sabato 22 dicembre 2007

Rallegramenti

- Giocatore 1: “Apro di mille.”
- Johnny Firpo: “Piatto ricco mi ci ficco.”
- Parapolis detto Il Greco: “Scusa ma quando gioco a poker le frasi fatte mi fanno venire il nervoso.”
- JF: “Sì, anche a me.”
- Giocatore 2: “Ecco i miei.”
- Greco: “Quante carte?”
- JF: “Il piatto piange.”
- Giocatore 1: “Tre carte.”
- JF: “Come.”

(Luciano Catenacci e Terence Hill, in Pari e Dispari - Sergio Corbucci, 1978)

Si spera sempre nel tavolo tondo, in una luce dall'intensità giusta e ben indirizzata. Poi le ciabatte portate da casa, la tradizionale scorta di sigarette e relativa nebbia ad abbracciare di probabilità la circonferenza, un panno verde senza troppi pelucchi, carta e penna per il “conto poste”, da prendere rigorosamente dopo il seguente scambio di battute:

- “Allora, da quanto la facciamo una posta?”
- “Facciamola da…aspe’ che prendo carta e penna.”

Successivo summit per decidere la durata dello scontro dopo quest’altro scambio di battute con la consapevolezza che tanto si finirà a casa sempre alla stessa ora, alle 8 o giù di lì:

- “A che ora finiamo?”
- “Alle 4 chiamiamo giro?”
- “Mmm…alle 4?”
- “Alle 5?”
- “Facciamo così: alle 3 si fa pausa e si decide.”
- (In coro) “Perfetto.”

Tentativo - solitamente infruttuoso - di recuperare tanti posacenere quanti sono i giocatori, angolo scimmie non troppo distante dall’arena, bottiglia d’acqua ai piedi del cerchio (“Chi c’ha l’acqua?”).

- “Full vestito teresina?”
- (in coro) “Sì, sì.”
[…]
- “Un giro di teresa e poi poker?”
- “Ma…mani in petto?”
- “Sì, cioè, chi inizia non rida’.”
- (In coro): "Perfetto."

Bicchiere personale (aaah il tumbler basso!) a controllo delle fiches,

- “Come facciamo? Il cartaro mette il doppio o tutti uguale?”
- “No, no, il cartaro mette il doppio.”
- (In coro) “Perfetto.”

Tra le tante, ecco la formazione non soggetta al logorio della frenesia contemporanea:

- "Monte' fa i posti, ché io riconto le fiches.":

1. Callara, detto "Teodomiro" per la capacità di mandare a puttane una mano dopo la semplice visione di un asso di picche.

2. Sig. Valdoni, conosciuto anche come "Lillino" per la nota faccia di cuoio durante la fase di truzzicamento.

3. Montelli, detto "Colore" per l’ormai nota adorazione verso il bronzo dei punti. Due quinti, un quinto, tre quinti? Vado a colore!

4. Cirello, conosciuto in Nord America come "Alcol free" per la tendenza a privarsi degli alcolici durante il rito cartaceo.

Che vinca il migliore.

E ricordatevi che se entro la prima mezzora non avete capito chi è il pollo...

mercoledì 19 dicembre 2007

Mi manca chiunque.

Lenore aiutò il fratello ad alzarsi. I due si avvicinavano alla spiaggia in cima alla collina, dove l'erba diventava secca e marrone. Rick non aveva più bisogno d'aiuto. Ci furono voci, dagli uni agli altri. L'Anticristo aveva problemi a reggersi in piedi.
L'ultimissima porzione di sole venne risucchiata dietro la palestra, a occidente. Un'ombra fresca colmò di sé il campo, poi risalì la collina e raggiunse il War Memorial. L'ombra avviluppò le quattro figure nell'istante del loro unirsi, e le inghiottì.

(La scopa del sistema - David Foster Wallace, 1987)

lunedì 17 dicembre 2007

Sosiando

"Che cos'è il genio? E' fantasia, intuizione, decisione e velocità d'esecuzione."

(commento allo scherzo del Necchi, in Amici Miei - Mario Monicelli, 1975)



Ieri pomeriggio, su Canale5, c'era un tipo che somigliava parecchio allo scrivente. O almeno così mi hanno detto.
Stamattina, al risveglio, mi è tornata in mente una cosa:

nel 1910, a San Francisco, Charlie Chaplin partecipò ad un concorso per sosia di Charlie Chaplin. Arrivò terzo.

giovedì 13 dicembre 2007

"Aspe', sta a carica'."

Durante il caricamento si potevano fare un sacco di cose.
Ci si poteva fare una spremuta (o meglio, la faceva mamma), bere un the con una marea di biscotti dentro o persino andare al cesso per una di quelle sedute interminabili che piacciono tanto al titolare della Festicciola.
Acceso l’alimentatore, bastava scegliere la cassetta, infilarla nel registratore e digitare “load” con la consapevolezza che la macchina ti avrebbe sempre risposto allo stesso modo, con una frase che entrò a piedi uniti nel linguaggio comune di noi bimbi pestiferi non ancora brufolosi:
"PRESS PLAY ON TAPE”.

Con 18 milioni di esemplari venduti in 11 anni di produzione è tuttora il computer più venduto della storia, un record che, a guardare il mercato odierno e le sue logiche di produzione, resterà imbattuto per sempre.
Tutto 'sto preambolo per dirvi che il 10 dicembre scorso (perdonatemi il ritardo), il Commodore 64 ha compiuto 25 anni.

A dir la verità non so proprio dove andrò a parare con questo scritto, troppe cose da dire, troppi aneddoti che s’intrecciano con i pomeriggi davanti allo schermo:
le sfide con mio fratello, con “il computer” (e quella fantastica domanda che ci faceva sentire dei programmatori in stile Walter Nebicher: “Ma stai giocando contro il computer?”), con gli amici (Giulio, dove sarai ora? Avrai smesso di spacciare?) che venivano in massa con ancora l’ultimo boccone del pranzo tra i denti, la miriade di joystick rotti (e qui cito ancora mio fratello, noto lanciatore di joystick nell’etere del salotto, con automatico rimprovero proveniente dalla cucina), quelli da tavolo con le ventose che si portavano dietro il tavolo stesso in caso di partita particolarmente accesa, la rotellina per giocare ad Arkanoid (l’unico ad avere avuto l’onore di vedere mio padre negli occhi), quelli con un sacco di pulsanti inutili che premevi a caso nei cosiddetti picchiaduro (Double Dragon su tutti) nella speranza che il tuo omino ammazzasse chiunque con una formidabile quanto improbabile mossa segreta.

Lo Spectrum, grande rivale del C64, dalle parti mie non era preso neanche in considerazione. Anche su The Games Machine (per gli amici TGM) godeva di poco spazio: il Commodore 64 era Il Computer. Se solo avessero potuto parlare, anche i suoi nonni (il Vic20 e il Commodore 16) lo avrebbero ammesso.

- E poi i giochi di pallone, International Soccer su tutti, che nonostante le porte senza reti e sei giocatori per squadra pareva di essere al Maracanà.

- MicroProse soccer, con la sua rivoluzionaria vista dall’alto.

- Match Day, di una lentezza imbarazzante ma con il merito di essere stata la prima simulazione calcistica in cui si poteva regolare la potenza del tiro variando la pressione del pulsante.

- Barbarian, che non ho mai capito come riuscisse a mettermi un’ansia che neanche Lynch in paranoia dura.

- Impossible Mission (che mi ostinavo a chiamare con l'accento sulla seconda "i"), con i suoi ascensori, le sue porte scorrevoli e quella magnifica capriola che facevi anche quando non ce n’era alcun bisogno. Il primo a stupirmi per la fluidità di movimento dell’omino.

- Rainbow Islands, che farebbe tuttora la gioia dei frequentatori di un coffeeshop.

- Mi consideravo un fenomeno (anzi, lo sono) a International Karate+, avevo un tempo nel calcio volante che manco Bruce Lee sotto efedrina. 1000 punti a botta e raggiungevo il bonus (e relativo passaggio di cintura) in un attimo: eri sul lato sinistro dello schermo sotto l'occhio vigile del sensei baffuto e con uno scudo di metallo tra le mani dovevi respingere delle palle di ferro che ti arrivavano addosso, rimbalzanti e non, a qualsiasi altezza. Non credo di essere mai stato così vicino ad una crisi epilettica come in quei momenti.

- Il leggendario Ghost’n Goblins (Calla’, ti fischiano le orecchie?), che aveva l’unico torto di farti ricominciare ad inizio quadro quando perdevi il cosiddetto cannoncino. Amavo il rischio e anziché il coltello da lancio preferivo la torcia, perché dovevo calcolare bene il tempo del tiro (rigorosamente a palombella) e la durata della fiamma, nella speranza che non si esaurisse prima del passaggio del morto vivente di turno.

E tanti altri che aspettavi trepidante con il televisore gonfio di deliranti, variopinte linee orizzontali (e che terrore quando non comparivano: il gioco non funzionava!) che se le fissavi troppo finivi in un trip che neanche nel finale di 2001, mentre i numeri del registratore scorrevano lentamente, molto lentamente. International Soccer ad esempio era carico solamente a 041. Spettacolo.
Come la prima volta che tradii Chip’s di Via Milano (il baffo di Cosmos3000 su via Mazzini entrò in scena anni dopo, con l’Amiga) per entrare in quel negozio di via Bardet e scoprire che lì ti davano anche le cassette copiate, totalmente fuorilegge ma che costavano un terzo.

E quella volta che...

Ok, basta, sennò ‘sto post non lo legge nessuno.
"RUN".

Esaurito.

C'era più gente in giro con le bici stamattina. Sembrava ci fosse anche meno traffico. Ma forse era solo un'impressione.
Poi c'era il sole. E meno rumore.

lunedì 10 dicembre 2007

Pentole d'oro

Non mi era mai successo.
Il mare d'inverno con la sua spiaggia lunghissima e meravigliosamente sgombra, i gemelli pargoli del Matta trio che se la dormivano beatamente.
E poi gli arcobaleni, al plurale. Due onde multicolore che si rincorrevano dietro gli scogli.
Subito in spiaggia incurante dell'ottimo risotto fumante appena servito.
Quattro, cinque minuti, non so. E' bastato. Cazzo se è bastato. Ancora rido.

venerdì 7 dicembre 2007

.



Ditele che l'ho perduta quando l'ho capita,
ditele che la perdono per averla tradita.


(Francesco De Gregori, da Atlantide, in Bufalo Bill, 1976)

lunedì 3 dicembre 2007

A Casorate Primo ci si diverte un bel po'

L’altra sera, sotto chili di coperte, ho deciso di pescare un Dylan Dog a caso (L’uomo che visse due volte, di Sclavi&Venturi – N° 67, febbraio 1995, prima ristampa) ed elevarlo al rango di carillon ninnanannesco.
La Horror Post era quasi totalmente occupata dalla lettera di tal Michele Somma da Casorate Primo, Pavia.
Non ancora riesco a capire se il malato più grave è lui, oppure io, che impiegherò i prossimi minuti a ricopiare la sua missiva (secondo me vado a perdere…):

“Vi comunico i dati della statistica da me condotta e che riguarda i numeri dall’86 al 99, che prosegue quella di Sergio Capuzzimati pubblicata nel numero 88.
- I morti sono stati 172, di cui 86 uomini, 51 donne, 3 bambini (più 32 persone bruciate in un cinema, e di sesso non definito), con una media di 12 morti per albo e con un massimo di 54 nel numero 92.
- In dettaglio:
36 bruciati, 23 trafitti, 17 sparati, 17 accoltellati, 11 sgozzati, 7 soffocati, 6 affogati, 5 decapitati, 5 investiti da auto, 5 infartati, 5 suicidi, 4 sfracellati, 3 dylaniati, 3 sventrati, 3 bastonati, 3 strangolati, 3 con la testa rotta, 2 spappolati, 2 impiccati, 2 divorati, 1 fulminato, 1 morto di AIDS e 5 per altri motivi.

- Le battute di Groucho sono state 221, con una media di 16 per albo e con un massimo di 41 nel numero 95.
- Il campanello della porta di Dylan ha urlato 20 volte.
- Dylan ha suonato 3 volte il clarinetto, ha cercato di costruire il galeone 7 volte e ha acceso lo stereo 2 volte.
- Ha detto o pensato “Giuda ballerino” 86 volte (e una volta lo ha detto anche Groucho), con un massimo di 13 volte nel numero 94.
- Ha avuto 11 ragazze.
- E’ stato ferito 21 volte.
- Ha sparato 21 colpi.
- Ha incontrato Bloch 39 volte e gli ha parlato per telefono 4 volte.
- Dylan è inoltre morto una volta (e poi risorto) nel numero 88.”


