martedì 22 aprile 2008

Lo volevo dire

Per arrivare all'alba non c'è altra via che la notte.
Kahlil Gibran

La notte insegue sempre il giorno.
Jimmy Fontana

martedì 15 aprile 2008

Un cannone nel cortile

Un forte senso di frustrazione, davvero non capisco, non mi riconosco, o meglio, non capisco e non riconosco gli altri, m'interrogo su come faccia un partito razzista per costituzione a raggiungere in alcune regioni cifre vicine al 30 per cento. E quell'altro ad avere ancora chi gli crede. Che crede alle sue parole quando basterebbe davvero poco - una mezz'ora di concentrazione forse - a sbugiardarlo. Non capisco, io non prenderei neanche un crodino con gente del genere. Sì, d'accordo, il crodino fa cacare ma non è questo il punto.

Alla fine mi alzo e penso che probabilmente non cambierà niente nella mia vita, io non devo soldi a nessuno, non devo niente a nessuno eccezion fatta per l'amore verso chi lo merita. Rimarrà quel senso di vergogna nell'uscire dall'Italia e portarsi sulle spalle il peso di battute che non fanno ridere e totalmente fuori contesto, sorrisi da playboy, insulti fascisti, corna da scuole elementari, l'apparenza al primo posto, il tacco schioppettante. La maleducazione. E il senso del pudore scomparso. Forse morto. E quel costante bruciore proprio lì dietro, nel culo, scusate la schiettezza.
E poi le leggi, chissà cosa succederà adesso che gli affari di casa propria son già stati sistemati. Ma gli affari vanno avanti. E con loro la legge. Sarebbe il caso di cambiare il giudice?

Poi penso a Claudia Cardinale, per sempre il mio ideale di donna, che compie 70 anni con una carica di sensualità che tutte 'ste sgallettate vuote neanche sognano, perchè bisongnerebbe capire per sognare;
penso al Sassaroli e all'elettroencefalogramma BI-PO-LA-RE prescritto al Melandri (minuto 2:30);
penso che non mi sento molto bene stamattina;
penso che non ancora ascolto una canzone e questo vorrà pur dire qualcosa;
penso che Annarella rimarrà sempre un pezzo da suicidio e che Lindo Ferretti sarebbe dovuto essere già morto, così, giusto per lasciarci qualche certezza.
penso che, mas o meno, tra le mie conoscenze, la percentuale di vincitori si aggiri intorno allo 0,3 per cento;
penso che di persone ne conosco un bel po';
penso che - per dirla con mamma - se si paga un cellulare 35 euro e un litro di latte fresco 1,5 vuol dire che c'è qualcosa che non va;
penso che ieri sera Arcore era sotto un nubifragio;
penso che quando mi fa comodo do molto valore a certi segnali;
penso che forse, per dirla con il blasco, "per noi tutto l'infinito finisce qui";
penso che per una volta i miei piedi sono freddi per un reale motivo e che non c'è calzino che tenga ma forse solo l'acqua tiepida del mar dei caraibi;
penso a Rino Gaetano, a Nuntereggae più che forse è la canzone che ascolterò;
penso che qui sull'Adriatico non ce l'ho e non posso suonarla, come dicono i DJ;
penso che oggi pomeriggio torno nella capitale, a Roma ladrona (così mi capisce anche la maggioranza);
penso che per la prima volta nella storia manca gente dentro quelle due camere;
penso che Andreotti, invece, in un modo o nell'altro riuscirà a migliorare il suo record che va avanti dalla Costituente;
penso che la Domenica delle Salme non morirà mai, come Fabrizio e come tutte le profezie che si avverano;
penso che ero partito dicendo "Una battuta e vado via" e invece potrei non fermarmi mai a dire stronzate;
penso a un libro che mi prestarono di cui non ricordo titolo né autore, uno dei pochi che non ricomprai, e adesso mi maledico per questo, un libro dove il marito fece scrivere sulla sua lapide "fu nella sua patria cittadino probo e marito esemplare. Tradì altrove.";
penso anche che forse sto esagerando e che in pochi leggerete questo sproloquio ma forse sarete un po' di più di quelli che son riusciti ad arrivare in fondo all'Ulisse di Joyce;
penso che vi lascio e vado in spiaggia, che col culo che ha riesce sempre a farsi massaggiare dal mare;
penso che la spiaggia, come la strada, nonostante recinzioni e muri, è e sarà sempre di tutti;
penso che vado via, metto il titolo a sto post e vado via.
Domani andrà meglio.

