo avevo evidentemente conservato. Si tratta di una ventina di secondi in chiusura della puntata di Blob del 14 gennaio 2005. Schermo improvvisamente invaso da formiche elettroniche, e una voce semi robotica a recitare quanto segue, ognuno tragga le sue conclusioni, le mie sono ancora sottoposte a segreto di stato, quando morirà Cossiga forse verrano fuori:

Questo è l’eco della creazione dell’universo. Alterando la sintonia della televisione si può captare la radiazione di fondo, quella che proviene dai margini dell’universo visibile. Una radiazione che quando venne emessa, era nello spettro arancione, ma che ora, dopo 15 miliardi di anni di viaggio, possiamo solamente percepire nelle spettro delle microonde.

STOP. Poi forse le formiche avranno lasciato spazio al promo di Mi manda raitre, suppongo mi fossi già allontanato dal divano della cucina. E ben lontano da farvi ritorno.

martedì 2 gennaio 2007

Pari opportunità

Evito cacche sui marciapiede dissestati di Viale Mazzarino direzione Piazza Salvo D'Acquisto. Mattinata fresca, sole velato e un vento voglioso di portare aria di mare sotto le narici ancora estasiate, ammutolite e gaudenti causa Amarone di Allegrini annata 1996, che il buon Luigi (titolare de L'osteria dell'Unione, ristorante enoteca che ha visto le gesta del sottoscritto tra i tavoli in legno nell'estivo brulicante centro storico di Pescara) ha deciso di offrire nella foschia serale di Collecorvino.
Assorto e stanco, concentrato e vivace, l'occhio dello scrivente si è posato su di un cartello solitario dall'altra parte della strada. Sfondo bianco e scritta rossa, essenziale, preciso, che non ammette repliche, quasi nazista:
"2007 hanno europeo delle pari opportunità per tutti."
Con la faccia di Dino Zoff in caso di vittoria o sconfitta - quindi sempre la stessa, immobile, ferma nel tempo e nello spazio - ho rimesso in moto i piedi con la sensazione di chi sta per essere fregato ma non può impedirlo: "Una situazione Kafkiana" avrebbe detto Amedeo (Enzo Jannacci, in L'udienza - Marco Ferreri, 1971).