C’è mica qualche fan dell’indagatore dell’incubo in possesso del numero 88, quello con i dati del lettore Sergio Capuzzimati?
Sarei ansioso di leggere il suo rapporto.

sabato 1 dicembre 2007

Cavallo Vapore

Unità di misura stabilita da James Watt (1736-1819), è la potenza necessaria per sollevare di 0,3048 m, 249,7 kg in 1 sec.
1 cavallo vapore (HP, Horsepower) = 745,7 watt, o 2,545 BTU (British Terminal Unit) all'ora.

giovedì 29 novembre 2007

Ma la voce

Se ne parlava tra le olive, ed ecco che ieri ho avuto finalmente chiaro il significato di serendipità:

- s. f. (non com.) lo scoprire qualcosa di inatteso e importante che non ha nulla a vedere con quanto ci si proponeva di trovare o con i presupposti teorici sui quali ci si basava | l'attitudine a fare scoperte fortunate e impreviste.

Cercavo tutt'altro nell'infinità della rete, non certo l'eco di una voce senza volto, una vibrazione che negli anni - e che anni - ha accompagnato minuti, ore, a volte pomeriggi interi di una vita che si sogna.

Il Conte Dracula di Carletto, principe dei mostri, Roberto Sedinho di Holly e Benjii, La Morte ne I Griffin, Benny il taxi in Chi ha incastrato Roger Rabbit, fino ad arrivare al Massimo Ciavarro di Sorbole...che romagnola! (Alfredo Rizzo, 1976).

Poteva cambiare la tonalità, il timbro, l'inflessione dialettale e tutte quelle sfumature che contribuiscono a plasmare un personaggio, ma la voce d'origine no, era sempre la stessa: quella di Roberto Del Giudice, passato a dare un senso in più al fiato degli angeli il 26 novembre scorso.

Non me la sono sentita di cercarne un'immagine, semplicemente perché preferisco ricordarlo - quale che sia il colore della giacca - con una Gitanes Corporal tra le labbra e una Walther P38 stretta in pugno, mentre scappa sul cinquino gridando "Ciao Zazza'!".

mercoledì 28 novembre 2007

A Geneva Hilliker Ellroy

"Che avete messo a fare ‘sti lampioni?
se c’è la luna pe’ illuminazioni!"


(da Qua si campa d'aria - Otello Profazio, 1974)

Come se possa realmente interessare, mi ostino - saltuariamente c'è da dire - ad aggiornarvi sulle mie letture.
Non ho dovuto faticare molto per trovare le righe da far maritare all'atmosfera tipica dell'untuosa raccolta, al tepore circoscritto delle stufe, ai viaggi notturni nel treno che sferraglia, al vento che schiaffeggia le foglie e alla luce che sfoca lo sfondo scontornando le figure.

E' bastato il primo capoverso, come piace a me, come piace ai golosi:

Non l'ho mai conosciuta da viva. Lei, per me, esiste solo attraverso gli altri, nell'evidenza delle loro reazioni alla sua morte. Scavando a ritroso e attenendomi ai fatti posso dire che era una ragazza triste e una puttana. Nella migliore delle ipotesi era una fallita, un'etichetta che, del resto, potrei applicare a me stesso. L'avrei consegnata volentieri a una fine anonima, poche righe su un rapporto della Omicidi, una copia carbone per l'ufficio del magistrato, i formulari per la fossa comune. Ma lei non avrebbe approvato questa conclusione: avrebbe preferito rendere manifesta la sua storia in tutta la sua brutalità. Le devo molto e poiché io solo conosco i fatti per intero, tocca a me mettere per iscritto queste righe.

(Dalia Nera - James Ellroy, 1987)

lunedì 26 novembre 2007

Bisunto (francese ma due volte unto...)

Unghie nere e mani unte, pance gonfie e panni ancora accartocciati in una busta in forte crisi respiratoria.


- I dati, appena inviati dal fattore capo, fermo in contrada Santo Scalone per concludere le ultime formalità amministrative:

LITRI TOTALI: 219
RESA: 16,8 litri/quintale
ACIDITA': 0,3

Chi vuole può arrivare al settimo piano munito di bruschetta, ce n'è per tutti.


- Spuntino per 4 persone:

BRACIOLE: 4
PRIMITIVO: 2 litri
POLPETTE: a pioggia
SALAME: lanciato tipo le stellette ninja di Shinobi durante la prova bonus
FORMAGGIO: chiamatelo Ciccio
COSTO: 7 Euro cadauno

Sono lieto di informare tutti i lettori e non per ultime le lettrici, che Cosimo Padova, titolare dell'omonima osteria (già Asso di Spade), gode di salute debordante.

venerdì 23 novembre 2007

Cosimo stiamo arrivando
















Lemma: oliva
Sillabazione/Fonetica: [o-lì-va]
Etimologia: Lat. oli¯va(m), dal gr. eláia
Definizione: o uliva, s. f.

1 il frutto dell'olivo, costituito da una piccola drupa ovale ricca di olio commestibile: raccogliere, bacchiare le olive; snocciolare le olive; olive verdi, nere; olive in salamoia; olio d'oliva | a oliva, di forma ovoidale, come quella di un'oliva | verde oliva, color oliva, il colore verde pallido proprio dell'oliva non ancora matura. DIM. olivella, olivetta.

2 (ant.) pianta, ramo d'olivo: sovra candido vel cinta d'uliva / donna m'apparve, sotto verde manto (DANTE Purg. XXX, 31-32).


Lemma: olivo
Sillabazione/Fonetica: [o-lì-vo]
Etimologia: da oliva
Definizione: o ulivo, s. m.
albero sempreverde tipico della zona mediterranea, con foglie ovali di color verde scuro nella pagina superiore, verde argenteo in quella inferiore, e drupe verdastre o nere, dalle quali si estrae l'olio (fam. Oleacee) | ramo, ramoscello d'olivo, è simbolo di pace: offrire un ramoscello d'olivo, fare proposte di pace ' la domenica degli olivi, la domenica delle palme ' olivo benedetto, ramoscello di olivo benedetto che viene distribuito ai fedeli nella domenica delle palma.

mercoledì 21 novembre 2007

Il senso del nonsense

"In due parole: lo spasso. Sì, io mi spasso nel vedere la gente a spasso."
(Spud strafatto di speed durante un colloquio, in Trainspotting - Danny Boyle, 1996)

La puntata de La storia siamo noi dell'altra sera era dedicata a Rino Gaetano.

E' stato gustosissimo vedere Gianni Boncompagni (febbraio 1978, durante Discoring) nell'infruttuoso tentativo di ridicolizzare il ragazzo di Crotone, pronto ad uscirne a testa altissima con la timidezza della mezza bocca e del volume soffocato:

- Boncompagni: "Hai messo tartufo perchè faceva rima con UFO, o viceversa, dai, diciamo la verità..."
- Gaetano: "No, perchè non si trova, è un UFO terrestre."

Spettacolo, ci mancano sempre troppo 'ste persone.

martedì 20 novembre 2007

Partito del Popolo delle Libertà

Aiutatemi a capire:
ma quindi, dopo 13 anni, posso tornare a strillare "forza Italia!" e mandare in pensione il galeazziano "alè azzurri/alè Italia"?

Andiamo col turborovescio!

domenica 18 novembre 2007

Noi

Va bene, di 'ste cose via mail ne arrivano a bizzeffe. E spesse volte fanno una brutta fine. Ma la totale, perenne nostalgia che avvolge lo scrivente (persino del caffè di stamattina), porta al copia e incolla seguente: direi, più o meno ai primi 18 anni di vita.

Noi che le barzellette erano Pierino, il fantasmaformaggino o un
francese, un tedesco e un italiano.

Noi che si andava in cabina a telefonare.

Noi che non era Natale se alla tv non vedevamo la pubblicità della Coca
Cola con l'albero.

Noi che se guardavamo tutto il film delle 20:30 eravamo andati a dormire
tardissimo.

Noi che suonavamo ai campanelli e poi scappavamo.

Noi che ci sbucciavamo il ginocchio, ci mettevamo il mercuro cromo, e più
era rosso più eri figo.

Noi che quando a scuola c'era l'ora di ginnastica partivamo da casa in
tuta.

Noi che se a scuola la maestra ti dava un ceffone, la mamma te ne dava 2.

Noi che se a scuola la maestra ti metteva una nota sul diario, a casa era
il terrore.

Noi che le ricerche le facevamo in biblioteca, mica su Google.

Noi che si poteva star fuori in bici il pomeriggio.

Noi che se andavi in strada non era così pericoloso.

Noi che però sapevamo che erano le 4 perché stava per iniziare BIM BUM BAM.

Noi che sapevamo che ormai era pronta la cena perché c'era Happy Days.

Noi che il primo novembre era 'Tutti i santi', mica Halloween.

Noi che a scuola con lo zaino Invicta e la Smemoranda.

Noi che se la notte ti svegliavi e accendevi la tv vedevi il segnale di
interruzione delle trasmissioni con quel rumore fastidioso.

Noi che si suonava la pianola Bontempi.

Noi che la Ferrari era Alboreto, la McLaren Prost, la Williams Mansell, la
Lotus Senna e Piquet e la Benetton Nannini!!!!!

Noi che la merenda era la girella e il Billy all'arancia.

Noi che le macchine avevano la targa nera...i numeri bianchi...e la sigla
della provincia in arancione!!

Noi che guardavamo allucinati il futuro nel Drive In con i paninari.

Noi che il Twix si chiamava Raider.

Noi che le All Star le compravi al mercato a 10.000 lire.

Noi che tiravamo le manine appiccicose delle patatine sui capelli delle
femmine e sui muri.

Noi che se eri bocciato in 3° media potevi arrivare con il Fifty ed eri un
figo della Madonna!!!

Noi che chi lasciava la scia più lunga nella frenata con la bici era il più
figo.

Noi che dopo la prima partita c'era la rivincita, e poi la bella, e poi la
bella della bella...

Noi che giocavamo a nomi, cose, animali, città.

Noi che le cassette se le mangiava il mangianastri, e ci toccava
riavvolgere il nastro con la bic.

Noi che "Si ma Julian Ross se solo non fosse malato di cuore sarebbe piu
forte di Holly e Mark Lenders..."


Noi, insomma.

giovedì 15 novembre 2007

Tutti a Brugherio

Apprendo che in quel di Brugherio, comune in provincia di Milano (ma non mi dire...), è stato inaugurato il primo bar padano d'Italia.

Sulla vetrina del suddetto esercizio, tra simpatiche scritte all'insegna della tolleranza e dell'amore universale ("QUI I ROM-ANI NON SONO BENVENUTI!!" piuttosto che "APERITIVO A BASE DI MAIALE!!"), il titolare ci informa anche del prezzo di un caffè: 0,75 euro.
Un paio di mattine fa, qui a Roma, mi sono trovato a prendere un caffè (ottimo peraltro, come la sorridente cassiera di naso francese e capello corvino) nello storico bar di fianco al Teatro Marcello, appena passata la scalinata del Campidoglio e a un centinaio di metri da Piazza della Bocca della Verità: il caffè l'ho pagato 70 centesimi.
Ci posso andare a Brugherio. Aspettatemi, sto arrivando. No, dai, non andate via, sto arrivando.

martedì 13 novembre 2007

Ordine di merito

Sono alla posizione 6110 della classifica generale! E pensare che solo 78 giorni orsono me la godevo dall'alto della mia 4749a piazza.

Andando ad indagare nel torbido di quest'inutile sito, ho trovato la mia missione di vita, il mio disegno divino: arrivare al numero uno della nullità, varcare la soglia del tempio della raucedine ed occupare il loculo contrassegnato con il primo numero naturale positivo.
Dovrò darmi da fare però, dopo aver staccato da par mio l'accoppiata Montelli/Sor Vichi (incredibilmente appaiati in posizione 6589), supererò quanto prima quel ginocchio semovente di Tcc (a quota 4650) per poi correre a perdifiato verso il Nord Europa, verso l'Uomo di Dublino, issatosi a quota 968: la vedi quell'ombra esimio Fredo?

sabato 10 novembre 2007

L'elemento modificatore

La diffrazione è una perturbazione di segnale sonoro causata dalla presenza di un elemento fisico modificatore. Un diffrattore per eccellenza è il padiglione auricolare, che contribuisce alla percezione e alla localizzazione della fonte sonora.

giovedì 8 novembre 2007

Bruttucci

"Al cinema le bravi attrici faticano ad ottenere la parte, altre invece non hanno problemi. Monica Bellucci è una gran bella gnocca ma non è certo una brava attrice. Vederla aprire il Festival del cinema a Roma è stato proprio il segno di questo sistema."

