venerdì 30 maggio 2008

In un anno ci sono 12 mesi

Sì, ho capito che se chiami una manifestazione "Luglio suona bene", vuol dire che i concerti si svolgeranno tutti nel mese di luglio, mi chiedo però se sia giusto e in qualche misura democratico concentrare tutta questa bellezza in soli trenta giorni, va be', trentuno.

D'accordo che a luglio la sera si sta bene, che c'è tanta gente che esce perché a casa fa caldo, che è ora di smetterla di dire che d'estate la capitale si svuota, però porca troia, alle mie tasche non ci pensate? Chi cavolo sono, il sultano del Brunei? Sono stato per caso ingaggiato dalla Major League Soccer?

In breve i miei conti relativi ai concerti che vorrei andare a sentire ma che per evidenti motivi mi vedranno assente, eccezion fatta per...:

- Erykah Badu, 6 luglio
prezzo minimo: 35€
prezzo massimo: 60€

- Sinéad O'Connor, 8 luglio
30€
50€

- Mercedes Sosa, 9 luglio
15€
20€

- Jarret, Peacock, DeJohnette, 12 luglio
50€
100€

- Sigur Ròs, 12 luglio
30€
60€

- dEUS, 16 luglio
15€

- Bred Mehldau Trio, 20 luglio
15€
20€

- Bjork, 25 luglio
60€
120€

- Leonard Cohen, 28 luglio
60€
120€

Per questi simpatici totali:
totale minimo, 310€
totale massimo, 565€

Che faccio, mi gioco tutto sulla Virtus che vince contro Siena in finale scudetto?

mercoledì 28 maggio 2008

Satellite of love

- "Che succede ragazzo?"
- "Niente vecchio, non mi tornavano i conti: ne mancava uno."


(Per qualche dollaro in più - Sergio Leone, 1965)


Mi chiedevo cosa si sarebbe inventato ora che gli affari di famiglia e le pendenze giudiziare erano state abilmente aggirate. Comunque risolte. Perchè in questa società in cui ci si dimentica troppo presto di tutto, in pochi rammenteranno il come. Ci si ricorderà della classifica finale, non del campionato, al massimo di qualche partita più avvincente delle altre.


Persino io, titolare della Festicciola, stavo quasi rimuovendo l'annosa questione. Davvero incredibile:
c'è ancora da sistemare la decennale illegalità analogica riconosciuta da più corti (italiane e non) di quell'oasi chiamata Rete4.

Ora non vorrei riusltare tedioso come mio solito, quindi non scriverò di come il nostro (anzi, il vostro, anzi no, il loro) riuscì ad iniziare a trasmettere con l'ingegnoso sistema delle videocassette.
Non scriverò che il 16 ottobre del 1984 Canale5, italia1 e Rete4, vennero oscurate perché tramsettevano su tutto il territorio nazionale nonostante la legge, questa vituperata sconosciuta, prevedesse il contrario.

Così come non scriverò che esattemente 4 giorni dopo arrivò il decreto del governo Bettino che autorizza la trasmissione mediante ponti radio in ambito regionale nonché la trasmissione a livello nazionale mediante l'uso di videocassette.
E non scriverò che la fondazione Bettino ha recentemente reso pubblica la lettera di ringraziamento inviata dal "loro" subito dopo il decreto.
Non scriverò che la Corte Costituzionale abbia da tempo dichiarato illegittima questa posizione sul mercato (sentenza 420 del 1994), così come non me la prenderò con l'uomo con i baffi in piedi sul cassero.

Poi, (dopo la cena) allo stesso modo, non scriverò che lo sconosciuto - ai più - Francesco Di Stefano e la sua rete Europa7 ha vinto tutti i ricorsi, diffide, ingiunzioni, cause civili, penali, regionali che impongono infine (Corte Costituzionale, sentenza 466 del 2002) a Rete4 di accomodarsi sul satellite dal primo gennaio 2004.
Quelle frequenze appartengono a Francesco Di Stefano ormai da dieci anni.

