giovedì 24 gennaio 2008

"Just like that... he's gone." (Verbal Kint)


Sotto la volta del cielo stellato,
Datemi nuove ghiandole e lasciatemi sdraiato,
solo Dio sa quanto ci ho provato,
Ma non basta la buona volontà.


Stevenson- Ernest Hemingway, 1922

6 commenti:

Anonimo ha detto...

Così muore il centrosinistra
di EZIO MAURO

"Nemmeno due anni dopo il voto che ha sconfitto Berlusconi e la sua destra, Romano Prodi deve lasciare Palazzo Chigi e uscire di scena, con il suo governo che si arrende infine al Senato dove Dini e Mastella gli votano contro, dopo una settimana d'agonia. È lo strano - e ingiusto - destino di un uomo politico che per due volte ha battuto Berlusconi, per due volte ha risanato i conti pubblici e per due volte ha dovuto interrompere a metà la sua avventura di governo per lo sfascio della maggioranza che lo aveva scelto come leader.

Con Prodi, però, oggi non finisce soltanto una leadership e un governo, ma una cultura politica - il centrosinistra - che tra alti e bassi ha attraversato gli anni più importanti del nostro Paese, segnando la storia repubblicana.

Ciò che è finito davvero, infatti, è l'idea di un'ampia coalizione che raggruppi insieme tutto ciò che è alternativo alla destra, comunque assemblato, e dovunque porti la risultante. Prodi è morto politicamente proprio di questo. È morto a destra, per la vendetta di Mastella e gli interessi di Dini, ma per due anni ha sofferto a sinistra, per gli scarti di Diliberto, Giordano e Pecoraro, soprattutto sulla politica estera. Mentre faceva firmare ai leader alleati un programma faraonico e velleitario di 281 pagine e un impegno di lealtà perfettamente inutile per l'intera legislatura, Prodi coltivava in realtà un'ambizione culturale, prima ancora che politica: quella di tenere insieme le due sinistre italiane (la riformista e la radicale), obbligandole a coniugare giustizia e solidarietà insieme con modernità e innovazione, in un patto con i moderati antiberlusconiani.

Quell'ambizione è saltata, o meglio si è tradotta talvolta in politica durante questi due anni, mai in una cultura di governo riconosciuta e riconoscibile.

I risultati positivi di un governo che ha rovesciato il proverbio, razzolando bene mentre continuava a predicare male, non sono riusciti a fare massa, a orientare un'opinione pubblica ostile per paura delle tasse, spaventata dalle risse interne alla maggioranza, disorientata dalla mancanza di un disegno comune capace di indicare una prospettiva, un paesaggio collettivo, una ragione pubblica per ritrovare il senso di comunità, muoversi insieme, condividere un percorso politico.

Anche le cose migliori che il governo ha fatto, sono state spezzettate, spolpate e azzannate dal famelico gioco d'interdizione dei partiti, incapaci di far coalizione, di sentirsi maggioranza, di indicare un'Italia diversa dopo i cinque anni berlusconiani: ai cittadini, le politiche di centrosinistra sono arrivate ogni volta svalutate, incerte, contraddittorie e soprattutto depotenziate, come se la rissa interna - che è il risultato di una mancanza di cultura comune - avesse succhiato ogni linfa. Ancor più, avesse succhiato via il senso, il significato delle cose.

Fuori dal recinto tortuoso del governo, la destra non ha fatto molto per riconquistarsi il diritto di governare. Le sue contraddizioni sono tutte aperte, e la crisi della sinistra regala a Berlusconi una leadership interna che i suoi alleati ancora ieri contestavano. Ma la destra, questo è il paradosso al ribasso del 2008, è in qualche modo sintonica e addirittura interprete del sentimento italiano dominante, che è insieme di protesta e di esclusione, forse di secessione individuale dallo Stato, probabilmente di delusione repubblicana, certamente di solitudine civica. Nella grande disconnessione da ogni discorso pubblico, che è la cifra nazionale di questa fase, il nuovo populismo berlusconiano può trovare terreno propizio, perché salta tutte le mediazioni, dà agli individui l'impressione di essere cercati dalla politica e non per una rappresentanza, ma per una sintonia separata con la leadership, una vibrazione, un'adesione, ad uno ad uno.

Intorno si è mossa e si muove la gerarchia cattolica, che ormai lascia un'impronta visibile non nel discorso pubblico dov'è la benvenuta, ma sul terreno politico, istituzionale e addirittura parlamentare, dove in una democrazia occidentale dovrebbe valere solo la legge dello Stato e la regola di maggioranza, che è la forma di decisione della democrazia. Un'impronta che sempre più, purtroppo, è quella di un Dio italiano fino ad oggi sconosciuto, che non si preoccupa di parlare all'intero Paese ma conta le sue pecore ad ogni occasione interpretando il confronto come prova di forza - dunque come atto politico - , le rinchiude nel recinto della precettistica e se deve marchiarle, lo fa sul fianco destro.