Finalmente qualcuno ha il coraggio di dirlo. Era Luca Barbareschi.

martedì 6 novembre 2007

Ciao Vecchiacci

"Roma jogato bene..."
(Nils Liedolm, 1922)

"Linea allo studio, a Roberto Bortoluzzi."
(Roberto Bortoluzzi, 1921)

"Credo che la libertà sia uno dei beni che gli uomini dovrebbero apprezzare di più. La libertà è come la poesia: non deve avere aggettivi, è libertà."
(Enzo Biagi, 1920)

lunedì 5 novembre 2007

Daghela al rùmen!

Ero lì che servivo cappuccini fumanti alla velocità della luce, quando arriva una tipa con quotidiano freepress tra le mani, pronta al commento della notizia del giorno, il raid punitivo contro i rumeni a Tor Bella Monaca.
Poi succede che uno dei cappuccinati fumantosi da me serviti, abbia voglia di condividere una sua riflessione:

"Ieri stavo a vede' la televisione, nun me ricordo che trasmissione era...c'era un servizio dalla Romania, poteva esse Bucarest, nun me ricordo...aho', se nun lo sapevo, t'avrei detto che stavano in Austria, non lo so...boh, a Salisburgo. Cioè, tutti vestiti bene, le strade asfaltate...cioè, te ripeto, se nun me dicevano che era la Romania me sembrava de sta in occidente."

Eccoci qui, a Roma, novembre 2007. Il tizio in questione, cinquantanni più o meno, fa il chirurgo plastico. E a quanto mi dicono, nel suo mestiere è pure uno abbastanza cazzuto.

A me cadono le braccia, quasi quasi le faccio tirar su con un interventino ad hoc.

venerdì 2 novembre 2007

AmaValderr

La clamorosa provocazione di Valderrama, ora allenatore in seconda: per protesta sventola un biglietto da 50mila peso in faccia al fischietto.

E' successo durante una partita del campionato colombiano. L'arbitro aveva concesso un rigore contro il suo Atletico Junior, già in svantaggio contro l'America di Calì, che ha così perso il treno per i play-off. Sugli spalti, nel frattempo, è scoppiato il putiferio: 10 feriti e almeno 12 arresti.

Valderrama, classe '61, è stato il calciatore colombiano più conosciuto del mondo. Chiamato anche "El Pibe", due palloni d'oro sudamericani, idolatrato in patria, fu inserito da Pelè nella lista dei 100 giocatori più forti di tutti i tempi.


Mamma mia quella Colombia alla Playstation 1, con i piedini educatissimi del "cespuglio biondo" ad innescare - rigorosamente da fermo - la rapidità di Freddy Rincon e Tiramolla Asprilla. Quante scoppole c'avete preso, e raga'?
Ero imbattibile.

mercoledì 31 ottobre 2007

Basta poco

Me ne stavo tutto solo dentro la mia scatoletta di lamiere, in mezzo a tante altre scatolette nel delirio mattutino del GRAnde raccordo anulare (senza manco poter fare l'amore nelle soste) maledicendo la mia situazione e allo stesso tempo rallegrandomi del fatto che non mi toccasse subirla giornalmente come una marea di cittadini che ogni mattina si svegliano ore prima del dovuto per arrivare in tempo al lavoro.
Rincoglionito e soprattutto incazzato dal canonico poco sonno, mi soffermo sul di dietro di chi in quel momento mi precedeva: un camion con un solo rimorchio targato Napoli, carico a vista di frutta fresca, come peraltro recitava la scritta manuale sul telo plasticoso ("Frutta fresca W Napoli!").
In basso un'altra scritta, applicata con caratteri adesivi rossi, grandi ciascuno più o meno come il miglior amico di Rocco Siffredi:

"Anche nelle difficoltà io rido e canto."

Mi sporgo sulla destra, allungo la mano, prendo il cd e lo inserisco nel lettore, traccia numero 9: Tuppe Tuppe (da Bona sira a quista casa... - Gli Ucci, 1999), straziandola a squarciagola.

E tuppi tuppi la porticella
c'è la mia bella che mi sta a sentir,

e la prima è piccolina
è piccolina per fare l'amore,

e la seconda è riccia e bionda
è riccia e bionda per fare l'amore...


Ero pronto ad una nuova, sorridente giornata. Sparatemi pure, vado avanti lo stesso.

domenica 28 ottobre 2007

Il dottor Smeeeeeeeeeeeeee

Va bene, può essere pure che il venditore di tappeti non ne sapesse nulla.

Cioè, quei due sono stati condannati in via definitiva per corruzione in atti giudiziari al solo scopo di favorirlo, senza che lui fosse a conoscenza di alcunchè. Può essere. Anche se a me ricorda la dinamica di quello che ti fa capire in tutti modi cosa vorrebbe trovare sotto l'albero e poi finge la sorpresa una volta aperto il pacco. Può essere.
E poi si lamenta della lunghezza del processo, anzi, della persecuzione (o per dirla in termini più sobri, del linciaggio), senza considerare che il processo poteva giungere a conclusione molto prima: sarebbe bastato, primo, che il venditore non continuasse a rinviare innumerevoli udienze a causa di altrettanto innumerevoli "impegni istituzionali", secondo, che il venditore stesso non avesse fatto approvare a tempo di record il “Lodo Maccanico” (una legge che sospende i processi a carico delle cinque più alte cariche dello Stato per l’intera durata del loro mandato, e anche in caso di mandati successivi), proprio alla vigilia della requisitoria, delle arringhe e della sentenza, e a 40 mesi dall’inizio del dibattimento.
E poi ci sarebbe anche la questione dell'altro capo d'accusa, relativo al falso in bilancio, stralciato dal processo perchè il venditore depenalizza il reato stesso.
Sì, in definitiva può essere che un venditore non sappia cosa si nasconda sotto i suoi tappeti.

martedì 23 ottobre 2007

Basta l'1,4%

"In nessun Paese come nell'Italia dell'ultimo quinquennio si è assistito ad un così intenso, spregiudicato ed arrogante attacco alla libertà e all'autonomia della giurisdizione. Attacco che si è verificato sia direttamente, con la tendenza a burocratizzare la figura e il ruolo del magistrato, sia indirettamente, attraverso numerose leggi finalizzate alla tutela di interessi personali che hanno stravolto e lacerato il concetto stesso di legalità (...). Riacquistato l'indispensabile clima di libertà, autonomia ed indipendenza - senza il quale né la magistratura né l'avvocatura possono operare proficuamente - il primo obiettivo da realizzare è una giustizia efficace e tempestiva."

(Dal programma elettorale dell'Unione "Per il bene dell'Italia", aprile 2006)

Gente di Milano

"Ragazzi scusate, la lounge sta per chiudere."

lunedì 22 ottobre 2007

Considerazioni lunediane

Quelli li odio di più, non lo so, ma è così: odio i Lunedì.
(in Lunedì, da C'è chi dice no - Vasco Rossi, 1987)

- C'è una grandissima quantità di esseri umani che non ha idea di come si guidi una macchina.
- I Sanpietrini sono belli. Basta non essere al manubrio di uno Scarabeo anteguerra: Walter, por favor, ricomprami le viti!
- I giapponesi ignorano l'utilizzo delle strisce pedonali. In compenso amano fissare l'omino verde/rosso dei semafori.
- Sarà che uno abita sulla Prenestina, ma in centro ti accorgi subito che c'è sempre un sacco di gnocca (figuratevi il giovedì..).
- La fregatura delle librerie è che quando ci entri non riesci ad uscirne a mani vuote. Vi svelo il trucco comunque: uscite con i soli soldi necessari per un cappuccino.
- Fa un cazzo di freddo.
- I guanti felpati sono una delle migliori invenzioni dell'uomo.
- A parità di altre miliardi di condizioni, una temperatura mite, per non dire elevata, aumenta di gran lunga il benessere dell'essere umano.
- Gli asfaltatori (intesi come tutta la cricca di persone che lavorano per sistemare le strade), si fanno un culo come Porto Sant'Elpidio.
- Remo Girone è un tipo parecchio affascinante.
- La musica suonata dal vivo vince. Quasi a prescindere da chi suoni.
- I piedi tuttora ghiacciati.
- A Marlon Bra', assalta il Palazzo e facci accendere 'sti fottuti termosifoni.

sabato 20 ottobre 2007

Età

Secondo la leggenda celtica:

tre volte l'età di un cane è quella di un cavallo;
tre volte l'età di un cavallo è quella di un uomo;
tre volte l'età di un uomo è quella di un cervo;
tre volte l'età di un cervo è quella di un'aquila.

giovedì 18 ottobre 2007

Il Partito Veltrocratico

Dalla rubrica di Vittorio Zucconi sul sito de La Repubblica:

Una sera a casa mia a Mosca, sul Kutuzovsky Prospekt n.14, dove lo attiravo (si riferisce a Giancarlo Pajetta) con i tortellini di mia moglie dopo i lugubri congressi del Pcus per strappargli qualche informazione, mi interruppe dicendomi: "Zucconi, tu non hai capito un cazzo. Oggi per stare nel Pci è facoltativo anche essere comunisti". Era il 1981.

mercoledì 17 ottobre 2007

Il Camoscio d'Abruzzo

Cazzo, l'ho saputo solo adesso. Amaro Taccone per tutti allora.
Vai tranquillo Vito, ora è tutta discesa.

martedì 16 ottobre 2007

Sognando tappeti rossi

Il corsivo che seguirà qui sotto è preso fedelmente dal meraviglioso sito del TgCom, diretto, vorrei ricordarlo, dall'ex Lotta Continua Paolo Liguori, opinionista di punta di Controcampo (se decidete di farci un salto, mi raccomando, non perdete la sezione gossip, potreste conoscere "Sylvie, la bella signora Van Der Vaart").
Ora, a me non interessa sapere se i lettori di Tv Sorrisi e Canzoni possano pensare a qualcosa di interessante né quale progetto possa essere considerato tale da una giuria del genere.
No, la cosa che più mi preme e sapere quanta gente invierà la propria idea con il solo sogno di camminare sulla "passerella tra i flash dei fotografi".

"La tristezza poi ci avvolse come miele", poetava Guccini (da Incontro, in Radici, 1972).

Dalla prossima edizione, fissata per gennaio, i Telegatti si arricchiranno di un nuovo premio. E' quello dedicato al "miglior programma che non c'è". A partecipare all'iniziativa sono chiamati i lettori di Sorrisi e Canzoni. I titolari delle cinque migliori idee saranno invitati a far parte della giuria che stilerà l'elenco delle nomination (giuria di cui fanno parte, tra gli altri, Maurizio Costanzo, Clemente Mimun e Alfonso Signorini).

Durante i lavori della commissione giudicatrice, fissati per il prossimo 6 novembre, sarà poi assegnato a uno dei cinque progetti prescelti il Telegatto al "miglior programma che non c'è".
L'ideatore del progetto selezionato farà così la sua passerella tra i flash dei fotografi e presenzierà alla cena di gala che seguirà lo spettacolo in compagnia di tutte le star che hanno preso parte alla serata. Il termine ultimo per partecipare è fissato per le 24 della notte tra il 29 e il 30 ottobre.

sabato 13 ottobre 2007

Nomenclatura golfistica

Doppio Bogey....................+2
Bogey................................+1
Par.....................................0
Birdie................................-1
Eagle.................................-2
Albatross, Doppio Eagle.....-3

mercoledì 10 ottobre 2007

Questione di bellezza

“E' una frase rivelatrice della cultura e della mentalità di questo governo, che vede nell'imposizione fiscale una sorta di misura salvifica rispetto al peccato commesso da chi guadagna con il suo lavoro o la sua impresa",

questa il commento di Fabrizio Cicchitto, vicecoordinatore di Forza Italia, alla frase di Padoa Schioppa sulle bellezza insita nelle tasse.

