martedì 13 ottobre 2009

Numeri e puntini.

Anche se sempre meno tassonomico del signor Valdoni, mi piacerebbe mettere un paio di puntini sulle i, anche se poi sulla i ce ne va uno solo.
Per farlo, vorrei partire da questa frase del miglior presidente degli ultimi 150 anni, all’indomani della bocciatura della consulta al Lodo Alfano:

“Meno male che Silvio c’è. Se non ci fosse Silvio con tutto il suo governo, con un supporto del 70 per cento degli italiani, saremmo in mano a una sinistra che farebbe del nostro paese quello che tutti sapete. Quindi va bene così.”

Al solito, secondo non si sa bene quali sondaggi, siamo quindi al 70 per cento. Per mettere i puntini, saccheggio a piene mani dal blog di Zucconi. Niente di nuovo c'è da dire, ma mi accorgo che alcuni dei suoi elettori - almeno quelli con cui ho parlato domenica a pranzo, di fronte a degli ottimi maltagliati con porcini e asparagi - ci credono sul serio. Rieccoci allora al motivo dei puntini:

"- La percentuale di voti conseguiti dall’alleanza di Centro Destra nell’aprile del 2008 è, come si può vedere dal sito ufficiale del Ministero degli Interni, del 46,8 %, naturalmente più della coalizione opposta (37,5%). E’ dunque una maggioranza soltanto relativa, ben lontana da quel plebiscito che ora viene spacciato confondendolo con la cifra del sondaggio casareccio. La maggioranza degli italiani che votarono nel 2008, scelsero di NON votare per il centro destra (53,2%). Mentre il partito con il suo nome ottenne appena il 37,4%, non proprio una vittoria per acclamazione.

- Alle Europee del 2009, il neonato Popolo della Libertà ebbe il 35,3%, arretrando nettamente rispetto alle politiche del 2008.

- Dalla discesa in campo nel 1994, il partito o i partiti con il marchio di Berlusconi non hanno mai ottenuto più che una vittoria relativa, al massimo poco più di un terzo del voti, grosso modo quello che otteneva la DC.

- Quando ci si chiede dove siano tutti questi elettori di Berlusconi che a volte si fatica a individuare tra i propri conoscenti e amici, basta ricordare che da 15 anni, testardamente 2 italiani su 3, e molti di più contando gli astenuti, rifiutano di votare per lui."


Detto questo, continuo a fare man bassa di scritti e letture altrui, e questa volta, ringraziando il sempre ottimo Lucha, non posso non continuare a citare uno che vedeva un po’ meglio di molti altri. E no, non era una questione di occhiali.
Chiamatela civiltà dei consumi, chiamatelo Berlusconismo. Chiamatelo come vi pare. Questo è, buona lettura:

“Nessun centralismo fascista è riuscito a fare ciò che ha fatto il centralismo della civiltà dei consumi. Il fascismo proponeva un modello, reazionario e monumentale, che però restava lettera morta. Le varie culture particolari (contadine, sottoproletarie, operaie) continuavano imperturbabili a uniformarsi ai loro antichi modelli: la repressione si limitava ad ottenere la loro adesione a parole. Oggi, al contrario, l’adesione ai modelli imposti dal Centro, è tale e incondizionata. I modelli culturali reali sono rinnegati. L’abiura è compiuta. Si può dunque affermare che la “tolleranza” della ideologia edonistica voluta dal nuovo potere, è la peggiore delle repressioni della storia umana. Come si è potuta esercitare tale repressione? Attraverso due rivoluzioni, interne all’organizzazione borghese: la rivoluzione delle infrastrutture e la rivoluzione del sistema d’informazioni. Le strade, la motorizzazione ecc. hanno oramai strettamente unito la periferia al Centro, abolendo ogni distanza materiale. Ma la rivoluzione del sistema d’informazioni è stata ancora più radicale e decisiva. Per mezzo della televisione, il Centro ha assimilato a sé l’intero paese che era così storicamente differenziato e ricco di culture originali. Ha cominciato un’opera di omologazione distruttrice di ogni autenticità e concretezza. Ha imposto cioè – come dicevo – i suoi modelli: che sono i modelli voluti dalla nuova industrializzazione, la quale non si accontenta più di un “uomo che consuma”, ma pretende che non siano concepibili altre ideologie che quella del consumo. Un edonismo neo-laico, ciecamente dimentico di ogni valore umanistico e ciecamente estraneo alle scienze umane. L’antecedente ideologia voluta e imposta dal potere era, come si sa, la religione: e il cattolicesimo, infatti, era formalmente l’unico fenomeno culturale che “omologava” gli italiani. Ora esso è diventato concorrente di quel nuovo fenomeno culturale “omologatore” che è l’edonismo di massa: e, come concorrente, il nuovo potere già da qualche anno ha cominciato a liquidarlo. Non c’è infatti niente di religioso nel modello del Giovane Uomo e della Giovane Donna proposti e imposti dalla televisione. Essi sono due persone che avvalorano la vita solo attraverso i suoi Beni di consumo (e, s’intende, vanno ancora a messa la domenica: in macchina). Gli italiani hanno accettato con entusiasmo questo nuovo modello che la televisione impone loro secondo le norme della Produzione creatrice di benessere (o, meglio, di salvezza dalla miseria). Lo hanno accettato: ma sono davvero in grado di realizzarlo?
No. O lo realizzano materialmente solo in parte, diventandone la caricatura, o non riescono a realizzarlo che in misura così minima da diventarne vittime. Frustrazione o addirittura ansia nevrotica sono ormai stati d’animo collettivi.[...] La responsabilità della televisione, in tutto questo, è enorme. Non certo in quanto “mezzo tecnico”, ma in quanto strumento del potere e potere essa stessa. Essa non è soltanto un luogo attraverso cui passano i messaggi, ma è un centro elaboratore di messaggi. È il luogo dove si concreta una mentalità che altrimenti non si saprebbe dove collocare. È attraverso lo spirito della televisione che si manifesta in concreto lo spirito del nuovo potere. Non c’è dubbio (lo si vede dai risultati) che la televisione sia autoritaria e repressiva come mai nessun mezzo di informazione al mondo. Il giornale fascista e le scritte sui cascinali di slogans mussoliniani fanno ridere: come (con dolore) l’aratro rispetto a un trattore. Il fascismo, voglio ripeterlo, non è stato sostanzialmente in grado nemmeno di scalfire l’anima del popolo italiano: il nuovo fascismo, attraverso i nuovi mezzi di comunicazione e di informazione (specie, appunto, la televisione), non solo l’ha scalfita, ma l’ha lacerata, violata, bruttata per sempre”.


Pierpaolo Pasolini, “Corriere della Sera”, 9 dicembre 1973

3 commenti:

Anonimo ha detto...

Pasolini, può piacere o no come scrittore, regista, intellettuale, ma è oggetiva la sua genetica capacità di prevedere. Più Cassandra che Oracolo però, purtroppo.
Vorrei però precisare dal mio punto di vista qualcosa sul fascismo (entro in polemica con Pasolini,ma non voglio essere irriverente), perchè non è proprio così semplice l'analisi del confronto tra i due modelli (quello fascista per l'appunto, e quello capital-mediatico).
In realtà il fascismo non escludeva un sistema di omologazione, distruzione delle culture autoctone, creazione di un unico modello di pensiero e quindi di vita. Anzi, il contrario. Lasciando stare le macchiette, i luoghi comuni, le pantomime del suo mostrarsi al mondo, è stato il primo sistema di potere che ha capito lo sviluppo e le potenzialità dei nuovi modi di comunicare, e l'importanza che sempre più avrebbero avuto. Dal 1926 la propaganda ha sfruttato ogni tipo di canale che riusciva ad intercettare: la Radio è stata monopolizzata, i programmi dell'epoca, dalla cronaca rosa, alla cultura, erano studiati fino all'ultimo dettaglio. Il Cinema fu imposto alla popolazione, fino al punto che nel 1939 producevamo più film degli Stati Uniti. E non erano certo quei due o tre colossal alla Barbarossa dei tempi nostri per intenderci, su cui puntava la propaganda, ma erano le facili e superflue commedie chiamate poi dei Telefoni Bianchi, che occupavano la stragrande maggioranza delle produzioni. Mi viene in mente il film "Grandi Magazzini" proprio del 1939 (di Camerini, ottimo regista) con la Norris e De Sica. Tanti messaggi riferiti ad una vita piccolo borghese alla quale tutti gli italiani dovevano aspirare. La stampa completamente sotto controllo (venivano censurate la maggior parte delle notizie di cronaca nera, e si cercava sempre di indirizzare l'opinione pubblica verso problematiche studiate a tavolino). Il fascismo certo aveva il difetto, per modo di dire, di essere ancora legato ad un mondo nato sotto il positivismo e il progresso ad ogni costo, e questo progresso non ancora coincideva con la parola profitto. Quindi si spiega l'aggressività, e la necessaria militarizzazione per poter mantenere il potere, che per forza di cose doveva sfociare in una guerra. Ma fu proprio quella borghesia medio-piccola che dalla proprietà dei campi era passata o stava per passare all'avventura delle oramai famose piccole e medie imprese che aveva appoggiato e generato il fascismo fin dal principio. Da mezzadri a operai, da servitù della gleba a consumatori dei beni da loro stessi prodotti, così si doveva trasformare il popolino. Il Miniculpop, ministero della cultura popolare del fascismo fu il primo simile nella storia dell'umanità. Molti dei suoi funzionari nel 1948 facevano parte della dirigenza RAI, di quella che da li a pochi anni sarebbe diventata la televisione italiana. Quindi non credo che ora sia peggio o più subdolo, è solamente la naturale evoluzione di un mondo che non è cambiato poi così tanto negli ultimi cento anni, e forse qualcosa in più. Pasolini dice che il fascismo non ha scalfito il modo di vivere degli italiani. Io credo proprio il contrario quindi. L'ha scalfito eccome, come lo ha scalfito l'unità d'italia, la prima guerra mondiale, il biennio rosso, la pandemia spagnola, l'emigrazione. L'abbandono delle campagne ha avuto inizio in modo massiccio già sul finire del 1800. La creazione delle grandi industrie di stato come l'IRI, l'AGIP, le grandi acciaierie, le catene di montaggio si sono sviluppate in Italia proprio tra gli anni 20' e 30', e solamente la guerra aveva provvisoriamente rallentato lo sviluppo, ripreso poi più veemente di prima nel periodo post-bellico....