Un contesto nel quale poteva reggere soltanto una politica in grado di esprimere una cultura moderna, cosciente di sé, risolta, capace di nascere a sinistra e parlare all'intero Paese. Tutto questo è mancato, per ragioni evidenti. La vittoria mutilata del 2006 ha messo subito il governo sulla difensiva, preoccupato di munirsi all'interno, col risultato di una dilatazione abnorme di ministri e sottosegretari. Ma i partiti, mentre si munivano l'uno contro l'altro, si disconnettevano dal Paese. Nel loro mondo chiuso, hanno camminato a passo di veti, minacce e ricatti, indebolendo la figura dello stesso Presidente del Consiglio, costretto a mediare più che a indirizzare. Si sono sentite ogni giorno mille voci, a nome del governo. La voce del centrosinistra è mancata.

Oggi che Mastella ha firmato un contratto con il Cavaliere e Dini ha onorato la cambiale natalizia, risulta evidente che Prodi salta perché è saltato quell'equilibrio che univa i moderati alle due sinistre, e come tale poteva rappresentare la maggioranza dell'Italia contemporanea. Tuttavia, senza il trasformismo (non nuovo: sia Dini che Mastella sono ritornati infine a casa) Prodi non sarebbe caduto. Barcollando, il governo avrebbe ancora potuto andare avanti, e questa è la ragione che ha spinto il premier ad andare al Senato, per mettere in piena luce sia la doppia defezione da destra e verso destra, sia l'assurdità di una legge elettorale che dà allo stesso governo la vittoria alla Camera e la sconfitta al Senato.

Da qui partirà il presidente Napolitano con le consultazioni, nella sua ricerca di consolidare un equilibrio politico e istituzionale che ritrovi un baricentro al sistema e al Paese. Il Capo dello Stato dovrà dunque tentare, col suo buonsenso repubblicano, di correggere queste legge elettorale prima di riportare il Paese al voto. La strada è quella di un governo istituzionale guidato dal presidente del Senato Marini, formato da poche personalità scelte fuori dai partiti, sostenuto dalle forze di buona volontà per giungere al risultato che serve al Paese.

Riformare la legge elettorale, e se fosse possibile, riformare anche Camera e Senato, cambiando i regolamenti, riducendo il numero dei parlamentari, correggendo il bicameralismo perfetto. Un governo non a termine, ma di scopo.

Che può durare poco, se i partiti sono sinceri nell'impegno e responsabili nelle scelte, col Capo dello Stato garante del percorso e dell'approdo.
Berlusconi è contrario a questa soluzione perché vuole votare al più presto, con i rifiuti per strada a Napoli (altra prova tragica d'impotenza del centrosinistra, locale e nazionale), con piazza San Pietro ancora calda di bandiere papiste, con il volto di Prodi da esibire in campagna elettorale come un avversario già battuto, in più in grado di imbrigliare l'avversario vero, che è da oggi Walter Veltroni."

Anonimo ha detto...

Questa mattina, dopo una notte passata a tossire per via di una fastidiosa bronchite (tutte le bronchiti sono fastidiose, questo è appurato), dovevo andare ad un seminario a Primavalle, quartiere periferico della capitale. Il mio plasticoso scooter non ne ha vouto sapere di accendersi (il freddo? la batteria? il signore illuminato e benevolo?), quindi mi è toccato viaggiare sui mezzi di questa città abnorme per i servizi che offre.
105 fino a Piazza Vittorio, di li metro fino a Battistini (capolinea nord), poi 46 fino a Via Borromeo, centro di Primavalle, quartiere che sembra più un lager, architettonicamente parlando, di un quartiere. Molto più popolare di quello che mi aspettavo, di sicuro più popolare del neo-radical-pop Pigneto (area pedonale). La biblioteca invece è seria, piena di inutili videocassette (deve essere specializzata in documentari, così c'è scritto), e chiedendo alla gente che incrociavo per strada mentre cercavo questo centro del sapere, ho dedotto che non deve aver suscitato interesse nella gente di qua. Nessuno sapeva dove fosse, anzi, manco sapeva che esistesse. Comunque, il seminario era una presentazione di un lavoro chiamato "laborauter", gestito dalla Fondazione Rossellini. Il relatore, nonchè presidente della Fondazione, ha parlato per tre ore dei suoi gusti e delle sue opinioni, a riguardo dell'arte, dei gusti degli uomini etc etc etc, incazzandosi pure con le domande di qualche ascoltatore innocuo, che magari non era daccordo. Io ho sopportato, e per chi mi conosce sa quanto ho faticato. Sintetizzando: in questo secolo gli uncici artisti sono stati Calvino e Rossellini (in Italia). Nel cinema Lubitsch ha inventato tutto gli altri hanno solo copiato. Schifano fa schifo (testuali parole!). Woodi Allen è un mentecato ed Enrico Ghezzi uno psicopatico. Vi risparmio tutto il resto, che con questi brevi concetti spero di avervi fatto almeno immaginare. Io la volontà ce la metto tutta, però ho passato due ora a guardare la foto di Prodi sulla prima pagina di Repubblica mentre quel coglione sputava merda sul povero Woody Allen, e credo che
a tutto ci sia un limite. Avrei dovuto fare come Diogene il cinico e spaccargli la faccia.
P.S.: Romano Prodi c'ha due mani belle grosse, tozze.
Gallit

joecanasta ha detto...