Tutto questo non lo scrivo.
Mi premeva invece ribadire un concetto che non sembra attecchire in questa società di nani e ballerine:
uomini come Emilio Fede non sono divertenti. Sono pericolosi.

giovedì 22 maggio 2008

Reds and Blues

Non ero per niente teso, mi stavo gustando lo spettacolo di una di quelle partite che fanno dimenticare i milioni buttati, i giocatori col numero 45 o con il 9+1 sulla maglia, lo spezzatino, i diritti televisivi che vincono, i tifosi costretti a rimanere a casa, le telecronache strillate senza motivo.
Poi arrivano loro, arrivano ‘sti diavolo di rigori, inquadrati finalmente come devono essere inquadrati, con la camera che schiaccia la porta, in prospetto, e la schiena del tiratore in primo piano.
Senti i polmoni che si gonfiano e un leggero pizzicore nello stomaco: eccola qui, la signora tensione. Mi tiro su con la schiena, il sedere al limite della seduta nel pensare di dover tirare quella palla che scotta e pesa un’infinità, con il portiere che sembra Golia e la porta piccola piccola, “lo tiro lì, anzi no” con i muscoli facciali allo spasmo e dispiacerti perchè le uniche due donne presenti in sala non capiranno mai di cosa sto parlando, dall’alto del loro continuo, irrispettoso chiacchericcio.

Piove, gli occhi si appannano, Ronaldo si ferma, poi riparte. E sbaglia, ancora una volta. Cech para come sa, lo spilungone dall’altra parte come non sa.
Drogba si è fatto cacciare da stupido, “Se il Chelsea perde ai rigori se lo ricorderà”, sentenzio, e così sarà, perché con lui in campo, John Terry, il capitano, non sarebbe mai andato sul dischetto.
Il capitano, il simbolo dei blues, partita perfetta la sua, non sbaglia una diagonale che è una, chiude tutto, persino con la testa, sul tiro a botta sicura di Giggs.
Che ne sapete voi donzelle sul divano del significato del capitano? Che ne sapete del valore che ha quella fascia per un fedelissimo, il simbolo della squadra? Come fate a non emozionarvi di fronte a questa vicenda?
Poi una zolla più viscida delle altre, proprio alla sinistra del dischetto, dove il piede d’appoggio dovrebbe essere stabile, parallelo al pallone. La caviglia si gira, scivola e fila via nel nulla della terra bagnata, ne esce un tiro sbilenco che scheggia il palo esternamente e finisce a disegnare chiazze sulle pozzanghere.
Il mercenario sbaglierà quello decisivo, ma rimarrà solo nelle statistiche.
Solo lo sport riesce a scrivere queste sceneggiature.

Un gioco, lacrime e sorrisi che non si dimenticheranno mai, inchiodate sul cuore con i tacchetti. Solo un gioco, come l'amore, forse un po’ meno crudele. Ma che mantiene vivi.

martedì 20 maggio 2008

Danziamo all'incontrario

In linea di massima non mi faccio troppi problemi (in linea di minima sono incazzato nero) a tornare a casa fradicio dalla testa ai piedi.
A me spiace per quella migliaia di poveracci venuti da ogni parte del mondo per godere della primavera romana e che invece si ritrovano a dover setacciare la valigia alla ricerca di un capo più caloroso.
Ombelichi scoperti, piedini al vento, spalle al cielo. Cary e Audrey se la staranno ridendo beatamente.
Doccia, te' caldo e ciambellone. In che mese siamo?

lunedì 5 maggio 2008

Gli amori di una volta

Scusate l'assenza ma il sole spinge fuori. E in questi casi le mani addosso me le faccio mettere volentieri.
Neil Young accompagna i polpastrelli Out on the weekend (in Harvest, 1972), peccato che sia lunedì.


Ritorno rapido comunque, solo per condividere la gioia di aver ascoltato di nuovo il Blasco di un tempo, quello che io, già membro (lasciate da parte il senso biblico) dello storico fanclub di Bologna, avevo imparato a conoscere da Fronte del Palco, doppia cassetta che il prode fratellone custodiva prima di passare incautamente ai ritmi odiati dell'hip hop, yeah, from east to west coast, giassò che giassai che e robe simili.

Il minimalismo, l'ironia, il non detto, il pensiero di un attimo, la stronzata che nasce intorno al tavolo e finisce sulla carta per non morire, il lasciarmi lo spazio per completare il quadro.
No so se Carver o Ellis avrebbero saputo far lo stesso:

"E adesso che non ho
Più il mio motorino
Che cosa me ne faccio
Di una macchina

Adesso che non c’è
Più Topo Gigio
Che cosa me ne frega
Della Svizzera"


(da E adesso che tocca a me, in Il mondo che vorrei, 2008)