Ora, consapevoli del fatto che parlare di bellezza significhi parlare della storia delle “teorie del bello” e quindi di quella che nel 1753 è stata chiamata (il termine fu introdotto dal filosofo tedesco Alexander Baumgarten) estetica (partendo da Platone per arrivare alle teorie delle avanguardie storiche dei primi decenni del Novecento e ai filosofi contemporanei come Croce o Heiddeger), mi sembra chiaro che sarebbe bastato ascoltare nella sua totalità la frase del ministro

”Dovremmo avere il coraggio di dire che le tasse sono una cosa bellissima, un modo civilissimo di contribuire insieme al pagamento di beni indispensabili come salute, ambiente, pensioni.”

per capire che la bellezza (della tassa) fosse da ricercarsi non nella materialità ma nella sua identità concettuale.
Dico, era tanto difficile? In quanti davvero hanno il coraggio di non essere d’accordo con quello schioppato di Tommaso?

Ricordo una storia nel mondo di Paperopoli intitolata, se non sbaglio, Qui, Quo, Qua e il rifiuto dei rifiuti.

il morale a terra delle nostre Giovani Marmotte era causato dalla scarsa sensibilità dei paperolesi verso l’inquinamento, la sporcizia e l’incuria ("Perchè hai buttato la carta per terra?", "Anche il mio papà lo fa") in cui versava la città. Zio Paperone, sempre benvoluto dal sindaco in quanto maggior contribuente, ha un’idea: una bella lotteria patrocinata dal comune con un super premio in palio.
Il cittadino avrà diritto a tot numero di biglietti a seconda del suo grado di civiltà (uno per non buttare carte per terra, due per la raccolta differenziata, tre per il giusto smaltimento dell’olio usato e così via).
Va da sé che i paperolesi iniziano una furibonda battaglia a suon di buone azioni per accaparrarsi il maggior numero di biglietti, con il risultato di ritrovarsi di fronte ad una Paperopoli mai così tirata a lucido.
Tempo dopo, in una piazza centrale gremita, il sindaco cede l’onore dell’estrazione al prode Zione, che di botto, zittisce tutti:

”Non ci sarà nessuna estrazione!"

La folla inizia a mugugnare prossima alla rivoluzione, ma Zio Paperone riesce ad essere più chiaro di Padoa Schioppa o forse, più semplicemente, sono gli interlocutori ad avere più sale in zucca (nei fumetti può succedere):

Il premio è di tutti, il premio è la città, pulita come non si era mai visto. Ed è tutto merito dei cittadini. E’ bastato che ognuno facesse il suo dovere, che ognuno desse il suo piccolo contributo per trovarsi di fronte a qualcosa di bello. Appunto.
Siamo nel mondo della fantasia, certo, ma io ci credo da sempre: è vero che la sabbia è fatta da tanti minuscoli granelli com’è vero che se tutti provassimo a fare gli stessi sacrifici, l’entità del sacrificio stesso, sarebbe molto più lieve per tutti.
Insomma, per dirla con Gaber:

Qualcuno era comunista perché credeva di poter essere vivo e felice solo se lo erano anche gli altri.

(da Qualcuno era comunista in E pensare che c'era il pensiero - Giorgio Gaber & Sandro Luporini, 1995)

martedì 9 ottobre 2007

Light in August

Alle nove e mezzo apparve mistress McEachern.
Era vestita di nero con un cappellino a cuffia in testa, una donna piccola piccola che entrò timidamente, un po’ curva, la faccia abbattuta. Sembrava di quindici anni più vecchia del suo ruvido e vigoroso marito. Non entrò del tutto.
Si fece sulla porta e resto là un momento con la sua cuffia e il suo vestito d’un nero rugginoso benché spazzolato di frequente, con un ombrello e un ventaglio in foglia di palma, e con qualcosa di strano negli occhi come se, nel suo vedere e udire, tutto vedesse e udisse attraverso una più immediata forma di uomo una più immediata voce d’uomo lei non essendo che il medium del vigoroso e spietato marito. Egli forse la sentì. Ma non la guardò ne le parlò. Ed ella si volse, andò via.


(Luce d’agosto - William Faulkner, 1932)

giovedì 4 ottobre 2007

Vendo tristezza filmica

Una delle fortune donate dal pacchetto di Sky Cinema, è quella di farti vedere una galassia, un infinito abisso di porcherie.
Certo, spesso l’amor proprio e un sano spirito d’intellettualismo spicciolo riescono a farti premere il pulsante magico e mettere a tacere il tutto a favore di una tranquilla chiacchierata ai piedi d'un bicchiere di Limoncello (Eugenia rules). Ma non sempre accade.
L’altra sera, io e miei compagni di divano (meglio conosciuti come “I Divanoidi”), ci siamo imbattuti nell’ultima mezzora di Notte prima degli esami (Fausto Brizzi, 2006), e il fatto che tutti voi sappiate di cosa sto parlando contribuisce alla mia generale sfiducia nell’umanità.

Il problema, quando si vedono questi film, è che il riso prende il sopravvento su tante altre cose, ma soprattutto su di una maestosa colata di tristezza o sullo scomparso senso del ridicolo e del pudore, saggi consiglieri del cambio di canale (come puntalmente accade con Maria De Filippi e mostri simili).

Ci si continua a guardare in faccia dicendosi cose ormai ammuffite nella stanchezza: “Ma non si vergognano?”, “Ma si può?”, “Ah sì, quindi adesso lei esce e trova lui poggiato all’ascensore…” (cosa che puntualmente si verifica un secondo dopo), “Ma no dai! Non è per niente verosimile!!”, “Ma tu Tommi, in quell’occasione, avresti detto porca paletta?” (e Tom: “No, avrei strillato por…”, “Ok Tommi, abbiamo capito, certo”).

- C’è il belloccio di turno con la parlata alla Silvio Muccino (ah be', allora...), tal Nicolas Vaporidis, il cui nome andrebbe benissimo per il lancio pubblicitario di un nuovo prodotto da stiro, ma per un attore proprio no. Tanto non ci diventi come Marlon Brando. Al massimo vedo per lui un radioso futuro come terzino destro della Grecia. Ma che sto dicendo, di sicuro è una pippa pure a pallone.
- C’è Cristina Capotondi, che da quando incontrò il Maxibon anni orsono, sarà cresciuta sì e no di due mesi nella paura di invecchiare troppo e non poter più interpretare ruoli adolescenziali.
- C’è Giorgio Faletti, molto meglio (e dico tutto) nei panni di Vito Catozzo piuttosto che di Suor Daliso al Drive in.
- E poi un una marea di volti che dovrebbero interpretare diciottenni ma si vede con gli occhi pesti che c’hanno almeno 27 anni a testa.

Ma la cosa più evidente resta una e una sola: io e tanta altra gente che fa e vuole fare tutt’altro di mestiere, be’, recitiamo molto meglio. Chiamo a testimoniare ore e ore di VHS.

Poi uno fa una ricerchina volante e scopre che il film in questione è stato, con 12.144.699 €, il 10° incasso assoluto della stagione cinematografica 2005/2006 (in Italia ovviamente, sul podio Il Codice Da Vinci, Natale a Miami e Madagascar), surclassando tra gli altri: Volver (Pedro Alvodovar), La sposa cadavere (Tim Burton), Inside Man (Spike Lee) e Match Point (Woody Allen).

Ora, io considero da tempo il cinema come un surplus della mia vita, nel senso che quando decido di andare in faccia al grande schermo, lo faccio perché spero di vedere un capolavoro o comunque un qualcosa di estremamente vivo, qualcosa che bolle. Sociologicamente parlando, diciamo che ho smesso di andare al cinema per svago (e attenzione, considero quest’affermazione tutt’altro che triste, angosciosa o quant’altro).
Certo, questo non accade tutte le volte che metto piede in sala (l’ultima volta, vado a memoria, credo sia capitato con Una storia vera - David Lynch, 1999 - oddio, così tanto tempo fa?), ma in ogni occasione apro gli occhi con la consapevolezza di poter assistere ad una gran giocata.
Insomma, non ci vado sapendo di dover rispondere: “Il cinema ieri sera? Sì…carino.”, quando invece ci starebbe ora e sempre il commento del ragionier Ugo al cospetto di Ejzenstejn.

martedì 2 ottobre 2007

Chi me lo gira 'sto film?

Il soggetto è già pronto.
Io lo darei a Coppola (visto che gli hanno appena fregato il computer con tutti i dati del suo prossimo film dentro), per un ritorno in grande stile. Dai Francis, dai non disperare! Dai che ce la fai! Dai, Dai!

E' soprannominata "La regina del Pacifico", ed è una delle figure più importanti del narcotraffico messicano, legata al capo colombiano Diego Montoya, alias Don Diego. E, come lui, è finita in carcere: Sandra Avila Beltràn (niente male tra l'altro...) è stata arrestata a Città del Messico mentre era alla guida del suo Suv. Con lei è finito in manette anche il suo compagno, il narcotrafficante colombiano Juan Diegro "El Tigre" Espinosa, ricercato anche negli Usa. Avila, 45 anni, aveva contribuito, negli anni Novanta, alla costituzione del Cartello Sinaloa, sulla costa messicana del Pacifico, grazie alle sue amicizie con alcuni dei più ricercati boss della droga. Viveva a Città del Messico sotto il falso nome di Daniela Garcìa Chàvez.

lunedì 1 ottobre 2007

Effetto di reazione prodotto da un messaggio su chi lo ha emesso

Lo so. Questo post potrebbe innescare un qualcosa di cui si è già parlato, ma credo che in questo caso si raggiungano vette di reale ermetismo contemporaneo:

"Non c'è feedback"

(Scritta su di un muro in quel di Corso Umberto, Acireale, 25 settembre 2007)

venerdì 28 settembre 2007

Verso l'Eldorado

Il sole sulle rocce ad asciugare culi di costumi bagnati. E poi, tra le tante, la storia di Ali, che da 38 anni non lascia Kinaliada, un'isoletta di Istanbul. Dicono sia malato, mentre gira per l'isola con il sale in mano, gettandolo di tanto in tanto nel mare, perchè il grado di salinità delle acque dev'essere sempre equilibrato, tenuto sotto controllo.

A breve - alle 16e15 - scatta il big match nei campi di Pippo "La Foca". La palla arancione è ancora bella alta: si suderà parecchio.

lunedì 24 settembre 2007

L'isola

E se il Magma fosse troppo caldo? Dall'alto della mia decennale esperienza, mi paro il culo (e non solo quello): in valigia non macherà il costume (oltre ad un sole di terracotta, un callifugo, un potenziometro, un saldatore, un quadro del Mantegna, un F10, un cicchetto alla calata, una sega circolare. lo sbruffo, i parrucchini di Pippo Baudo, un filibustiere armeno, un tornello, il tarallo del cesso ed altre simpatiche amenità inserite nella valigia da un gruppo di cerebrolesi. Il 3 agosto scorso).

sabato 22 settembre 2007

Le sette meraviglie del Medioevo

1. Il Colosseo di Roma
2. Le Catacombe di Alessandria
3. La Grande Muraglia in Cina
4. La Torre di Pisa
5. La Torre di Porcellana di Nanchino
6. Il Monumento Megalitico di Stonehenge
7. La Basilica di Santa Sofia a Costantinopoli

giovedì 20 settembre 2007

Pardon...gusti!

Eccomi qui, al solo secondo tentativo di Fantacalcio nonostante un storia ricca di malattia verso il pallone.

Sono in tanti (forse troppi) a ricordarsi della mia prima esperienza: arrivai ultimo dopo un’asta estiva con i controfiocchi, allestita in quel di Venere (stabilimento balneare della riviera pescarese) in un’estate che segnò parecchio. All’epoca venni fuori con la peggior coppia di portieri della storia, Turci e Razzetti della Cremonese (valanga di gol subiti per loro) e un acquisto importante pagato sopra ogni ragionevole aspettativa: ohi ohi ohi, ohi ohi ohi, Luca Vialli segna per noi! Campionato sufficiente il suo, con il mega picco raggiunto con una tripletta al toro nel derby. Non bastò.

Il Fantacalcio on-line di questa stagione ci priva dell’asta sanguigna a noi tanto cara, ma al contempo riesce a farci sembrare più adulti anche se non ce ne fotte un cazzo di sembrarlo.

A mercato concluso non vedo particolari favoriti, anche se l’attacco della Checenko fc (Amauri, Miccoli, Mutu, Montella, Del Piero, Spinesi) guidata dal Tizzo, potrebbe dire la sua.