ti voglio bene, gallit

Anonimo ha detto...

io non lo so - e non lo voglio sapere - chi ha attaccato l'editoriale del direttore di repubblica a commento di questo post. non so se lo ha fatto perché lo condivide, posso solo immaginare che è probabile sia così, altrimenti perché diffonderlo? tuttavia, all'anonimo commentatore voglio dire che il signor ezio mauro che parla dello "strano e ingiusto destino di un uomo politico che per due volte ha battuto Berlusconi, per due volte ha risanato i conti pubblici e per due volte ha dovuto interrompere a metà la sua avventura di governo per lo sfascio della maggioranza che lo aveva scelto come leader" negli ultimi due anni, ma oserei dire negli ultimi 12, queste sue rosee valutazioni sul professore se le è tenute per sé. O per lo meno non le ha fatte trapelare attraverso la linea editoriale del quotidiano che dirige. In poco meno di due anni di governo prodi, anzi, ha dato voce a tutti i politici che usano i giornali solo per fare il loro gioco e mandarsi messaggi ricattatori. Ha pubblicato interviste a tutta pagina dai titoli inutili, senza notizia, che somigliavano a volte ad avvertimenti mafiosi altre volte ad un'autopromozione dell'intervistato. "Le cose migliori che il governo ha fatto" di cui egli stesso parla nell'editoriale di oggi hanno trovato ben poco risalto nell'orrendo tabloid che sta diventando l'ex quotidiano di piazza indipendenza (ora cristoforo colombo). Ovviamente questa malattia non è solo di Repubblica, è di tanti (tutti?) quotidiani italiani che sanno solo dare voce al "famelico gioco d'interdizione dei partiti" di cui parla mauro. Sia chiaro: sono convinta che in Parlamento c'è il peggio, c'è il peggio al consiglio regionale campano, siciliano, e forse in tutti quei palazzi con sotto parcheggiate auto blu. Ma sono convinta che al peggio i giornali italiani diano voce come se non fosse il peggio. Senza alcun rispetto per chi legge e chi elegge. dando voce anzi ad ogni singola caccola che ha avuto la fortuna di trovarsi col culo tra i banchi del senato (nominato dai capi, non scelto dalla gente. quindi, caro dini, stai parlando a nome di chi? per lo meno mastella è quello che si merita chi ha messo la croce sul Campanile). Ma sentiamo ancora il mirabile pezzo che appare oggi a pagina 1 di repubblica: "ai cittadini, le politiche di centrosinistra sono arrivate ogni volta svalutate, incerte, contraddittorie e soprattutto depotenziate, come se la rissa interna, che è il risultato di una mancanza di cultura comune, avesse succhiato ogni linfa. Ancor più, avesse succhiato via il senso, il significato delle cose". ah scusa. pensavo che se a volte c'è un senso buono in alcune cose, un giornalista dovrebbe spiegarlo e non fare da amplificatore della rissa interna. invece no. Grazie ai giornali (e non ad una legge elettorale che pure sì fa schifo ma a volte la stampa democratica può limitare i danni) Roberto Manzione, Willer Bordon, Natale D'Amico, Franco Turigliatto, Sergio De Gregorio, Domenico Fisichella (perdonate se non sono completa, il gossip non mi appassiona) sono diventati delle star. Sono una giornalista politica. Anni fa Enzo Forcella scrisse: "Un giornalista politico può contare su circa 1500 lettori: i ministri e i sottosegretari (tutti); i parlamentari (parte), i dirigenti di partito, sindacalisti, alti prelati e qualche industriale che vuole mostrarsi informato. Il resto non conta, anche se il giornale vende 300 mila copie. E’ l’atmosfera delle recite in famiglia, con protagonisti che si conoscono dall’infanzia". E' vero ancora oggi. fortunatamente questa gente nella mia infanzia non c'è stata. e io spero ancora che domani apro il giornale e ci trovo pezzi come questo di Barbara Spinelli apparso sulla Stampa il 30 ottobre 2007.

http://www.lastampa.it/_web/cmstp/tmplRubriche/editoriali/gEditoriali.asp?ID_blog=25&ID_articolo=3713&ID_sezione=&sezione=

mi sono dilungata scusate, ma sono incazzata.

Fre ha detto...

Riguardo Ezio Mauro, penso anche io che si tratti di uno dei leccaculo più clamorosi d'Italia, capace di cavalcare tutte le insulsaggini di politici e prelati pur di parlare, di blaterare, di sparare cazzate.
Dobbiamo incazzarci ora, e imparare ad essere meno tolleranti con chi pretende di venderci merda mascherata da intelligenza.

Gallit, il tuo commento è bellissimo.
fredo

Anonimo ha detto...

il fatto che enrico ghezzi sia uno psicopatico mi trova totalmente d'accordo.
cy