giovedì 29 dicembre 2011

Un fiore in Bocca può servire sai

In effetti non è che il personaggio fosse da niente. Così vanno bene le critiche a quella sorta di incoerenza che non si sa mai quando devi dal "solo i cretini non cambiano mai idea".
Basta però che non me lo si faccia passare solo come un "alfiere dell'antiberlusconismo", visto che nei 74 anni precedenti erano già successe un paio di cosette. Accompagnate da milioni di parole scritte e poi dattiloscritte.

In ogni caso mi guardo bene da un'analisi sul personaggio, primo perché sono febbricitante e con la goduria della tosse secca trasformatasi in catarro da sputare, secondo perché non ne sarei in grado. E anzi, invertite pure i punti.
Certo, quando capitava sottomano un numero dell'Espresso, non mi lasciavo sfuggire mai L'antitaliano che, in definitiva, lasciava sempre qualcosa, pur con il livore che d'improvviso s'impadronisce dei vecchi.

Mancano i libri, lo confesso, con la scusa classica del "perché dovrei leggere Bocca se mi manca ancora Moby Dick".
Allora, amando alla follia i treni superlenti e pur non avendo mai provato l'ebrezza della cuccetta eclusivamente per mere ragioni economiche, ho cambiato idea stamattina, leggendo una citazione nell'articolo di Severgnini sul Corriere:

“Il brutto più brutto delle città lo si vede da un vagone letto, quando l’inserviente vi porta il caffè che sa di cicoria, fuori piove e il treno procede tra scambi e semafori per il retrobottega sudicio della città, quello che non appare dalle strade, ballatoi stipati di robe vecchie, coperti di teli di plastica, le pareti annerite, scrostate, le finestre opache a due metri dai binari, e dietro, invisibile, un’umanità logorata dai rumori rotolanti, dai sibili, da lugubri sirene, già stanca appena sveglia, in canottiera e vestaglia.”

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