Nel reparto più arretrato vedo in pole la compagine del Quannuvedepilus'aizza fc, che schiera tra le sue fila gente del calibro di Nesta, Cassetti, Mexes, Pasqual, UjFalusi e Maxwell. C’è da dire che la squadra guidata dal saggio barbuto Pane Carasau si dimostra consistente anche nella zona nevralgica del campo, grazie agli innesti di De Rossi, Pirlo, Emerson, Gattuso e Liverani.

Il Roberto (il brasiliano di Holly e Benji) de noantri, Gallit (alla guida dell’Atlhetic Pierozzi), risponde con un centrocampo tutto bollicine: Kaka, Perrotta, Montolivo, Barone, Jankovic, Salihamidzic. Valanghe di gol nelle gambe di ‘sti ragazzi.

In lotta per non retrocedere (ma soprattutto per non venir preso per il culo a vita) l’Atletico Varnelli di mister Luchino of Joy che, oltre al peggiore trittico di estremi difensori (Ballotta, Bassi, Chimenti, neanche un titolare per lui) della lega, denominata con arguzia "Il Degrado", vanta in avanti un esagono particolarmente insidioso, che nonostante gli sfottò, potrebbe regalar sorprese: Totti (il più pagato dell’asta), Zampagna, Bogdani, Budan, Chiesa, Floro Flores.

Con diversi anni sul groppone il Baracca e Meneghini 1912, comandata a suon di finta democrazia dall'emerito Professor Antonio Quagliani. Occhio ai vecchi da questa parte: Seedorf, Corini, Morfeo, Galante, Cruz, Inzaghi e Crespo, tutte cariatidi che potrebbero aver ancora diverse frecce (magari non esplosive come quelle di John Rambo) nella faretra.

Sembra essere troppo attaccata ai gol di Trezeguet e alle parate di Gigi Buffon la JoeCanasta F.C., con al timone il più promettente dei fratelli Altintop. Certo, scommesse del calibro di Hamsik (bastardo!), Raggi, Criscito e Giovinco (sempre che quei coglioni lo facciano giocare), affiancate all’esperienza del Gibbone “Morpheus” Zalayeta, potrebbero fargli vincere il premio Ciccio Pasticcio. Staremo a vedere.

Dal canto mio sono fiero della campagna acquisti. Due rimpianti, entrambi persi per un solo fantamilione: Amauri e Doni (il portiere). Qui di seguito ecco la rosa del temibilissimo, cinico e sornione (oltre che ingegnoso) Hajduk Cirelli, instradato in gabbianesco verso il calcio spettacolo dal sempre verde Charlie Firpo, perennemente in piedi davanti alla panchina in consueto cappotto scuro:

PORTIERI
Fontana
Bucci
Curci

DIFENSORI
Panucci
Domizzi
De Rosa
Lucarelli
Zapata
Boumsong
Falsini
Sottil

CENTROCAMPISTI
Aquilani
Milanetto
Gargano
Semioli
Ambrosini
Mudingayi
Barreto
Tedesco

ATTACCANTI
Rocchi
Quagliarella
Bellucci
Maccarone
Mascara
Caracciolo

martedì 18 settembre 2007

The wind cries Jimi - 18 settembre 1970

“Ero a New York quando un amico mi telefonò:

- Un tuo amico e morto.
- E chi sarebbe?
- Hendrix.

Riappesi. Ero senza parole. Paralizzato. Ci credevo eppure non potevo crederci. Era troppo giovane per morire. Aveva appena ventisette anni. Uscii deciso ad ubriacarmi.”


(Noel Redding, in Standing Next To a Mountain, su Musicians n°94, agosto 1986)

Dopo il concerto del 30 agosto all’Isola di Wight, Jimi Hendrix era tornato a Londra, partecipando a qualche jam-session con i War.
Tra tutte le ragazze che gli leccavano i piedi e qualcos’altro, Monika Dannerman, una sua fan tedesca, era di quelle più stabili.
La sera del 17 settembre, Jimi chiese a Monika di accompagnarlo a Marble Arch ma le disse di non entrare: quelli erano amici che non gli piacevano, era solo una questione di affari.

Monika tornò a prenderlo un’ora dopo per riportarlo in albergo (il Samarkland Hotel, al numero 22 di Lansdown Crescent). Cenarono, presero i consueti sonniferi e andarono a letto.
Monika uscì tre ore dopo a comprare le sigarette. Quando tornò si accorse che qualcosa non andava. Allora telefonò ad Eric Burdon (leader degli Animals) che le consigliò di chiamare aiuto.

Quando arrivò l’ambulanza Jimi era ancora vivo, il personale di soccorso pensò che fosse una buona idea tenerlo seduto durante il tragitto in ospedale e nel corso del trasporto, Jimi vomitò e tossì, e vorrei pure vedere, con 400 ml di fluido libero nell’emitorace di sinistra e con il polmone sinistro parzialmente collassato.
Jimi era ancora vivo quando entrò in ospedale, ma non si sa cosa successe nei venti, quaranta minuti successivi perché nessuno, nemmeno l'inchiesta ufficiale, si sognò di chiedere lumi agli infermieri di quell’ambulanza né a quelli che lo accolsero in ospedale, né ai due poliziotti che arrivarono sul posto mentre Jimi veniva portato via.

”Quando morirò voglio che la gente suoni la mia musica, impazzisca, sballi, faccia tutto quello che ha voglia di fare.” (Jimi Hendrix al Daily Mirror, 11 gennaio 1969).

Dentro il suo corpo, oltre a delle pillole tedesche chiamate Vesperax, trovate in quantità nove volte maggiore rispetto a quella normale (non letale, ma di effetto devastante se mischiata con alcol), vennero rinvenute anche tracce di Durophet D; di un’anfetamina da 2 mg nota come blackbomber; di particelle di Seconal; di una sostanza con proprietà simili al Brallobarbitone, e naturalmente, nicotina. Nessuna traccia di eroina.

Ci volle più di una settimana al coroner per raggiungere un verdetto che non fu mai reso pubblico.
La causa della morte venne ufficialmente attribuita ad aspirazione di vomito dovuta a intossicazione da barbiturici ma, poiché non vi era prova dell’intenzione di commettere suicidio, il coroner suggerì che un verdetto aperto sarebbe stata la soluzione migliore. La giuria accolse la proposta.

Poco contava comunque: il 18 settembre 1970, James Marshall Hendrix, il più grande chitarrista della storia, venne dichiarato morto.

Penso che al mio funerale verrò arrestato. (Jimi Hendrix al Melody Maker, 8 marzo 1969)

Il funerale si svolse il 1° ottobre, nel luogo dove - il 27 novembre del 1942 - Hendrix era nato, Seattle.
Come elogio funebre Freddie Mae Gautier lesse Angel e le note di copertina scritte da Jimi per l’album di Buddy Miles Ex-pressway to your skull:

Il rapido ha ormai superato la curva, lo vediamo correre lungo la ferrovia vibrante di forza, vibrante di ritmo, vibrante di emozioni, vibrante di vita…
Mentre saliamo a bordo il macchinista ci dice: “Stiamo partendo per la chiesa elettrica”.
E così il rapido se li portò via e da allora vissero tutti felici e funky.
Ma ora scusatemi, sento arrivare il mio treno.


Monika Dannerman morirà suicida nel 1996, forse custode di almeno una verità in più rispetto a tutti noi.

lunedì 17 settembre 2007

Franca e Jolanda

Ogni tanto è bene ricordare perchè poi il tempo passa e capita che i ricordi sbiadiscano e con loro, spesso, anche i fatti di cui sono depositari. E poi sarà solo questione di libri di storia. O di diritto dell'informazione.

Saccheggio a piene mani da tal Luigi L. (scovato online) che mi sembra riassuma bene la situazione. La notizia a cui si riferisce è dello scorso 12 settembre.

La Corte di giustizia Ue ha oggi di fatto rinviato al Consiglio di Stato la
giurisdizione sull'annosa questione dell'assegnazione a Centro Europa 7 (una
emittente privata italiana che ha ormai cessato le trasmissioni) di
frequenze televisive occupate da Rete 4 di Mediaset.

Come atteso, oggi l'Avvocato generale della Corte di giustizia delle
Comunità europee ha dato il suo responso ribadendo che concessioni per la
trasmissione tv devono essere assegnate a operatori privati e che deve
essere "data piena attuazione" all'esito di tali gare di assegnazione e che
spetta ai giudici nazionali esaminare tali questioni.

Nelle conclusioni si legge infatti che "i giudici nazionali devono esaminare
attentamente le ragioni addotte da uno Stato membro per ritardare
l'assegnazione di frequenze ad un operatore che così ha ottenuto diritti di
radiodiffusione televisiva in ambito nazionale e, se necessario, ordinare
rimedi appropriati per garantire che tali diritti non rimangano illusorio".

Attorno alla questione di Centro Europa 7 ruota gran parte della
legislazione italiana in materia di questi anni.
L'emittente si vide assegnare nel 1999 frequenze per la trasmissione
analogica in chiaro sull'intero territorio nazionale, frequenze al tempo
occupate da Rete 4. Autorizzazioni ministeriali permisero però deroghe a
Rete 4 per la cessione delle frequenze.

Sulla questione sono intervenuti vari gradi della giustizia amministrativa e
nel 2002 interviene anche la Corte Costituzionale che ribadisce (come già
aveva fatto nel 1994) che Mediaset non può possedere più di due reti e che
Rete 4 deve quindi cessare le trasmissioni analogiche.
A questo punto si rimette in moto il legislatore con la legge Gasparri che
in un primo momento viene rinviata dal Capo dello Stato alle Camere proprio
per eccezione di costituzionalità in base alla sentenza del 2002 (ma Rete 4
continuerà a trasmettere ugualmente grazie ad un decreto legge del governo
Berlusconi), ma che poi viene reiterata dal Parlamento nell'aprile 2004.

Nel frattempo il proprietario di Centro Europa 7 si appella al Consiglio di
Stato e chiede un risarcimento di 3 miliardi allo Stato per la mancata
attività televisiva.
Il Consiglio di Stato aveva chiesto alla Corte di giustizia Ue di
pronunciarsi nel merito, risposta che è giunta oggi rinviando al massimo
giudice amministrativo italiano la competenza di giudizio.


Certo, il baffetto che scruta da sopra il cassero avrebbe al tempo potuto far qualcosa. Invece no.

Because you're mine

Attendo stormi di sogni per stanotte, deliri che sicuramente faranno seguito all'appena terminata visione di Walk the line (James Mangold, 2006).
Dite che faccio ancora in tempo a diventare una rockstar?

I hear the train a comin´
it´s rolling round the bend
and I ain´t seen the sunshine since I don´t know when,
I´m stuck in Folsom prison, and time keeps draggin´ on
but that train keeps a rollin´ on down to San Anton..
When I was just a baby my mama told me. Son,
always be a good boy, don´t ever play with guns.
But I shot a man in Reno just to watch him die
now every time I hear that whistle I hang my head and cry..

I bet there´s rich folks eating in a fancy dining car
they´re probably drinkin´ coffee and smoking big cigars.
Well I know I had it coming, I know I can´t be free
but those people keep a movin´
and that´s what tortures me...

Well if they´d free me from this prison,
if that railroad train was mine
I bet I´d move just a little further down the line
far from Folsom prison, that's where I want to stay
and I´d let that lonesome whistle blow my blues away.....


(Folsom Prison Blues - Johnny Cash, 1956)

sabato 15 settembre 2007

Punto

Insieme con l’anno bloggifero, torna anche le consueta rubrica del sabato.
Ecco a voi la prima puntata (2007/2008) de Per stupire mezzora basta un libro di notizie inutili:

Nello spazio tipografico, il punto è un’unità di misura pari a un dodicesimo di riga (0,376 mm nel sistema Didot; 0,351 mm nel sistema Pica).

venerdì 14 settembre 2007

Il sol dell'avvenire

Banchieri, pizzicagnoli, notai
coi venti obesi e le mani sudate
coi cuori a forma di salvadanai
noi che invochiam pietà fummo traviate.

Navigammo su fragili vascelli
per affrontar del mondo la burrasca
ed avevamo gli occhi troppo belli:
che la pietà non vi rimanga in tasca.

Giudici eletti, uomini di legge
noi che danziam nei vostri sogni ancora
siamo l'umano desolato gregge
di chi morì con il nodo alla gola.

Quanti innocenti all'orrenda agonia
votaste decidendone la sorte
e quanto giusta pensate che sia
una sentenza che decreta morte.