Anonimo ha detto...

(scusate ma ho scritto troppo e devo dividerlo per due. Cirè, perchè non me lo pubblica tutto intero?)

...L'urbanizzazione nella stragrande maggioranza delle città italiane si ha proprio durante il ventennio. Se è vero che gli italiani passano poi da 40 a 60 milioni, viene spiegato anche l'aumento successivo di popolazione delle aree metropolitane. Certo, oramai mi sono dilungato troppo e nessuno leggerà questo post, è generico questo mio ragionamento, anche perchè bisognerebbe fare due discorsi distinti tra nord e sud del paese. Mi sembra infatti che il ragionamento di Pasolini se viene fatto solo per il sud Italia abbia molto più senso. Ma il sud (Sicilia, Puglia, Calabria, Campania) all'epoca del ventennio contava 1/3 degli abitanti, il 5% della produzione industriale e solo il 15% dei consumi. Infatti Berlusconi è di Milano.
Gallit

Anonimo ha detto...

Caro Gallit, sii pure irriverente, se posso permettermi un modesto consiglio! Io credo, e so per fortuna di non essere il solo, che il più grande atto d'amore verso un uomo, prima ancora che intellettuale, "contro" come Pier Paolo - ridete pure ma io lo sento uno di famiglia più di tanti membri biologici - sia proprio evitare di santificarlo e scomporre, ricomporre, per accettare come anche rifiutare la sua eredità. Operazione rivoltante commercial-radical chic, quella della agiografia ad hoc, in cui ci si è sperticati in occasione del trentennale di quell'oscura notte (dalla sagra esposta nelle Feltrinelli sino ai vari Costanzo o Ferrara ex cathedra) che non può che confermare le previsioni sempre più pessimistiche del santificato ex post, circa quello "sviluppo senza progresso" chiamato civiltà dei consumi, che "non produce solo merce, ma umanità". E anche se lui avrebbe rifiutato qualunque messaggio di speranza, liquidata come "una cosa orribile, inventata dai partiti per tenere buoni i propri iscritti", il sottoscritto vuole concedersi il proprio atto d'incondizionato quanto irriverente amore, sperando che la cultura che abbiamo il merito e la fortuna di tenerci stretta, non finisca sui vassoi di merda di Salò. E che ci riesca, almeno una volta nella vita, di sentirci anche noi destinatari di questa atea benedizione: "Contro tutto questo voi non dovete far altro (io credo) che continuare semplicemente a essere voi stessi: il che significa essere continuamente irriconoscibili. Dimenticare subito i grandi successi: e continuare imperterriti, ostinati, eternamente contrari, a pretendere, a volere, a identificarvi col diverso; a scandalizzare; a bestemmiare."

Sor