Penso che non me ne frega niente e vi incollo qui di seguito il testo completo del capolavoro di cui sopra. Davvero ci fosse qualcuno che ne ignori ancora l'esistenza. E che potete ascoltare e rabbrividire qui. No, certo che non sto parlando dell'Ulisse:

LA DOMENICA DELLE SALME

Tentò la fuga in tram
verso le sei del mattino
dalla bottiglia di orzata
dove galleggia Milano
non fu difficile seguirlo

il poeta della Baggina
la sua anima accesa
mandava luce di lampadina
gli incendiarono il letto
sulla strada di Trento

riuscì a salvarsi dalla sua barba
un pettirosso da combattimento

I Polacchi non morirono subito
e inginocchiati agli ultimi semafori
rifacevano il trucco alle troie di regime
lanciate verso il mare

i trafficanti di saponette
mettevano pancia verso est
chi si convertiva nel novanta
ne era dispensato nel novantuno

la scimmia del quarto Reich
ballava la polka sopra il muro
e mentre si arrampicava
le abbiamo visto tutto il culo

la piramide di Cheope
volle essere ricostruita in quel giorno di festa
masso per masso
schiavo per schiavo
comunista per comunista

La domenica delle salme
non si udirono fucilate
il gas esilarante
presidiava le strade
la domenica delle salme
si portò via tutti i pensieri
e le regine del ''tua culpa''
affollarono i parrucchieri

Nell'assolata galera patria
il secondo secondino
disse a ''Baffi di Sego'' che era il primo
-- si può fare domani sul far del mattino –
e furono inviati messi
fanti cavalli cani ed un somaro
ad annunciare l'amputazione della gamba
di Renato Curcio
il carbonaro

il ministro dei temporali
in un tripudio di tromboni
auspicava democrazia
con la tovaglia sulle mani e le mani sui coglioni
-- voglio vivere in una città
dove all'ora dell'aperitivo
non ci siano spargimenti di sangue
o di detersivo –
a tarda sera io e il mio illustre cugino De Andrade
eravamo gli ultimi cittadini liberi
di questa famosa città civile
perché avevamo un cannone nel cortile

La domenica delle salme
nessuno si fece male
tutti a seguire il feretro
del defunto ideale
la domenica delle salme
si sentiva cantare
-quant'è bella giovinezza
non vogliamo più invecchiare –

Gli ultimi viandanti
si ritirarono nelle catacombe
accesero la televisione e ci guardarono cantare
per una mezz'oretta
poi ci mandarono a cagare
-- voi che avete cantato sui trampoli e in ginocchio
coi pianoforti a tracolla travestiti da Pinocchio
voi che avete cantato per i longobardi e per i centralisti
per l'Amazzonia e per la pecunia
nei palastilisti
e dai padri Maristi
voi avete voci potenti
lingue allenate a battere il tamburo
voi avevate voci potenti
adatte per il vaffanculo —

La domenica delle salme
gli addetti alla nostalgia
accompagnarono tra i flauti
il cadavere di Utopia
la domenica delle salme
fu una domenica come tante
il giorno dopo c'erano i segni
di una pace terrificante
mentre il cuore d'Italia
da Palermo ad Aosta
si gonfiava in un coro
di vibrante protesta.

giovedì 10 aprile 2008

Venerdì 11 aprile ore 19


Se non avete di meglio da fare...

per maggiori INFO (e soprattutto se non vi va di leggere tutto il delirio sottostante) cliccate qui.

DAY RETURN TICKET

Lorenzo Casali, CM, Serena Porrati
a cura di Francesca Referza e Massimo Arioli

dall' 11 aprile 2008 ore 19
fino al 31 maggio 2008


via Panisperna, 100
00184 Roma

dal martedì al sabato dalle ore 17 alle 20
mattina su appuntamento

chiuso lunedì e festivi

per informazioni:
tel. 06 4741881 - mobile 392 0318164
info@spaziosenzatitolo.org
www.spaziosenzatitolo.org

CONTENERE, RIPETERE, DEFINIRE di Massimo Arioli

Quello del fotografare è un atto nel tempo,
nel quale qualcosa
viene strappato al suo momento
e trasferito in una diversa forma continuità
Wim Wenders, Una volta, 1993