(da Recitativo, due invocazioni e un atto d’accusa;
Corale, leggenda del re infelice, in Tutti morimmo a stento - Fabrizio De Andrè, 1970)


Chissà, forse è l’inizio del – lunghissimo, c’è da giurarci - cambiamento: il governo cinese ha chiesto ai propri giudici maggior (per così dire) comprensione nel sentenziare condanne a morte.

”La pena capitale dovrà essere inflitta soltanto ad un ristretto numero di criminali”, così è scritto nel sito internet della Corte Suprema cinese (lo mastico come pochi).

Secondo Amnesty International (la Cina non fornisce dati ufficiali sul numero degli omicidi commessi in nome del governo), sarebbero state almeno 1770 le esecuzioni nel solo 2005 (pari all’80 per cento delle esecuzioni mondiali).
A beneficiare di questa “svolta” saranno, tra gli altri, i condannati per omicidi passionali, ma solo se verrà pagato un risarcimento alla famiglia della vittima, e i condannati per reati economici, come ad esempio l’appropriazione indebita: il Corriere della Sera mi ricorda di un dirigente della Banca dell’Agricoltura fucilato per aver sottratto fondi all’istituto.

Nel frattempo, ogni volta che ci penso, continuo a non capire. E a questo punto potrei voler ballare la disco-music, ma chissà perché, non mi va.

giovedì 13 settembre 2007

Con il luppolo in cassaforte

Si esce e si prende una birra. E io m'incazzo, senza particolari rancori intendiamoci, però m'incazzo.

Perchè devo pagare 5 fottutissimi euro per una fottutissima birra media (tra l'altro resta sempre da capire perchè qui a Roma usino il termine birra "media" quando di birre "grandi" nemmeno l'ombra, ma ne parleremo in altre occasioni) - per lo più sgasata dalla cattiva manutenzione del sistema di spillatura - servita in un bicchiere di plastica? Perchè?

Perchè, se al venditore gli costera sì e no 80 centesimi al litro? Perchè il guadagno dev'essere intorno al 900 per cento?

E poi venitemi a dire che non hanno ragione quelli sfiammati degli spagnoli, tutti in coro contro Aznar e sua moglie, la signora Ana Botella (lungo la Gran Via, a Madrid, qualche anno fa):

"No a la Botella, sí al botellón"

martedì 11 settembre 2007

Il match

Caesars Palace, Las Vegas, 10 marzo 1986.

Con in palio il titolo unificato dei supermedi IBF-WBC-WBA, si sfidano tra le sedici corde, il campione in carica Marvin “Marvelous” Hagler – 61 vittorie (51 per KO), 2 sconfitte e 2 pareggi - e lo sfidante ufficiale, l’ugandese John Mugabi, imbattuto e con un soprannome, The Beast, che rende giustizia al suo palmares: 26 incontri, 26 vittorie. 26 KO.

“Uno dei più grandi match al quale mi sia mai stato dato modo di assistere”,

avrà sicuramente commentato il buon Tommasi di fronte a quest'incontro straordinario.

Hagler è quello di sempre, agile, potente, veloce, a suo agio quale che sia la guardia, con i piedi sempre in una posizione tale da garantirgli l’equilibrio ideale;
il più giovane Mugabi non sembra avere timori di riverenza, prova a tenere il centro del quadrato piazzando con puntualità le bordate terrificanti con le quali aveva abbattuto chiunque gli sbarrasse la via, come il montante destro - il suo colpo, il suo marchio di fabbrica - a 19’’ dalla fine della quarta, che passa in mezzo ai gomiti dell'americano e lo colpisce in pieno mento: KO per chiunque, non per Hagler.
Il pugile di Newark sente la testa alzarsi e gli occhi puntare i riflettori, ma poi è di nuovo lì, in un istante, con le spalle leggere, i piedi veloci e le gambe morbidissime. Pronto a martellare.

Dopo un minuto e 4 secondi dall’inizio della sesta ripresa, è un gancio sinistro in semi spostamento (superbo) di Hagler ad inasprire le ostilità e consegnare l’incontro alla leggenda: due minuti di battaglia faccia a faccia, una quantità enorme di colpi arrivati a bersaglio, due ganci destri consecutivi di Hagler nello spazio di mezzo secondo, con Mugabi a ribattere colpo su colpo, entrando col destro nella guardia mancina del campione. I due si sorreggono a vicenda senza perdere mai un briciolo di lucidità in attesa che Mills Lane li separi ben oltre il suono della campana, con l’americano ancora a tirare sinistro e destro, destro e sinistro con una fluidità imbarazzante, come se stesse facendo lo specchio in palestra. Fantastico.
E’ qui che Mugabi perde il match, incapace di gestire la superiorità mentale del campione, sempre in avanti, sempre in attacco, con la guardia alta e la testa mai ferma. “Il match lo gestisco io”, sembrava dirgli Hagler.

Dalla settima Mugabi pare un po’ appesantito mentre Hagler sciorina spostamenti e rientri da manuale della boxe, roba da far sussultare Jack Broughton nella tomba.
Prima della nona, l’angolo di Mugabi capisce che la Bestia non riesce più a reggere quel ritmo:

“You’ve got the fight won!”, gli dicono, nella speranza di farlo ragionare. Ma la bestia non ne vuol sapere, vuole vincere per KO.

La ripresa fila liscia, senza particolari sussulti ma con la fine sempre incombente. Hagler continua a sembrare il più fresco.
Alla undicesima l’epilogo. Ancora un gancio destro ad aprire la strada, la bestia ha le unghie ormai consumate e le braccia penzoloni. Ancora 3, 4, 5 colpi. Le corde reggono l’urto.
E’ KO (97-94, 96-95, 97-94, i cartellini dei giudici fino a quel momento, tutti a favore di Hagler).

Sarà idealmente l’ultimo incontro per entrambi:
Mugabi combattè ancora per molti anni (si ritirò definitivamente nel 1999), alternando vittorie mediocri e sconfitte per KO nei match importanti, anni di inattività e pietosi ritorni sul ring. Ma per tutti, La Bestia morì su quel quadrato, il dieci marzo dell'ottantasei, all'undicesimo round;
Hagler perse il titolo l'anno dopo, nel match contro Sugar Ray Leonard (fino ad allora il suo score contava di sole due sconfitte agli esordi, per mano di Bobby Watts e Willie Monroe), ritirandosi e intascando probabilmente molto di più della borsa stabilita per quella serata.
D’accordo, come si dice nell’ambiente “Un match truccato non è mai un brutto match”, ma quello contro Sugar Ray non era Hagler, era qualsiasi altra cosa. Non certo Il Meraviglioso.
Il migliore di sempre, almeno per me.

lunedì 10 settembre 2007

You are red and blue

Blu Notte – Misteri italiani. G8 di Genova. Luglio 2001. Ieri sera.

Stamattina, occhi pesti, una caccola per ogni pelo delle ciglia.
Al risveglio, apprendo le prime reazioni seguite alla trasmissione:
per Roberto Salerno, deputato del movimento di Francesco Storace "La destra": il programma di Lucarelli e' stato ''Una rappresentazione faziosa, politicizzata e gravemente lesiva dello stato e delle forze dell'ordine''. ''Nella giornata di domani - ha aggiunto Salerno - presentero' un esposto alla procura della Repubblica per verificare che vi siano gli estremi di una azione penale nei confronti di una tv pubblica quale e' Raitre".

Nelle migliaia e migliaia di foto e ore di girato che fortunatamente (per una volta) hanno violentato Genova, una mi era sfuggita, in tutti questi anni di nervoso. Due scatti immediatamente successivi:

1) Carlo Giuliani è già a terra, supino, gambe e braccia larghe. Centinaia di agenti intorno come paravento in tenuta antisommossa. Alla sinistra della testa del ragazzo c’è un sasso piuttosto grande, quasi un pezzo di pavè, pulito come può essere pulito un sasso.
2) Carlo Giuliani è sempre lì, dove vuoi che vada con un proiettile conficcato sotto l’occhio? Il sasso no invece, il sasso non è più a sinistra ma a destra. E non è più pulito “come un sasso”, è sporco, strasporco di sangue, come la fronte del ragazzo del resto.

Ora, non so se Carlo fosse già morto o meno (anche se lo zampillo di sangue che gli sgorga dalla faccia - visibile in un'altra immagine - farebbe propendere pesantemente per la seconda ipotesi), non voglio nemmeno far nascere l’ennesima discussione che non ci porta da nessuna parte, né tantomeno gonfiarmi il petto di convinzioni e retorica spicciola.

Resta il fatto che pensare alle dinamiche successive allo sparo, immaginare un carabiniere, o un altro uomo qualunque, prendere deliberatamente un sasso in mano e infierire su di un’altra persona quasi morta sull’asfalto, lascia davvero tanta amarezza, tanta non-saliva, senza moralismi (so di esserne sempre a rischio con questi scritti), davvero.
E sappiamo quanto può essere violento il gusto dell’amaro. Quasi come il dolce.

giovedì 6 settembre 2007

Big Luciano

Non me ne sono reso conto subito, ma effettivamente il pavarottone era uno che ce l'aveva di brutto.
Grandissimo il ricordo (che vorrei fare mio pur non avendo mai avuto il piacere) di José Carreras:

"...lo ricorderò come amico sincero, un cuoco ottimo e un eccellente giocatore di poker."

mercoledì 5 settembre 2007

Così, giusto per rompere il ghiaccio

Oggi è arrivato il momento, anche se in realtà fin da ieri sera la cute mi prendeva a parolacce, proprio lì, lungo la via che costeggia il parco archeologico in aerea urbana più grande del mondo.
E sì che trenta gradi, a meno di mancanza d’acqua (ma allora sempre e comunque) non hanno mai fatto male a nessuno. A parte qualche cane troppo peloso magari.

Insomma, stamattina sono uscito con la mia giacchettina d’ordinanza, uno spolverino, un capo da mezza stagione (sì, i capi ci sono ancora), la tipica tenuta autunnale per intenderci, terrificante esteticamente – a meno che non si viva a Ponza, Capri o posti simili (o meglio, è terrificante in ogni luogo, ma in quei posti i criteri estetici, diciamo così, sono differenti) - ma parecchio efficace contro i primi aliti gelidi di vento.

Fino a febbraio niente sconti, si cercherà sollievo con qualche acqua termale bollente e prevalentemente abusiva (la mia presenza dico), il mio tipico maglione “Nin pu’ capì”, le pantofolone ornate di mucche e una marea di salcicce (prevedo anche quest’inverno, il maiale nel ruolo di protagonista assoluto) davanti ad un posticipo serale con il campo ghiacciato e i muscoli dei giocatori in sottile equilibrio tra lo scatto vincente e lo strappo definitivo.

E poi non ci sarà bisogno di mettere l’acqua in frigo, sarà in ogni caso bella fresca.
Arrivederci piedi infraditati, culi velati e pance dai raggi colorate. Non rilassatevi troppo però: vi tengo d’occhio.

mercoledì 29 agosto 2007

Piedi sull'asfalto

Dopo gli anni scolastici con i brufoli sulla faccia, quelli accademici con birre tra le dita, sono maturo per affrontare l’inizio di un nuovo anno bloggifero.

Tornato dalla visione di balene e donne con le tette grandi, eccomi di nuovo con una tastiera sotto le mani, vedo polpastrelli leggermente intimiditi, timorosi di perdere gli ultimi granelli di sabbia e sale.
Ma, come ben saprete, voi che siete capaci quanto me, quando il periodo vacanziero diventa oltremodo riposante, qualcosa non va.
Non preoccupatevi comunque, sono ansioso di comunicare che dalle mie parti non è cambiato alcunché. Ebbene sì, anche quest’anno avrei tanto bisogno di una vacanza per recuperare dalla vacanza, quel periodo in cui, alla mente ritemprata dalla vacanza, dovrebbe essere accostato il riposo del corpo, che poi altro non è che il significato primo e ultimo della vacanza post vacanza.

Un altro anno dunque, pronto a far provviste per il rigoroso inverno: ghiande, bacche e radici, in salsa di libri e canzoni.

Mentre scrivo, 12655 persone hanno visitato La festicciola di Cyrus dal giorno della sua nascita, il 15 novembre 2006. Se a questa cifra sottraiamo mas o meno 10456 (che è il numero di volte che il titolare della festicciola ha visitato la sua pagina per puro e semplice protagonismo spicciolo e tanta voglia di sentirsi uno che la gente ama leggere), rimangono 2190 contatti, una cifra di tutto rispetto. E via, pippe all’americana adesso.
Va bene, sto vaneggiando. La domanda è la seguente: perché mai ho aperto questa pagina?

