sabato 6 giugno 2009

Il piacere di una marmellata

Succede che fa caldo per me, figurarsi per quelli che si scambiano strumenti e salgono e scendono dal palco evidentemente troppo stretto e proprio per questo perfetto per l’ustione da jam-session blues. C’è chi arriva con la custodia di pelle marrone e tira fuori una chitarra fatta in casa, nel senso letterale del termine, e poi capita pure che la sappia suonare da Dio prima di vederlo spostarsi di fronte alla coda del piano e capire che no, non sono le corde quelle che gestisce meglio. C’è la bacchetta del batterista che si rompe e viene magicamente sostituita da quella persa dal percussionista precedente, ricomparsa d'improvviso da sotto il timpano. E poi c'è quell'aria da vecchi amici che si ritrovano senza essersi mai conosciuti.
Così di birra ce ne vorrebbe a fiumi ma c’è crisi, si risparmia, ed è davvero un peccato vederla scaldarsi sul tavolino solo per la paura che possa finire troppo in fretta.
E tra un Muddy Waters, una Lover Man che dedico a Ti-jean e una giustamente interminabile versione di Red house mi accorgo che la percentuale di maschi presenti sfiora il novanta per cento.
Allora non posso non pensare a quel documentario francese degli anni settanta e alle meravigliose rughe di un vecchio bluesman del Mississippi quando gli chiesero cosa fosse il blues: “E’ quando sei senza un soldo e la tua donna ti ha lasciato.”

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