Parlare ancora di "quotidiano"? Isolarne il concetto significa accettare come inevitabile la normalità, la banalità, l'impossibilità di liberarsi dalla schiavitù di un'abitudine. Procedere in questo lavoro d'astrazione, rimanda ad una dimensione temporale più vasta, ad una idea di durata destinata alla frammentazione.
Intendere il quotidiano equivale ad inserire in questo flusso un tratto discontinuo, un corpo estraneo nell'ingranaggio del tempo, un elemento centrale che acquista senso e forza per ciò che si trova ai margini, qualcosa che è, in tutto e per tutto, analogo all'immagine video-fotografica.
Accade sempre più spesso di avere la sensazione di non capire ciò che guardiamo. Questo avviene ancor più drammaticamente di fronte ad un paesaggio, reale o virtuale, che sfili velocemente davanti ai nostri occhi. Nelle immagini di CM, traguardate attraverso i vetri sporchi di un vagone ferroviario, l'inconscio ottico, quel momento in cui diventa visibile ciò che la percezione non è riuscita a catturare, ci viene in soccorso quale funzione primaria del dispositivo fotografico. L'operazione si riduce nel contenere, nel tenere a freno il desiderio di dare un senso e nello smussare l'ansia di colmare l'inadeguatezza. Lo sguardo prova ad ancorare la visione ad una sorta di marginatore con cui fissare le coordinate di quanto avviene davanti a noi. Il problema allora si trasforma: Che cosa vediamo quando guardiamo?
Ogni gesto e ogni interrogativo di questo procedere verso l'ignoto per renderlo noto; ogni istante in cui poniamo in discussione l'urgenza stessa della domanda; ogni sguardo che va verso un mondo e da un mondo proviene è legato ad una giostra che si muove in maniera impercettibile e le cui figure non possono non ripresentarsi. Per Lorenzo Casali che presenta il video "Scansione", tutto è connotato dalla ripetizione, dall'assistere al movimento che scandisce ossessivamente la stessa porzione di viaggio: percorrere il reale nei due sensi; lo spazio si presenta nell'entrare ed uscire quotidianamente ed incessantemente. Nel loop resta una sola traccia dell'accidentalità di quanto abbiamo vissuto. Pochi pixel, armati di voce propria, stanno a testimoniare la caducità del tutto e introducono un nuovo elemento di discontinuità e di irriducibilità.
Porre un limite al mondo dominato dalla visione diventa indispensabile. Visione che si configura come un deposito di memorie e si rivela per la facoltà di far crescere immagini moltiplicandole per numero ed amplificandone i significati. Siamo nel campo di chi vuole definire. Per Serena Porrati nel video Beyond Nature, definire equivale a stabilire l'inquadratura, il taglio e la posizione nello spazio disponibile. Alla stessa maniera di chi decide i tempi e i diaframmi per influenzare l'esposizione e la profondità di fuoco, Porrati arricchisce l'immagine proprio nell'esclusione dell'elemento umano e nel ribaltamento di valori e luoghi specifici dell'immagine familiare. Portando in primo piano lo sfondo, anteponendo il paesaggio, si stabilisce come regola l'inversione di ruoli in cui riabilitare è determinare un limite interno che affranchi, moderi le forze ma agiti fino a condizionare una nuova visione del reale.

lunedì 7 aprile 2008

L'ultima salita

E' arrivato il momento.
Quello della finestra spalancata e del piede nudo forse con troppa precipitazione. Allora arrivano i brividi e con loro la richiesta di un paio di gradi in più da parte delle estremità inferiori. Poi ti giri a destra e vedi entrare il sole, guardi in basso a sinistra verso quella che al Tucano si ostinano a chiamare libreria perchè fa più figo di "scaffale" e l'infradito sembra spingere da sotto il primo ripiano adibito a porta - tre - scarpe.
Sì, stiamo scavallando.
Ne godo troppo.

venerdì 4 aprile 2008

Macchiato, grazie.

Ascoltando e leggendo lo slogan - originalissimo, c'è da dire - della nuova pubblicità Granarolo, "Non tutti i latti sono uguali" sono stato colto da un dubbio: ma il sostantivo maschile "latte", ha un plurale?

Nel lontano 2004, all'interno della sua rubrica Scioglilingua,
l'esimio linguista del Corriere della Sera, Giorgio De Rienzo, rispose così ad un lettore:

"Alcuni dizionari indicano "latte" come sostantivo maschile, di cui "non è comune" la forma plurale. Come spesso accade i dizionari, giustamente, registrano un fatto e non danno una regola. Perché una regola si forma, generalmente, e nel tempo, attraverso lo stabilirsi di una consuetudine. Se la realtà delle cose cambia, può cambiare anche la grammatica e una parola generalmente singolare, può diventare plurale. Se prima esisteva soltanto il "latte" di mucca e ora, accanto ad esso, esistono il "latte detergente", il "latte tonico" e così via è naturale che non ci sia più un "latte" ma diversi tipi di latte, i quali possono diventare, a pieno titolo, "latti".

Novello De Saussure, da dottore in Scienze del nulla, vi dico in tutta sincerità che continuerò a dire latte, anche al plurale.

martedì 1 aprile 2008

Se potessi avere

Entro alla Auchan di Casal Bertone e da un giorno all'altro trovo la mia pasta, lo spago De Cecco N°12, arrivata al siderale prezzo di 1,05 euro e la mia bottiglia di birra, la Peroni da 66cl (per giunta calda), toccare la cifra di 1,04 euri.
Allora il luogo (neanche tanto) comune diventa realtà: non ce la farò mai ad arrivare alla fine del mese.