Pensando a questa futilissima domanda, gatton gattoni (o canon canoni piuttosto che giraffon giraffoni o echidnon echidnoni), tomo tomo cacchio cacchio, mi sono accorto di aver dato la risposta l’8 luglio 2007 alle ore 00:44 (ne L’erba del vicino, post del 5 luglio), replicando ad un intervento del Prof. Ford, pregiatissimo/a frequentatore/trice senza volto di queste pagine virtuali.
Allora ho deciso di promuovere quel commento, elevandolo a topic del post invece che lasciarlo a commento di un commento del post. E credo di essere stato chiarissimo.
Chi l’ha letto può rifarlo. Chi non l’ha letto può rifarlo.
Io intanto lo butto qui sotto, come mamma, anzi papà, l’ha sfornato.

A dire la verità non ho mai pensato al “noi scriviamo così”. 
Ho deciso di scrivere condividendo, di “aprire un blog” (immagino qualche anno fa se qualcuno mi avesse chiesto: - “Ti piacerebbe aprire un blog?”, - “Eeh?, che diavolo vai farneticando..?”) perché non stavo più scrivendo. Capita mano ogni tanto, acnhe se il computer è sto maledetto messenger hanno avvolto di pigrizia mente e polpastrelli.
Scrivo perché mi piace, tutto qui. Perché lo considero uno sfogarsi, un liberarsi tanto quanto tirare pugni ad un sacco anche se forse lì la fisicità prende il sopravvento. E poi capisco molte cose di me scrivendo, la timidezza va via o si nasconde. E io mi sento molto più nudo, molto più soggetto ai lividi. Sì, credo di fare un grosso lavoro su me stesso. Credo di migliorarmi, se questo vuol dire qualcosa. Diciamo che risparmio i soldi dello psicologo con una sana e nerboruta autoanalisi.

Ogni tanto spendo pure ore e ore a rileggere me e le risposte di chi condivide, a riguardare le vecchie mail, le esperienze passate, le parole che adesso non scriverei mai, i litigi con le donne perché a me dal vivo vengono sempre male. In genere funziona così: si discute, dico le mie stronzate, anzi, dico le mie verità ma con parole del tutto opposte a quelle che vorrei dire e lei, giustamente, mi manda a cacare. Allora è lì che le dita volano, lei legge, e tutto torna meglio di prima. O almeno spesse volte è andata così.

E (perlomeno il mio) citare Bogart o Ciccio di Nonna Papera non è celebrare una generazione, forzare uno stile o peggio ancora compiacersi (forse al liceo sì, ma vienilo a dire al titolare della Festicciola e all’esimio frequentatore Gallit, entrambi usciti da un militare di 5 anni all’I.T.I.S.), è semplicemente scrivere. Riportare su carta le immagini che si affollano nella mente (perché bogart fuma la sigaretta molto meglio di James Dean o di Raoul Bova…scusate…) perché lo scrittore che volevo diventare era ovviamente plasmato da Kerouac (da Bukowski, da Ellis, certo: perché mai ci siamo ubriacati la prima volta?), dalla prosa spontanea che poi rimanda a Whitman e blablabla. E perché in definitiva, posso pure essere figlio di Holly e Benji, di Bem e dell’A-Team, ma sono il nipote di tante altre cose che li hanno preceduti. E i nonni insegnano parecchio, “che ve lo dico a fare” (ad esempio, non avrei ami utilizzato quest’espressione se non l’avessi sentita come geniale traduzione di Forget about it in Donnie Brasco).
Non ci trovo niente di male nel provare a inventare metafore, similitudini e ossimori che farebbero rivoltare Chandler nella tomba. Mi piace pensare che anche a lui venissero così, senza arrovellarsi troppo. Certo, le sue erano migliori, e vorrei pure vedere: quando mi verrà mai in mente di scrivere di "Una foresta di piante dalle sinistre foglie carnose e dagli steli simili a dita di morti lavate di fresco"?
Io penserei a stuzzicadenti consumati o matite spuntate, come diavolo faccio a pensare a dita di morti lavate di fresco?

Scrivo. Il che mi farebbe entrare di diritto nella cerchia degli scrittori secondo la celebre descrizione che Burroughs fece di Ti-Jean (chi mi conosce sa quante volte l'ho utilizzata). Così, giusto per chiudere, anzi accostare, il cerchio intorno a quello che ho cercato malamente di dire in queste righe:

"Kerouac era uno scrittore. In altri termini, scriveva. Molti di quelli che si definiscono scrittori e che hanno i loro nomi stampati, non sono affatto scrittori e non possono scrivere – la differenza sta in questo; un toreador che si batte con un toro è differente da un cazzaro che fa delle piroette senza toro. Lo scrittore è stato là altrimenti non può scriverne. E andando là rischia di essere incornato”.

Qui non c’è alcuna voglia di mostrarsi per quello che non si è. “Sessanta anni, cazzo sessanta”, lo scrivo perché davvero vorrei arrivarci così (con quell’energia almeno) ai 60. “Fanculo a ‘sti cazzo di posti a sedere” lo scrivo perché davvero non concepisco l’idea di andarmi a vedere Patti Smith e stare seduto, come cavolo faccio a stare seduto? Me lo spiegate? Magari davanti ad un bicchierino di amaro del capo che è buono (nella sua fascia) e costa pure poco.

E ricordo i tempi in cui io e il mio fido compagno di banco paolucci ci sfidavamo a colpi di saggi dagli argomenti improbabili ognuno sul diario (o qualsiasi altra cosa in sua vece) dell’altro. Ricordo “L’evoluzione del due di coppe” (mio) o “Gli usi e i costumi dello scopettone del cesso” (suo). Questo è il mio modo di essere scrittore, ridere del non saperlo essere sul serio ma di esserlo comunque, con i miei tic (scrivo spesso “sì, insomma”, oppure ho la fissa dei periodi lunghi alternati a quelli brevi che iniziano sempre con la “e” dopo il punto), le mie ripetizioni, il mio tentare di scrivere come quello o come quell’altro con la consapevolezza di non poterlo fare semplicemente perché non sono quello nè quell’altro e che le nostre vite sono diverse e i nostri occhi pure.

Intanto mi metto in gioco, perché quest’arte scalda e brucia. E fa piangere e ridere a donarla e riceverla.
Ora, come mio costume, non rileggo (anzi, a ‘sto giro correggo i refusi sapendo già di lasciarne tanti per strada), perché le confessioni, almeno da me, non si ritrattano.
E poi succede come adesso, che sono partito per scrivere qualcosa e ho buttato giù forse l’opposto. Ma quello che conta è scritto in realtà solo 23 parole prima di questa: sono partito. Eccolo qui. Il motivo per cui scrivo.

cy

lunedì 6 agosto 2007

Piedi nella sabbia

Succede che poi arriva il mare. E la voglia di giocare prende il sopravvento.
Quando arrivano, scansatele per me. Le nuvole intendo.

giovedì 2 agosto 2007

Il Papa ti aspetta: vieni a Loreto!

Circostanze pessime di cui non mi prenderò la briga di parlare, hanno portato - per la seconda volta in tre settimane - i miei occhi gonfi a varcare la soglia di una delle innumerevoli case del Signore, una chiesa per l’appunto.

All’uscita, oltre al cuore straboccante bontà, mi sono ritrovato in mano un volantino pubblicitario de “L’agora dei giovani italiani – Loreto 07”.
Per non tediarvi oltremodo, mi limiterò a riportare fedelmente la parte centrale di questo fantastico pieghevole in cui il Pastore Tedesco saluta il lettore di turno con il suo tipico ghigno malefico. Vi anticipo che io vorrei tanto avere il cappello. Preghiamo.

UN EVENTO ECOLOGICO

Loreto sarà un evento rispettoso del Creato: ti proporrà comportamenti e stili di vita efficaci per la tutela dell’ambiente, della raccolta differenziata dei rifiuti all’utilizzo delle bio-plastiche. Inoltre tutti gli oggetti che riceverai saranno riutilizzabili anche a casa: non c’è niente da buttare!!

- La sacca del pellegrino è cosi bella e comoda che non potrai fare a meno di portarla con te ogni giorno.

- Anche il Pass è fatto di stoffa: una tasca posteriore in rete lo rende utilizzabile come simpatico porta-cellulare.

- Il cappello sarà simile a quello di Colonia 2005: un vero e proprio oggetto-cult per le grandi occasioni.

- La torcia elettrica funziona senza batteria (si carica girando una manovella) e può anche caricre i cellulari delle maggiori marche.

- La busta che contiene i pasti è una borsa termica in piena regola, riutilizzabile per il trasporto dei surgelati o come sacca per gli alimenti take-away.

- Per non parlare del telo in nylon da stendere sotto il sacco a pelo: lo potrai riutilizzare davvero in molti modi.

martedì 31 luglio 2007

Michelangelo

In chat su skype, poco fa. Requiescat.

rbbll: "che cazzo è morto pure michelangelo! ecchecazzo!

cy: "già, è fico che so morti insieme"

rbbll: "ho appena finito di leggere i coccodrilli su bergman"

cy: "sto matto pare pure che sia spirato in scioltezza sulla poltrona di casa.."

rbbll: "si ma adesso mi sento veramente solo"

cy: "prima o poi si deve morì, ma chi ci manca? non so, monicelli non è antonioni"

rbbll: "mi sa che sono finiti"

cy: "mi sa che era l'ultimo. organizziamo un mega orgione nel deserto in memoria, chiamo pure jerry garcia con la chitarra"

rbbll: "poi sul piu bello comincia a sgorgare acqua pura dalla fontana della vergine"

cy: "e tutti che prendono a giocare a tennis senza palla"

rbbll: "attenzione, maratona antonioni su raitre"

cy: "uuuuuuh"

rbbll: "alle 21 zab point"

cy: "esploderò insieme alla casa"

Ingmar Bergman

- "E' lunedì mattina presto...e sto soffrendo."

(Sussurri e grida, 1973)

- "Il volto umano: nessuno lo ritrae così da vicino come Bergman."

(François Truffaut, dalla recensione di Sussurri e grida)

sabato 28 luglio 2007

L'importanza di chiamarsi C

Ok, va bene:
non si dice cagare, si dice cacare;
non fregare ma frecare;
non figa ma fica.

Viva la fica dunque.

mercoledì 25 luglio 2007

Chiudere gli occhi

E io gli chiesi perchè prima teneva gli occhi chiusi mentre lo guardavo e le donne parlavano. Subito li richiuse, d'istinto, e negò di averlo fatto. Mi misi a ridere e gli dissi che facevo anch'io questo gioco quand'ero ragazzo - così vedevo solamente le cose che volevo e quando poi riaprivo gli occhi mi divertivo a ritrovare le cose com'erano.

(La luna e i falò - Cesare Pavese, 1950)

martedì 24 luglio 2007

Vinceremo(?)

In un altro paese, (ma non si poteva scegliere un altro tono per la voce-off?) documentario di Marco Turco ispirato dal libro di Alexander Stille Cadaveri eccellenti, è andato finalmente in onda ieri sera alle 21, su RaiTre naturalmente. 92 minuti per spiegare e ripercorrere la storia della mafia dalla fine degli anni 70 ai giorni nostri.
Se non avete avuto la possibilità di vederlo, per favore, rimediate.
Filmati inediti persino al titolare della Festicciola, ormai avvezzo da anni a produzioni, indagini e ricostruzioni di questo genere. E poi lei, l’immensa Letizia Battaglia, il Virgilio di Stille per le strade di Palermo:

- “Anche in via D’Amelio arrivai come al solito di corsa con la mia vespa, c’erano brandelli di corpi ovunque, braccia da una parte e gambe dall’altra, e io…io non fotografai.”

E anche alla millesima visione, fa sempre un effetto che non riesco a descrivere, un magone che non perde energia, vedere Antonino Caponnetto (fondatore del pool antimafia di Palermo dopo l’omicidio di Rocco Chinnici) in quella via, mentre sale in macchina subito dopo la visione della strage:

- “E’ tutto finito.”

Le mani rugose stringono l’avambraccio del giornalista proprio sotto al microfono, cercando tremolanti un appiglio.

- ”Perché è tutto finito giudice Caponnetto?"

Il volto timido e austero, forse per la prima volta rassegnato, entra in macchina lentamente, in bilico tra la voglia di accasciarsi e quella di andar via, ma le mani non si staccano da quel microfono continuando a tremare, percorse da una scossa quasi mortale.

- ”E' tutto finito.”

Anche le labbra sono scosse, gli occhi vuoti dietro le lenti, fissi verso il giornalista fuori campo.

- ”Perché è tutto finito giudice Caponnetto?"

E’ come se non ci fosse più fiato, come se il cuore smettesse di pompare per qualche secondo.

- ”Perché…”

Il sorriso di Falcone, quasi troppo cinematografico per sembrare vero. Troppo distante dai volti che sono abituato a vedere, la dolcezza di chi convive con la paura, i denti in mostra ad ogni sospiro, ad ogni finire di frase.
E la nuova classe dirigente a braccetto con la vecchia, per dio, Andreotti è lì dalla Costituente e ancora decide le sorti del governo e ci vorrebbe un post a parte per descrivere le malefatte di ques’uomo intervistato subito dopo l'omicidio del suo compare Salvo Lima: "Un uomo leale, di grandi qualità...", maledetto ghigno dalle grandi orecchie.

(il corsivo che segue potete leggerlo o non leggerlo, scusate ma non avevo voglia di lasciar passare impunemente il nome di Giulio, altrimenti saltate il corsivo e proseguite)

La sentenza d'appello di Palermo del 2 maggio 2003 a carico di Giulio Andreotti dovrà entrare nella storia dei media e del giornalismo. Assolto, hanno scritto tutti giornali, hanno detto tutti i telegiornali. Restituito l'onore al leader democristiano e alla Dc, hanno commentato festosi Pierferdinando Casini e tanti altri ex democristiani.

Giulio Andreotti aveva nel processo palermitano due capi d'imputazione. Il «capo a»: associazione a delinquere per aver avuto rapporti, incontri e contatti con i boss di Cosa nostra pre-corleonesi, con la mafia di Stefano Bontate e Tano Badalamenti. Il «capo b»: associazione a delinquere di stampo mafioso per aver avuto rapporti, incontri e contatti con la mafia «vincente» di Totò Riina, dopo che i corleonesi avevano fatto fuori a colpi di kalashnikov Bontate e centinaia di mafiosi delle cosiddette «famiglie perdenti».

Il «capo a» si riferisce a fatti fino al 1980. In quell'anno Bontate viene ucciso e il suo posto viene preso da Riina. L'accusa è di associazione a delinquere "semplice", perché ancora non era stato introdotto il reato di associazione a delinquere di stampo mafioso, che sarà varato nel 1982.

Il presidente Scaduti l'ha detto chiaro e tondo, e tutte le televisioni l'hanno trasmesso senza rendersi conto di quel che facevano:
"IL REATO DI ASSOCIAZIONE PER DELINQUERE COMMESSO FINO ALLA PRIMAVERA DEL 1980 È ESTINTO PER PRESCRIZIONE",
mentre per l'associazione mafiosa successiva al 1982 si conferma la prima sentenza: assoluzione per insufficienza di prove.


Da quell'anno, dunque, scatta la nuova imputazione, con pene maggiori e termini di prescrizione più lunghi: è il «capo b».

La sentenza d'appello conferma l'assoluzione concessa in primo grado per il «capo b», seppur con il riferimento al secondo comma dell'articolo 530 (ossia: per insufficienza di prove). La testimonianza del "pentito" Balduccio Di Maggio, quello che ha raccontato l'incontro con bacio tra Andreotti e Riina, non ha convinto i giudici.

La sentenza d'appello riforma invece l'assoluzione di primo grado per il «capo a», riconoscendo la prescrizione. Ossia: i fatti contestati sono avvenuti , i rapporti, incontri e contatti tra Andreotti e la mafia ci sono stati. «Fino alla primavera del 1980», precisa il dispositivo della sentenza: cioè fino alla data dell'ultimo incontro in Sicilia tra il leader dc e Bontate. Ma poiché non c'era ancora il reato d'associazione mafiosa, il più blando reato d'associazione "semplice" si prescrive in 22 anni e mezzo. Dunque nel dicembre 2002. Se la sentenza fosse arrivata cinque mesi prima, serebbe stata di condanna.

Andreotti ha avuto rapporti, incontri e contatti con i boss di Cosa nostra, almeno fino alla primavera del 1980. È stato salvato solo da quello strano marchingegno giuridico italiano che si chiama prescrizione.


E poi la classe politica dagli anni Novanta in poi, la campagna mediatica (tuttora in corso) contro la magistratura e i suoi uomini, le leggi approvate per limitarne i poteri e quelle per rendere meno facile la vita ad eventuali nuovi collaboratori di giustizia:

Uniti contro il 41 bis: Berlusconi dimentica la Sicilia
(stadio Renzo Barbera di Palermo, 22 dicembre 2002)

E potrei andare avanti ancora un po’, ma sto sudando in questa mattina romana senza vento alcuno.

Allora trovo la chiusura di queste righe, parla Giuseppe Ayala, altro membro del pool antimafia, ricordando l’incontro tra lui e Falcone dopo il fallito attentato alla villa dell’Addaura il 20 giugno 1989:

- “Ci guardammo senza parlare e ci venne in mente la stessa cosa a tutti e due: ma questa, solo mafia è?”

domenica 22 luglio 2007

Veleno

In attesa di una puntata de L'ottavo nano in replica su Raisat Premium, mi sono imbattuto nella pubblicità del Moment Act ("Per un'azione mirata!"), che altro non è che la versione potenziata del Moment200 "classico". In pratica contiene il doppio della quantità di principio attivo (l'ibruprofene): 400mg contro 200mg. Se hai un mal di testa - di denti, nevralgie varie, dolori muscolari, dolori osteoarticolari, dolori mestruali - più forte (di che? di cosa?), converrà sicuramente prenderlo.
Chi mi conosce sa che non faccio uso di questo tipo di droghe. Credo che l'ultimo composto chimico ingurgitato sia stato un'aspirina (in preda al tipico mal di testa post sbornia e con un pranzo imminente, ci scommetto), direi più di 5 o 6 anni fa.
Ora, sarò stato sicuramente fortunato, ma l'idea che il non prendere medicine sia il vero motivo che spinga il mio umile corpicino a non ammalarsi da tempo immemore, prende sempre più piede in una testa, la mia, da sempre ben predisposta all'idea del "complotto" universale.

giovedì 19 luglio 2007

Passano gli anni ma 15 son lunghi

E' un po' che me (ve) la meno con post introspettivi, allora eccomi di nuovo a voi con un po' di sana denuncia civile. Che non costa niente e ci fa stare con l'animo in pace (c'è ironia in tutto cio', un bravo scrittore non dovrebbe specificarlo).

Il 19 luglio 1992, dopo aver pranzato a casa di amici, Paolo Borsellino si reca insieme alla sua scorta in via D'Amelio, dove vive sua madre. Una Fiat 126, caricata con circa 100 kg di tritolo, esplode nei pressi dell'abitazione, uccidendo oltre a Paolo Borsellino anche Emanuela Loi (prima donna della Polizia di Stato caduta in servizio), Agostino Catalano, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina e Claudio Traina. L'unico sopravvissuto è Antonino Vullo.

15 anni.
La procura della Repubblica di Caltanissetta indaga sul probabile coinvolgimento di apparati deviati dei servizi segreti nella strage di via D’Amelio. Ci sono voluti quindici anni. Basettoni e Manetta, con l'indispensabile aiuto di Topolino, della bislaccheria di Pippo e perchè no, dell'acume di Gancio "il dritto", avrebbero fatto sicuramente meglio.
“Piuttosto che niente, meglio piuttosto”, diceva mia nonna:

Dal 23 maggio (omicidio Falcone), il “condannato a morte” (parole sue in un intervista rilasciata a “Micromega”) Borsellino lavorò forsennatamente – “Devo fare presto”, ripeteva a familiari ed amici - appuntando tutto il materiale raccolto sull’ormai tristemente famosa agenda rossa, ovviamente (come la busta gialla di Mauro De Mauro, la pagina del libro di volo relativa al 20 luglio 80, i proiettili che trapassarono la testa di Tenco, la pistola usata per uccidere Fortugno) mai ritrovata.

Troppe leggerezze, troppi “errori” che si attribuiscono con difficoltà solo all’incompetenza, cazzo.
Come mai, se solo 60 giorni prima era stato fatto brillare Falcone con la sua scorta, non era stata prevista una bonifica della zona? Come mai non era stata istituita una zona rimozione in quella porzione di via che ospitava poco distante, al civico 68, un covo dei Madonia?

Il pericolo era reale, palpabile, ricordo persino io, adolescente brufoloso, la tensione di quell’anno, di quei mesi, quella sensazione di terreno instabile sotto i piedi: “è arrivato in città il carico di tritolo per me''' confidò Borsellino all’amico Pippo Tricoli (docente di Storia Moderna e Contemporanea presso l'Università di Palermo) lo stesso 19 luglio.

Perché sono state archiviate frettolosamente le indagini relative al Castello Utveggio, luogo da dove partirono, subito dopo l’attentato, chiamate dal telefono clonato di Borsellino a quello del funzionario del Sisde Bruno Contrada?

- Bruno Contrada è stato condannato a dieci anni di carcere per concorso esterno in associazione mafiosa.
L’inchiesta si focalizza sui rapporti ambigui che Contrada, avrebbe avuto, con la mafia e in particolare con il boss di San Lorenzo, Rosario Riccobono, eliminato con il metodo della “lupara bianca” durante la guerra tra le cosche negli anni ’80. Tra gli accusatori, dell’ex agente del Sisde, ci sono stati diversi collaboratori di giustizia: Tommaso Buscetta, Gaspare Mutolo, Giuseppe Marchese, Rosario Spatola. Dopo di loro, altri pentiti di primo piano, tra i quali Francesco Marino Mannoia, Salvatore Cancemi, Ghiacchino Pennino, Angelo Siino e Giovanni Brusca, hanno sostenuto che Contrada era “a disposizione” di alcuni esponenti mafiosi.


Perché Nicola Mancino (allora Ministro dell’Interno) chiese a Borsellino, intento nell’interrogatorio di Gaspare Mutolo (detto “Asparino”, compagno di cella e uomo di fiducia di Totò Riina), di incontrare il capo della Polizia Parisi e il funzionario del Sisde Contrada? Cosa si dissero? Perché Borsellino ne uscì talmente sconvolto, come raccontò lo stesso Mutolo, da “tenere in mano due sigarette contemporaneamente”?

Secondo Salvatore Borsellino, il fratello Paolo è stato ucciso dai servizi segreti. Da lì è partito l'ordine. Lo hanno fatto saltare in aria in via D'Amelio quando hanno capito che Paolo era diventato un pericolo per quella parte dello stato che aveva deciso di trattare con Cosa Nostra. Lui era contrario, per questo l'hanno eliminato.
L’agenda rossa è sparita ma ne esiste un’altra, di colore grigio, mai uscita da casa Borsellino:

1 Luglio ore 19:30: Mancino

Mancino continua a negare l’incontro in perfetto stile democristiano, nonostante lo stesso Vittorio Aliquò (all'epoca procuratore aggiunto) ha dichiarato di aver accompagnato Paolo fino alla soglia dell'ufficio di Mancino.

Io mi ostino a credere che basti cercar meglio o forse non dare mai niente per scontato, un po’ come ne La lettera rubata (Edgar Allan Poe, 1845). Sì, forse l’agenda rossa è posata lì sulla scrivania, a destra, sotto qualche foglio ed un paio di timbri, proprio di fianco al telefono.
Nell’ufficio di Mancino.

Alla fine i miei occhi, facendo il giro della stanza, si posarono su un insignificante portadocumenti di cartone filigranato, che era appeso con un sudicio nastro blu a un chiodo di ottone, proprio al centro del caminetto. Nel portacarte, diviso in tre o quattro scomparti, c'erano cinque o sei biglietti da visita, e un'unica lettera, molto sporca e spiegazzata. La lettera era quasi strappata in due, proprio nel mezzo: sembrava che qualcuno, dopo aver avuto in un primo momento l'idea di farla a pezzi come cosa senza valore, poi si fosse fermato, oppure avesse cambiato idea. Recava un grande sigillo nero, dove erano impresse in bella evidenza le iniziali di D***; l'indirizzo, scritto in una minuta calligrafia femminile, era quello del ministro. Era stata infilata con negligenza – perfino con disprezzo, sembrava – in uno degli scomparti superiori del portacarte.
Mi bastò un'occhiata per capire che quella era la lettera che stavo cercando.